Thursday, June 27, 2013

Bifrost - "Dance of the Evanescent" (2013)

EP (Salatino Productions, 20 Aprile 2013)

Formazione (2004):  Mario de Vito – chitarra ritmica/voce;
                                  Alessandro Nespoli – chitarra solista/voce;
                                  Francesco Dragoni – basso/voce;
                                  Francesco De Meo – batteria/voce.

Località:                    Foggia, Puglia.

Canzone migliore del disco:

“Ashes of an Endless Embrace”.

Punto di forza dell’opera:

Il comparto chitarre.
Copertina: Valerio Salatino

  Dopo i russo/svedesi Wall of the Eyeless (che vi raccomando di ascoltare), oggi vi parlo di un altro gruppo di metal estremo progressivo, cioè  Bifröst (attenti a quella “o”!), che con questo “Dance of the Evanescent” sono arrivati al terzo EP della loro carriera (stranamente, l’album di debutto deve ancora arrivare nonostante esistano da ben 9 anni). Ogni volta che mi tocca ascoltare/recensire una banda del genere la mia faccia si contorce in sorrisi veramente ebeti, visto che il metal estremo progressivo, così avvolgente e istrionico, è uno dei miei generi preferiti, insieme, paradossalmente, al black/death metal bestiale, che è al contrario così istintivo e furioso. Ma stavolta ho un po’ di dubbi da sollevare, come si vedrà fra poco.

“Dance of the Evanescent” è composto di 5 pezzi (ma l’eccellente “Song of the Ancient’s Fate” è “semplicemente” un intermezzo acustico) per quasi 23 minuti di musica. In questo arco di tempo, i Bifröst interpretano il loro genere in maniera un po’ particolare, seppur seguendo le sue caratteristiche principali come l’alternanza fra voci pulite e grugniti, melodia a profusione, frequenti assoli di chitarra e prevalenza dei tempi medi, che qui si fa invece praticamente totale, a parte qualche (rarissimo) passaggio più veloce del solito.

Per prima cosa, bisogna dire che il comparto vocale risulta curiosamente sbilanciato sulle voci pulite, che talvolta assumono toni malinconici e un po’ psichedelici come nei più oscuri Wall of the Eyeless (in tal caso, “Drops” è un perfetto esempio di ciò). I grugniti invece sono veri protagonisti nella sola “Ashes of an Endless Embrace”, mentre nella finale “Ambivalence” dividono il ruolo con i vocalizzi puliti. E questo è un peccato, perché i grugniti sono molto profondi e sanno anche essere belli cattivi. Come se non bastasse, “Dance of the Evanescent” è un pesce fuor d’acqua, anche perché qui si usa una voce sì aggressiva ma più vicina agli stilemi del new metal. Però, l’ho trovata fuori contesto, per niente malata e folle come il resto della canzone, ed è pure abbastanza ripetitiva e martellante.

Come seconda cosa, c’è da osservare il carattere stranamente poco estremo dei Bifröst. Per esempio, il death metal è praticamente assente, seppur loro si autodefiniscano come death psichedelico, mentre soltanto la già citata titletrack (che è da considerarsi un esperimento voivodiano) potrebbe essere definita estrema (a parte per la voce, com’è ovvio) avendo un riffing contorto e malato e un lungo finale doom. Poi, ci sarebbe anche “Ambivalence”, che ha una prima parte (intitolata "The Last to Be Destroyed") veramente incazzata e dai richiami addirittura black. Il problema è che, come dire?, la canzone si tranquillizza alla grande durante tutta la seconda parte, che invece si intitola "... Future, All of a Sudden". Per il resto, nell’album si fa frequente uso delle chitarre acustiche disegnando così paesaggi dark, mentre c’è perfino un po’ di blues hendrixiano (“Ashes of an Endless Embrace”), un assolo arabeggiante (“Drops”) e certe volte le chitarre hanno un suono molto da rock britannico.

Come terza e ultima cosa, c’è da parlare della struttura delle canzoni, che risulta essere abbastanza varia, pur essendo decisamente più essenziale rispetto a quella degli Ammonal o dei miei conterranei Disease. Si passa così dalla sequenziale ma non troppo titletrack ai perenni pieni – vuoti di “Ashes of an Endless Embrace” e alle dissociate “Drops” e “Ambivalence”. Ora, perché questi due ultimi pezzi dovrebbero essere “dissociati”? Perché entrambe hanno uno schema simile basato su una prima parte semplice e classica, mentre nella seconda parte prendono il largo sfogandosi del tutto secondo un graduale e alle volte ossessivo accumulo di tensione che funziona benissimo, anche emotivamente parlando. L’unico problema è che queste due parti sono sistematicamente slegate fra di loro da ogni punto di vista, specie da quello melodico/atmosferico. Quindi, sembra quasi di sentire due canzoni in una, solo che la prima non viene sviluppata bene, ma l’altra sì.


Insomma, i Bifröst hanno buone e interessanti idee, ma purtroppo hanno la tendenza a disperderle e a curare addirittura solo certi punti di una determinata canzone, e questo è un difetto veramente poco comune. Per la prossima volta, consiglio di sviluppare meglio il lato emotivo e ossessivo della propria proposta, ben esplicato nelle seconde parti dei brani sopradescritti, e al contempo di estremizzarla ancora di più, come succede in “Ambivalence”. Sessanta fiducioso.

Voto: 60

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Dance of the Evanescent/ 2 – Drops/ 3 – Ashes of an Endless Embrace/ 4 – Song of the Ancient’s Fate/ 5 – Ambivalence

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