Sunday, April 28, 2013

Exciter - "Heavy Metal Maniac" (1983)

Album (Shrapnel Records, 14 Giugno 1983)

Formazione (1978):       Dan Beehler – voce/batteria;
                                       John Ricci – chitarre;
                                       Alan Johnson – basso.

Località:                         Ottawa, Ontario (Canada).

Miglior pezzo dell’album:

“Cry of the Banshee”.

Punto di forza del disco:

il suo istintivo attacco frontale, mediato da caratteristiche sempre molto interessanti.
 Exciter - Heavy Metal Maniac
Qualche mese fa io recensii “Power Games” degli Jaguar, glorioso gruppo ancora esistente dell’NWOBHM, perché volevo esplorare i primi passi verso l’estremo che si stavano compiendo agli inizi degli anni ’80. Quindi, adesso passo all’album di debutto degli Exciter, gruppo purtroppo snobbato da moltissimi nonostante abbiano influenzato un sacco di giovani estasiati dai loro inni, e succede pure adesso, ora che c’è tutto questo ritorno generale alle radici vecchia scuola, dall’heavy al thrash e dal death allo speed. Speed? Già, non thrash, beninteso. Adesso che mi sono fregato da solo, chiariamolo una volta per tutte: lo speed metal è la versione ultra – velocizzata dell’heavy metal puro (e guardacaso gli Exciter, una volta conosciuti come Hell Razor, prendono il nome da uno dei pezzi più veloci dei Judas Priest), mentre il thrash… vabbè, lo sapete, è l’unione fra l’heavy e il punk/HC, quindi stiamo parlando di due generi molto diversi fra loro e dalle differenze ben marcate. Eppure, ancora oggi molti non concepiscono lo speed come un genere a sé stante, così  la diatriba continua, gli Exciter rimangono sottovalutati (forse anche perché si sono fatti vivi proprio durante lo strapotere del thrash), ma io me ne sbatto altamente di tutto ciò perché ‘sti canadesi picchiano come fabbri posseduti in tutti i circa 38 minuti che compongono “Heavy Metal Maniac”.

Infatti, lo speed metal ha più o meno solo una cosa in comune con il thrash: la tendenza a partorire soprattutto pezzi veloci, che poi è stato uno dei passi per quello che poi sarà il metal estremo. Certo, un gruppo come gli Slayer di “Show No Mercy” erano molto più veloci, ma in quanto a ferocia gli Exciter avevano all’epoca pochissimi confronti sparsi per tutto il mondo. E fra l’altro, l’album è pure parecchio grezzo e semplice, a partire dalla produzione sporchissima, con tanto di chitarre zanzarose, un bel riverbero sulla voce, batteria triggerata (e a me solitamente il trigger fa schifo ma in questo caso fa un bell’effetto) e il basso in buona evidenza e capace di qualche buono spunto melodico. Insomma, qui tutto suona terribilmente anni ’80… e cazzo se è figo!

Inoltre, pur non essendoci così tanta varietà, nell’album ce n’è a sufficienza per non stancare l’ascoltatore. Per esempio, sono notevoli i due pezzi lenti (strategicamente posizionati sempre dopo due/tre brani veloci), cioè la potente e tamarra “Iron Dogs” e la ballata da 7 minuti “Black Witch”, poetica e drammatica come solo i gruppi anni ’80 sapevano fare. Da menzionare assolutamente anche “Rising of the Dead”, che dopo un po’ diventa ultra – epica con tanto di chitarra acustica che introduce la cavalcata ricca di intensi uno – due da parte del batterista. Il disco si conclude in maniera eccellente con “Cry of the Banshee”, celebre per gli urli finali da strega di Dan Beehler, uno dei rarissimi cantanti a suonare la batteria, altra cosa da tenere bene in conto.

La struttura delle canzoni sarà pure immediata e senza pretese ma è sorprendentemente piena di punti d’interesse. Più nello specifico:

1)      molti brani sono costellati di mini – assoli, così da sopperire i silenzi vocali, e in queste occasioni la chitarra si comporta in maniera abbastanza varia, proponendo anche sparate rumoriste (che talvolta vengono sviluppate lungo interi assoli, come quello infinito di “Cry of the Banshee”);

2)      l’importanza chiave della batteria negli stacchi e nelle pause, districandosi magari in siparietti nei quali Dan si scatena (“Mistress of Evil”), anche se non al livello di Chris Lovell degli Jaguar nella loro “No Lies”;

3)      infine, molte canzoni hanno al loro interno ben due schemi che si sviluppano più o meno in maniera autonoma, con il secondo che conclude l’assalto. Guardacaso, è così che finiscono sia “Iron Dogs” che “Black Witch”, e sempre con un’accelerazione, l’una in maniera rock’n’roll, mentre l’altra con uno speed metal a manetta, che è sicuramente il momento più veloce dell’album.

In tutto questo, Dan Beehler merita una menzione a parte, dato che la sua prestazione declamatoria e arrogante è strepitosa, famosa anche per i suoi acuti (leggendari quelli di led zeppeliniana memoria di “Mistress of Evil”) e le urla isteriche e gracchianti distribuite in tutto il disco. Fra l’altro, c’è pure qualche linea vocale un po’ stranuccia, che più che alla velocità del pezzo si attiene alla lunghezza stessa del riff (“Mistress of Evil”), quindi non sempre il lavoro vocale risulta ben digeribile.
 
Insomma, “Heavy Metal Maniac” è pressoché un capolavoro, che magari difetta di qualche pezzo che forse poteva essere sviluppato in modo migliore, almeno per quanto riguarda la seconda parte (“Rising of the Dead”). Ma il bello di questi dischi è proprio rappresentato da questa cruda istintività che non lascia prigionieri. E molti di meno gli Exciter ne lasceranno con il seguente “Violence and Force” dell’anno dopo, con il quale velocizzeranno ancora di più il proprio assalto, insieme ad altri feroci gruppi come i belgi Warhead o, ancora meglio, i tedeschi Warrant. E il mondo cominciò a non essere più lo stesso…

Voto: 88

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – The Holocaust (intro)/ 2 – Stand Up and Fight/ 3 – Heavy Metal Maniac/ 4 – Iron Dogs/ 5 – Mistress of Evil/ 6 – Under Attack/ 7 – Rising of the Dead/ 8 – Black Witch/ 9 – Cry of the Banshee

FaceBook:


MySpace:

Saturday, April 27, 2013

Hellbastard - "Sons of Bitches" (2012)

EP (PATAC Records, November 15th 2012)

Line – up (1986):        M.S. Scruff Lewty – vocals/guitar;
                                    Tom McCombe – guitar;
                                    Paul O’Shea – bass;
                                    Nathan Ellis – drums.

Location:                    Newcastle (England).

Better song of the ep:

Arcadia”.

Better feature of the platter:

The variety.
 Hellbastard - Sons of Bitches
This ep of the Hellbastard is their second one after the reunion happened in 2007 and celebrated with the third album, “The Need to Kill”, released 2 years after. The band has an hard past to face but, still now, these old boys know how to destroy the ears of the listeners, shooting a great inventiveness and some strange intuitions, so the 23 minutes circa of the platter surprises always through incredible ways.

But the Hellbastard surprises already starting with the length of some tracks, like the 6 minutes of “We Had Evidence” (a re – recorded and re – arranged song taken from the first album and once called “We Had No Evidence”), or the 5 minutes of “System Whore”, the only unconciving song of the tracklist, as I will explain soon.

The music present here is basically a mid – tempo based thrash metal with a strong amount of contagious groove and an enough dynamic pace. This is due also to the semi – sequencial structure of the songs, that have often a specific scheme, but, at times, it is shortened or filled with other little details, making more interest during the listening. Besides this, the band range from the typical thrash fast passages to even some doom moments. These ones are fundamental for “Arcadia”, the darker song of the ep that explodes at the end.

In “Arcadia” is present, in a minimalistic and atmospheric way, the soloist guitar, that here reinforce simply the main riff, while it play two incredible and melodic solos into the following “Sons of Bitches”. Finally, there is a romantic solo (what? Yeah, it’s just so!) during the acoustic introduction of “We Had Evidence”. Hence, the soloist guitar occupy a good but not invasive role in the music, also because the technical skills are very remarkable, as you can listen in some riffs.

Another important aspect of the ep is its variety. For example, “We Had Evidence” is an adventurous song with some noisy and obsessive passages and some groovy one – two beats, not forgetting its total absence of fast moments. Also “System Whore” is mentionable, since it has divided between two distinct parts, so we have the first metallic half while the second one is melodic and sad plus acoustic guitar and distant/desperate vocals. But, as I said before, “System Whore” is unconciving because the second part is too static and long, so its dramatic touch loses soon.

Finally, the production is very good, giving to all the musicians the right visibility. In addition, the effects are very used, especially for the vocals and the guitars (listen, for example, “Arcadia”). Logic for a band that propose, as last song, a good reggae experiment of 2 minutes with final auto – obliging claps (“Throw the Petrol Bomb”).
 Hellbastard - Photo
All in all, this ep is very surprising, it has many points at its advantage, like the variety, an interesting and unconventional approach for some situations etc… etc…. This means that you should prepare very well to listen it, also because, as I see visiting the Web, the last things of the band aren’t always well appreciated by the fans. So, be bold enough to do it that sometimes there is need to surpass the musical bounds!

Rating: 76

Flavio "Claustrofobia" Adducci

Tracklist:

1 – Wolfsong/ 2 – Arcadia/ 3 – Sons of Bitches/ 4 – System Whore/ 5 – We Had Evidence/ 6 – Throw the Petrol Bomb

FaceBook:


MySpace:


Official site:

Wednesday, April 24, 2013

Backtheory - "Don't Throw Out the Window" (2011)

Album (Casket Music/Copro Records, 15 Ottobre 2011)

Formazione (2009):   Giuseppe “DUPLO” Boccia – voce;
                                   Fabio “Kai” Gaspari – voce;
                                   Marcello “Marky” Raspa – chitarre;
                                   Patrik Ottaviano – basso;
                                   Gaetano “Shyno” Totaro, batteria (poi sostituito da Davide Marcone);
                                   Daniele Colaneri – ospite al piano (“Life Away”).

Località:                    San Salvo (Chieti).

Miglior pezzo dell’album:

“Rapture (Criminal DNA)”... ma anche la seguente "Maskera" non scherza affatto...

Punto di forza dell’opera:

il comparto vocale.
Cover artwork: Tenchi Design

Se con i Dark Season eravamo al confine fra ciò che è metal estremo e ciò che non lo è, con i Backtheory non raggiungiamo neanche questo confine, come del resto si può evincere dalla copertina del loro album di debutto. Quindi, sicuramente qualcuno di voi storcerà il naso di fronte a questo gruppo ma, dai che lo sapete, qualche eccezione è qui sempre ben accetta, soprattutto quando è così valida. E poi, se una ‘zine estrema qualche volta non fa incazzare, che cos’ha di estremo?

Allora, che cosa propongono questi ragazzi? Propongono un tipo di musica che, chissà perché, viene spesso dall’Abruzzo, almeno per quanto riguarda l’esperienza di Timpani allo Spiedo (ricordo per esempio i grandi Mud o i First Reason), cioè il metalcore. Ma si tratta di quel metalcore lento e monolitico, un po’ alla Biohazard, di cui si riprendono anche alcune aggressive linee vocali rappate. Ma in special modo - tenetevi forte! - è presente una bella dose di new metal, e infatti non poche volte possono venire in mente i Limp Bizkit di “Significant Other” (per esempio, la parte centrale di “Maskera” è molto simile a quella di “Break Stuff”), con tanto di rap a là Fred Durst (sentitevi specialmente “Under These Rags” e poi mi dite). Eppure, non finisce certo qui, perché talvolta vengono sparate delle accelerazioni, che spesso non sono poi così veloci, ma che occasionalmente possiedono un flavour più punk/HC (“Secret Room” e soprattutto quelle scatenate di “Under These Rags”). Peccato però che questo tipo di accelerazioni siano roba veramente rara, dato che sono di un’intensità pazzesca.

D’altro canto, il gruppo, così facendo, è riuscito a creare un album abbastanza vario, andando così dall’ossessiva “Sorry, Shut Up!” (che presenta delle linee vocali ipnotiche per quanto vengono ripetute fino allo spasimo) alla melodica “Life Away” (che però è il brano meno riuscito di tutto il lotto perché a un certo punto s’incanta con il ritornello, essendo così poco inventiva). Inoltre, si può dire che l’album sia diviso praticamente in 2 parti, con la prima che ha più passaggi veloci, mentre la seconda, chissà perché, non ne ha quasi nessuno, pur essendo spesso bella dura e cattiva.

Dal new metal si eredita fra l’altro la tipica struttura a strofa – ritornello del genere, con il climax che viene sviluppato sempre lungo la parte centrale di ogni pezzo, e in diversi modi, mostrando di conseguenza una buona inventiva pur nella semplicità del discorso e nell’importanza a dir poco capitale del ritornello. Certe volte si spara una parte centrale più strutturata del solito, come quella di “Rapture (Criminal DNA)”, che conta dei tempi lenti incredibilmente violenti e intensi.

Fra gli strumentisti, tutti bravi, con tanto di basso che qualche volta completa bene il riffing dell’ascia, la batteria è capace di buone variazioni “a sorpresa” che possono risolvere anche un brano (“Sorry, Shut Up!” per esempio), mentre il comparto vocale risulta molto fantasioso, contando pure delle urla non male, qualche grugnito (“Rapture”) e dei botta e risposta fra i due cantanti veramente notevoli.
Foto: Lorenzo Ilari

Insomma, i Backtheory non saranno per nulla originali ma le canzoni le sanno fare, questo è l’importante, magari esagerano un po’ con il ritornello, però sono sulla buona strada, seppur ci siano degli ampi margini di miglioramento. Quindi, consiglierei ai nostri di proporre più tempi veloci punk/HC (che dopo un po’ vengono praticamente accantonati) e di strutturare in maniera più decisa i vari pezzi, sulla falsariga di “Rapture”. Per il resto, è tutto okay, e fortuna che questi ragazzi hanno trovato un recensore come me, dato che mi ascolto ancora molto volentieri il new metal, che negli anni ha partorito un gruppo più coraggioso dell’altro… peccato che poi molte formazione si siano commercializzate, Slipknot inclusi. E sinceramente non capisco questa cosa: se ottieni successo con un album bello brutale perché poi diventi melodico? “E perché non te ne vai affanculo, Flaviè?”. Come siete permalosi…

Voto: 74

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Intro/  2 – Backtheory/ 3 – Secret Room/ 4 – Assurdo/ 5 – Delete/ 6 – Why??/ 7 – Life Away/ 8 – Rapture (Criminal DNA)/ 9 – Maskera/ 10 – Sorry, Shut Up!/ 11 – Under These Rags/ 12 – Outro

MySpace:


ReverbNation:


FaceBook:

Tuesday, April 23, 2013

Intervista ai Neka!

Ragazzuoli, ecco a voi l'intervista ai promettenti Neka, nuovi brutallari provenienti dalla sempre più distruttiva Puglia. Fra l'altro, questa è la seconda intervista che faccio ad Antonio de Rosa, voce del gruppo, già intervistato nel 2° numero, uscito nel Febbraio del 2009, di Timpani allo Spiedo. Che nostalgia!

BUONA LETTURA!

1)Ciao Antonio, come la va? Cominciamo con questa semplice domanda: cosa vi ha spinto a formare i Neka, ben sapendo che alcuni di voi già suonano in un gruppo relativamente conosciuto come i Necrotorture?
Ciao Flavio, qui tutto bene grazie!Allora, i Neka sono nati circa tre anni fa, quando i Necrotorture erano fermi e solo successivamente Francesco Rinaldi (basso) e Alex Beneventi (chitarra) sono entrati a far parte della lineup dei Necrotorture,quindi in teoria siamo nati prima noi….ahahahahahahahahah! Scherzi a parte tanti ci considerano i cuginetti dei Necrotorture e questo per me non può altro che farmi piacere anche se in realtà lo stile per chi si intende del genere è leggermente diverso.
2)Antonio, per quale motivo i Bestial Carnage si sono sciolti per la seconda e ultima volta? L’album a che punto stava? C’è una qualche possibilità di vederlo pubblicato, anche se postumo?
In breve: alcuni dei membri della vecchia line - up con il quale abbiamo registrato la demo per motivi lavorativi e di studio hanno abbandonato la band, così rimanemmo solo io e il bassista. Riuscii a trovare dei sostituti peraltro bravi alla chitarra e batteria con il quale registrare il primo disco, ma alla fine secondo me il feeling era ormai perso e quindi saltò tutto. Non credo che vedrà mai la luce quell’album anche perché a parte un pezzo non ricordo neanche una canzone….ahahahahahahah!
3) Ritornando a voi, il vostro brutal è abbastanza particolare essendo, come dire?, matematico per quanto è rigido e freddo (si veda soprattutto la voce). E’ solo una mia impressione? Che cosa volete trasmettere esattamente con ciò? A questo punto, quali sono le vostre influenze? Magari anche i Meshuggah eheh!
Guarda il bello dei Neka è che noi ascoltiamo molto il parere della gente e dei ragazzi, sia quelli positivi ma soprattutto quelli negativi, in modo da poterci lavorare su in futuro e di conseguenza migliorare come credo dovrebbero fare tutti, quindi se tu mi dici che lo senti matematico io ti rispondo di si, vuoi forse che essendo la prima uscita discografica è quindi ancora immaturo, infatti stiamo apportando miglioramenti in tante cose che sentirai nel prossimo disco.
Comunque sia il nostro messaggio penso parli chiaro, fare bordello e creare caos nell’animo delle persone, mentre per le influenze diciamo che dalla mattina a pranzo e a cena la scuola brutal/death americana non manca mai…..
4) Domanda forse scontata, ma perché avete voluto coverizzare proprio un pezzo dei Necrotorture, che stilisticamente sono molto diversi da voi? Certo che alcuni del gruppo stesso che si autocoverizzano fa veramente strano!
Come ho detto prima sono nati prima i Neka e dopo Alex e Francesco sono entrati nei Necrotorture, difatti “Nekyia” è uscito prima di “Gore Solution” e comunque sia “Anal Torture”, il pezzo che abbiamo coverizzato, è preso dal primo disco “Blood Feast” (ep uscito nel 2006 per la statunitense Extreme Underground. Nda Claustrofobia) dove non militava nessuno dei due. Semplicemente il motivo è stato soprattutto omaggiare una band che avrebbe meritato di più secondo me, difatti ha più sostenitori all’estero che in Italia….
Neka - Photo
5) Però, anche dal punto di vista lirico, siete abbastanza curiosi. Vuoi illuminarci sui vostri testi in maniera più specifica? Devo dire che dai testi sembravate più un gruppo da Nile.
Io ti ringrazio per averci paragonato a dei mostri sacri come i Nile, però per i testi, ora ti spiego, praticamente quando entrai a far parte dei Neka i pezzi già esistevano, siccome avevamo un live abbastanza vicino per questione di mancanza di tempo iniziai a mettere frasi, parole, versi senza senso nè significato, praticamente usavo la voce come uno strumento. Fu talmente forte la cosa che in seguito decidemmo di tenere tutto così e registrare anche il disco senza testi. Io ora so che tu penserai che è sbrigativo (macchè, è ‘na figata. Lo fanno anche i Buffalo Grillz. Nda Claustrofobia)…ma almeno il testo lo impari perché è scritto… io invece devo ricordarmi esattamente le parole e i versi inesistenti a memoria, quindi… mi sono fregato da solo… ahahahahahahahah!
6)Visto il vostro immaginario, che cosa ti affascina del mondo antico? C’è qualche valore andato perduto che apprezzi particolarmente?
Il valore dell’umiltà… è purtroppo andato perso, non solo nella musica ma anche nella vita di tutti i giorni.
7) Ho saputo che state lavorando a un nuovo disco. Ci vuoi dare qualche anteprima?
Certoooooo! Allora, il disco si chiama “Colossus” e contiene dieci pezzi inediti più una into/outro. In questo momento la batteria è pronta, le chitarre sono in fase di registrazione. Poi appena pronto il tutto molto probabilmente il missaggio verrà affidato ai 16th Cellar Studio di Roma come per Nekyia, abbiamo intenzione anche di far uscire il secondo video ufficiale però stiamo ancora decidendo il pezzo e studiando le ambientazioni… Ah questa volta ci saranno i testi… eheheheheh.
8) Che cosa ci riserva il futuro dei Neka, oltre ovviamente al nuovo disco?
Live!!!! Tanti live, un’etichetta e magari un tour per “Colossus” con tappe all’estero. Come vedi le ambizioni sono tante ma noi rimaniamo con i piedi per terra e procediamo con calma senza fretta.
Ringrazio te Flavio per la disponibilità e vi invito per chi volesse a collegarvi alla pagina ufficiale di FaceBook www.facebook.com/nekaofficial per aggiornarvi su tutto quello che riguarda la band.

SUPPORT UNDERGROUND!

Thursday, April 18, 2013

Blessed Dead - "Promo 2013"

Promo autoprodotto (6 Aprile 2013)

Line – up:           Asmodeus Mannaz – voce;
                            Shon – chitarra;
                            Tolo – basso;
                            Nicko – batteria.

Località:            Brescia, Lombardia

Pezzo migliore dell’opera:

“Miss Bloody Pain”.

Punto di forza del disco:

la sua immane pesantezza.
 Blessed Dead - Promo 2013
Curiosità:

questo disco l'ho recensito a tempo di record, visto che, prima di farlo, l'ho ascoltato solo 2 volte (e mezzo, sì perchè ho sentito di più "To Feel You in Agony", per capire meglio la sua struttura) ma mi sono così esaltato che ho voluto subito recensirlo senza pensarci troppo su. Spero di essere stato obiettivo...


             Continua l’opera di distruzione dei Blessed Dead che, dopo il secondo demo “Sick Human Essence”, rilasciano questo promo che mostra un gruppo praticamente irriconoscibile. Non so che cazzo sia successo a questi ragazzi, quello che è sicuro è la qualità intrinseca di questi 6 minuti e mezzo + intro di bombardamento sonico ricco di novità.

Si comincia con una intro di 44 secondi con tanto di orchestra che viene poi stuprata per qualche momento dal gruppo, e qua già si capisce un po’ dove i ragazzi vogliono andare a parare.

E dove, di buona grazia? Eh, in un death metal incredibilmente bastardo e cattivo, pieno di blast – beats, di un grugnito abbastanza dinamico ed espressivo, opera del nuovo cantante Asmodeus Mannaz, accompagnato talvolta da qualche urlo spettrale. Tutto questo senza proporre melodie, se non a sprazzi, e soprattutto senza neanche l’ombra di un assolo, così importante nel recente passato, data la fuoriuscita dal gruppo del chitarrista solista Ghast. Ma stavolta i nostri sono andati ben oltre perché l’assalto è di tipo decisamente collettivo, e ciò significa, fra le altre cose, che non c’è mai una seconda chitarra che completa/integra il riff principale. Ergo, i Blessed Dead sono diventati belli pesanti, anche perché la voce è praticamente onnipresente, quindi ascoltarli è come essere schiacciati da un monolite di immense proporzioni (non che uno più “modesto” non schiacci lo stesso…).

In compenso, i nostri hanno introdotto qualche interessante variazione al loro death metal senza pietà, come i rallentamenti semi – brutal in entrambi i pezzi, o il selvaggio riffing blackeggiante di “Miss Bloody Pain”, che conta inoltre un breve spezzone porno nel mezzo, altra novità per il gruppo.

Il bello è che il brano sopraccitato è addirittura più sorprendente di “To Feel You in Agony”, più che altro perché raggiunge velocità veramente assurde. Ma le due canzoni si distinguono benissimo anche per quanto concerne la loro struttura, visto che “To Feel You in Agony” è sì fortemente sequenziale ma in maniera un po’ anomala, nel senso che il 2° e il 3° passaggio, alla seconda ripetizione dello schema, s’invertono l’ordine di apparizione. “Miss Bloody Pain” è invece più libera e articolata, nonostante il suo parossistico andamento ritmico. Fra l’altro, i pezzi non hanno nessuno stacco, al massimo qualche brevissima pausa, e questo è un altro fattore che appesantisce alla grande l’assalto dei Blessed Dead.
 Blessed Dead - Photo
In parole povere, questo disco, dalla produzione compatta e densa come mai prima d’ora pur essendo abbastanza pulita, è un ottimo biglietto da visita per l’imminente primo album, anche se magari, se fosse stato più consistente dal punto di vista del minutaggio, si sarebbe potuto testare in maniera più sicura le potenzialità del nuovo corso del gruppo. Ma in fin dei conti, questo appunto è tremendamente irrilevante, perché i nostri hanno stuzzicato lo stesso la mia curiosità, quindi, per ora, non ci resta che goderci questo monolite di promo fino a spaccarci le orecchie.

Voto: 74

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Intro/ 2 – To Feel You in Agony/ 3 – Miss Bloody Pain

FaceBook:


YouTube:

Tuesday, April 16, 2013

Six String Suicide - "Piss Around the World" (1998)

Full – length album (Iron Palm Produxions/Black Lotus Records, 1998)

Line – up:      Dinos – Vocals/Rythm guitar/bass;
                      Nikos – lead guitar;
                      Panos – drums.

Location:       Athens, Attica /Greece.

Better song of the album:

“D.I.E.”.

Better feature of the album:

The solos.
 Six String Suicide - Piss Around the World
Artwork: Kostas Hantzis

As the Kuntaut Cult, the Six String Suicide belong to that kind of bands that publish a demo and, some years after, the debut album, vanishing already after all these efforts. And as the Kuntaut Cult, also this Greek band was very good, proposing a ferocious metal with strong anarchist lyrics and some curious features able to vary the assault through different ways, despite its incredible rawness.

But, I must specify an important thing: here the music isn’t pure metal. In fact, it is a rough thrashcore with a very obsessive song’s structure, reminding me the British punk/HC. Every song is based often on a sequence of 3 musical solutions that is respected in a rigorous way and repeated at least for twice before and after the possible solo. Sometimes the sequence is very long and structured than the usual, maybe with surprising and excellent passages by the drummer. But the more harder thing comes from the length of some tracks, that reaches often the 4 minutes, while songs like “The Last Trip” reaches only the 2 minutes and a half.

Another feature close to the British punk/HC is the pace of many songs, that are constantly fast and without mercy. But, don’t be afraid, we don’t talking about a band like Cryptic Slaughter or Wehrmacht, so there aren’t blast – beats or ultra – unbridled massacre, since the favourite pattern by the drums is a typical and well digestible thrash tupa – tupa. Despite this, there are even two mid – tempo songs like the aforementioned “The Last Trip” and the following “King of the World”, showing a very contagious groove.

Now, it’s time to talk about the variety of the album. For example: “The Last Trip” contains militant passages close to the more political new metal, while “King of the World” is a groove metal song with Pantera attitude and some dark riffs. The titletrack shows a good and incredibly refined guitarwork, since also the frequent presence of the soloist guitar. There is even an instrumental track, that is “Sick Society”, featuring some mechanical riffs, this is a very inhuman song, also because it has an hard collective approach without solos and similar.

Besides all this, the Six String Suicide often don’t accept the melodies, except the solos, that have an incredible melodic taste and technical skills, while the singer yells thoroughout, helped by a light echo and shouting some great line vocals (especially in “Hate ‘em All” and “D.I.E.”).

But there’s a problem: the sequencial structure is sometimes really exaggerated, an example of this is just “Sick Society” that doesn’t close the album very well, it’s without ideas, despite its consistent length of 5 minutes. Hence, the solos would help to solve these difficult situations but, unfortunately, they aren’t present in all the tracks.
 Six String Suicide - Photo
Photo: Kostas Kolimenos

To sum it up, it’s a shame that this band broke up after this debut album. Okay, it could be better than the final result with some tricks in addition, but it has very interesting features to tickle the curiosity of the listener. Fortunately, it’s possible to listen some songs of the album on YouTube, so, if you are very interested, check them out and enjoy… hoping to find the platter into the stores…

Rating: 69

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – Hate ‘em All/ 2 – Dead Boss/ 3 – The Last Trip/ 4 – King of the World/ 5 – Revenge/ 6 – Piss Around the World/ 7 – D.I.E./ 8 – Spirits/ 9 – Sick Society

Thursday, April 11, 2013

Terrorage - "Lobotomy" (2013)

EP autoprodotto (Gennaio 2013)

Formazione (2004):       Adriano – voce;
                                       Vincenzo Frisella – chitarra;
                                       Peppe Musso – chitarra;
                                       Andrea Scalia – basso;
                                       Marco Punzo – batteria.

Località:                          Palermo, Sicilia.

Pezzo migliore del disco:

“Purification Through Violence”, che, oltre a sintetizzare abbastanza le caratteristiche del gruppo, ha un finale aperto da brividi.

Punto di forza dell’opera:

l’attitudine Punk/HC, che dona alla musica un sacco di carica in più.

Terrorage - Lobotomy
Copertina: Sandro di Girolamo

Oggi parliamo di un altro gruppo politicamente impegnato, solo che i Terrorage sono così incazzati che il loro primissimo demo, uscito nel 2006, si intitola(va) allegramente “All Cops Must Die!”, non so se rendo l’idea. Ed effettivamente il gruppo ha un’attitudine punk/HC mica da ridere, condizionando così pesantemente la musica ma anche il minutaggio dei pezzi, che badano al sodo visto che spesso ci si attesta sui 2 minuti. Però, dato che ci siamo, mi chiedo perché Metal – Archives li definisca “thrash/groove metal” perché siamo decisamente lontani da questi territori. Allo stesso tempo, la musica quivi proposta è incredibilmente ricca di differenti sfaccettature e influenze.

“Ma, Flavio, dato che fai tanto il saputello, che musica farebbero ‘sti qua, tanto per essere ancora più precisi?”. Di base un death metal moderno. “Ah, di base… e in cima?”. Un po’ di pazienza, comici da strapazzo, e lo saprete, e che cazzo! Quello che dovete sapere in questo momento è che ‘sti palermitani sono cupissimi tanto che l’onnipresente cantante spara un classico grugnito “modernista”, solo che in questo caso è incredibilmente monocorde e gorgogliante, e in più è aiutato raramente da un grugnito più gutturale. Perlomeno, la struttura delle canzoni è dinamica senza essere arzigogolata (e grazie al casio, considerate le ascendenze HC), quindi vi è un equilibrio abbastanza buono fra i tempi veloci (inclusi i blast – beats) e quelli più lenti (da menzionare assolutamente il lungo finale doom di “Conflict”), mentre hanno un’importanza non da poco i passaggi groovy, ma niente a che fare con i Pantera, sia chiaro.

Una caratteristica bella pesante dei Terrorage viene dal loro approccio collettivo. Cioè, ci saranno pure due chitarristi in formazione ma non vi è un misero assolo che sia uno in tutto il disco. Di conseguenza, molto raramente c’è un secondo riff a rinforzare quello di base, e così è obbligatorio citare “Mercenary”, dove la seconda ascia se ne esce con una minimalista notazione apocalittica da far spavento.

A questo punto, stiamo scalando sempre di più la cima del monte Lobotomia, quindi è ora di parlare delle diverse influenze, o come preferite chiamarle. Quella più importante è ovviamente quella HC, o meglio, crust, come si può sentire tranquillamente in “Mercenary”, “Facebreaker” o “Purification Through Violence”, dando così sfogo a battaglieri e intensissimi momenti in un tupa – tupa da headbanging. Poi c’è il brutal, esplicitato anche sui tempi lenti, che però lo si avverte specialmente nelle ultimissime canzoni, spaventosamente gracchiante o chirurgico a seconda dei casi. Adesso, sarà strano ma qui e là ho ravvisato passaggi molto meshugghiani (“Facebreaker” su tutti), così da dare un tocco robotico veramente terrificante al tutto. Infine, certo riffing, più che altro durante la fine del disco, ha un leggero substrato thrasheggiante e bello groovy. Vabbè, ci siamo capiti, i Terrorage hanno una buona fantasia che impedisce all’ascoltatore di annoiarsi, però mantengono sempre un’ottima compattezza stilistica, per esempio suonando in ogni caso in maniera a- melodica, vomitando così cattiveria a palate.

Tirando le somme, il gruppo ormai dovrebbe, anzi, dev’essere pronto per il grande salto dell’album, anche perché “Lobotomy” dura la bellezza di 25 minuti, quindi è in pratica un mini – album. In tutto questo arco di tempo non ho trovato difetti veri e propri, anche se ovviamente il gruppo ha molti margini di miglioramento. Per esempio, magari ci vorrebbe un po’ più di istintività nella voce, che alla lunga appare troppo impostata e fredda, e sarebbe interessante sviluppare ancora di più i momenti crust, che intensificano alla grande tutto l’assalto, come gli interventi della seconda chitarra, in grado di aggiungere quel tocco di atmosfera in più. Ma sinceramente per ora ‘sto gran cazzo di tutto ciò, e gustiamoci i Terrorage come sono adesso. Adesso però mi chiedo soltanto questa cosa: perché il cantante del gruppo è l’unico… senza un cognome? Le questioni fondamentali dell’esistenza…

Voto: 75

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Anatomy of Self – Destruction/ 2 – Mercenary/ 3 – Facebreaker/ 4 – Abusers/ 5 – Dead Man Working/ 6 – Chain Reaction/ 7 – Conflict/ 8 – Purification Through Violence

FaceBook:


MySpace:

http://www.myspace.com/terrorage

Tuesday, April 9, 2013

Panikk - "Unbearable Conditions" (2013)

Album (Metal Tank Records, March 12th 2013)

Line – up (2008):     Gašper Flere – vocals/guitar;
                                Nejc Nardin – guitar;
                                Rok Vrčkovnik – bass;
                                Grega Košmerl – drums.

Location:                Ljubljana (Slovenia).

Better song of the album:

The titletrack.

Better feature of the production:

The good balance between its various parts.
 Panikk - Unbearable Conditions
Cover artwork: Mario E. Lopez M.

After the modern thrashers Vivid Remorse and Exodia, here you are finally an old – school band called Panikk with its debut album, that is also the very first release of the Slovenian label Metal Tank Records. I say the truth: I don’t know very much… nay, I DON’T know the metal scene of this country, except an historic thrash band named Sarcasm, hence Panikk is the second Slovenian band that I’ve ever listened. However, I like Slovenia, because few years ago, during the holidays, I went to Kobarid, once known as Caporetto, where I ate the first kebab of my life (what a piece of news, he?) and where the Italian army was tragically defeated by the Austro – German army during the World War I… but, what fuck I am doing? This isn’t a history lesson, this is a review about an excellent band, so I must say that the Metal Tank has immediately hit the bull’s eye.

The first thing to mention about the album is its variegated tracklist. In fact, there are 9 tracks for 41 minutes of music, hence the songs are often long, also as regards the instrumental titled “Away from Reality”, reaching sometimes the 5 minutes of length. But there is even an acoustical episode, the dark “Revelation of Truth”, the only short track. All these strategic tricks let to the listeners to takes breath for a while, since the Panikk play a complex form of thrash metal, even though this complexity is always balanced with more accessible features.

In this way, the songs’ structure is exemplar. In fact, it is unforeseeable enough and full of tempo shifts, but there is a good balance between the fast and slower moments, giving a remarkable importance to the groovy passages, that have sometimes a punkish attitude (“The Wave of Death” and “Cruel World (Society to Adapt)”, starting a great headbanging time. Unlike the modern bands mentioned into the introduction, the Panikk never go through blast – beats, preferring simply a typical thrash tupa – tupa. In return, the drumwork is very fanciful and dynamic, and at times it is decisive to solve some sections (for example, listen to the titletrack, that contains shorts and hysterical climaxes).

Instead, the discourse becomes more classical about the aggressive vocals, reminding me heavily Phil Flores of the Californians Evildead. In addition, some militant choirs reinforce them, creating sometimes very potent line vocals, and all this is coherent with the socio – political themes treated by the band. There are also some variations, like the sneers of “Dismay” or the journalist speech in “Playground of Vision”, a song having a long instrumental fugue (without a solo guitar) in mid – tempo.

Despite the good technical skills of these guys, the soloist guitar isn’t so invasive, playing generally a solo for song. Among the solos, I must mention especially the one in “The Wave of Death”, considering its darker melodies than the usual. Besides this, there is a good collaboration between the musicians, considering that also the bass participates occasionally in the melodies building, above all during the first two songs.

Special mention for the instrumental, that is particular for some features. First of all, it is based largely on the mid – tempos, that are at times very strange, also in an almost reggae way (I said “almost”, of course!); secondly, in this song the soloist guitar has an important role, reinforcing often the main riff; finally, this track is more melodic than the other ones.

Basically, the only unconciving track is “Cruel World”, the longer episode of the album considering its 5:40 minutes circa of length. But this is just the problem, because, after the third minute and the solo, the rest of the song doesn’t strikes very much the listeners, maybe there was need another solo, also because there were all the presuppositions to play it. This flaw is curious, since the better of the Panikk comes from the longer tracks (above all, “The Wave of Death” and the titletrack), in which the band plays through a large range of different musical solutions. Hence, “Cruel World” represents an exception.

All in all, this debut album is a breakneck surprise, and it could has been only so, because these guys don’t released something since the 2009 demo, where came from both “Dismay” and “The Wave of Death”. I like very much this kind of bands that publish an album without excessive haste, giving the right attention to it.

Rating: 78

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – Panic Attack/ 2 – Dismay/ 3 – Messiah of Decay/ 4 – Away from Reality/ 5 – The Wave of Death/ 6 – Playground of Vision/ 7 – Revelation of Truth/ 8 – Cruel World (Society to Adapt)/ 9 – Unbearable Conditions

FaceBook:


MySpace:

Thursday, April 4, 2013

Vandals - "Peace Thru Vandalism" (1983)

EP (Epitaph, 1983)

Line – up (1980):      Stevo – vocals;
                                  Jan Nils Ackerman – guitars;
                                  Steve Pfauter – bass;
                                  Joseph P. Escalante – drums.

Location:                  Huntington Beach, California (USA)

Better song of the feature:

Mmmh… maybe “Urban Struggle” but here there are at least 3 memorable songs, hence the choice is very very hard…

Better feature of the production:

The great band inventiveness.       
 Free Image Hosting at www.ImageShack.us
Today we talk about an historic band of the first American punk/HC scene, that is the Vandals, that still plays nowadays, also if their only original member remained is Joe Escalante. “Peace Thru Vandalism” was their first production, where they showed a raw but unbelievably inventive form of punk/HC. There are only 12 minutes circa of music but it is so intense and various that they are really enough, also because some songs almost reach even the 4 minutes of length, like the surprising “Urban Struggle”.

But before I would address to the structure of the tracks, because maybe it’ll not like to some of you. In fact, every song is based on 2 or 3 passages repeated for all the time, in a similar way to the British HC bands like Disorder or Chaos UK. Fortunately, the band is able to surprise the listeners through simple but clever intuitions, like weird solos (“Legend of Pat Brown”), unforeseeable tempo shifts etc… etc…. So, every song has a very good personality.

For example, listen to “Urban Struggle”. Its introduction is awesome, starting even with the main theme of “The Good, the Bad and the Ugly”. Then, it becomes a very fast HC ride. Or listen to “Pirate’s Life”, that has, in a certain point, a reggae passage with a brilliant melodic performance by the bassist. But we don’t absolutely forget to mention the two furious classics of the EP, that are “HB Hotel”, all based on the gradual aggressivity of the vocals and that has a rock introduction, and the anthem “par excellence” titled “Anarchy Burger (Hold the Government)”, characterised instead by a more groovy approach.

But now it’s time to talk about Stevo, that is one of the better HC singers that I’ve ever heard. His approach is very histrionic and versatile, ranging from the cowboy verses and shrills of “Urban Struggle” to the uncontrollable performances of the last two songs, included the clashed melodic lines during the introduction of “HB Hotel”. Intensity is the right word to describe his vocal work, not forgetting the sense of humour that covers the entire production. In this way, the infamous raspberry at the end of “Legend of Pat Brown” is a perfect example, stuff for delicate connoisseurs.

Another interesting thing of the music comes from the drumwork, above all for the frequent one – two beats shooting both in the fast songs and during the slower ones. Thanks to this feature, the songs have a really unbridled pace, and all this means that there is a great collaboration between the musicians.

All in all, “Peace Thru Vandalism” – 4th release for the Epitaph, the label of Brett Gurewitz of Bad Religion – is a small classic in its genre and an excellent demonstration about the creative and ingenious skills of the first punk/HC, despite its fame of musical poverty. Vandals were also a novelty, refreshing the scene with a great sense of humour after an impressive succession of political and serious bands. So, if you want to spend some time in very mad cheerfulness, this band is perfect to listen, also because the production of the EP is very good and clear.

Rating: 83

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Tracklist:

1 – Wanna Be Manor/ 2 – Urban Struggle/ 3 – Legend of Pat Brown/ 4 – Pirate’s Life/ 5 – HB Hotel/ 6 – Anarchy Burger (Hold the Government)

Official site:


FaceBook:


MySpace:

Monday, April 1, 2013

Neka - "Nekiya" (2012)

EP autoprodotto (Agosto 2012)

Formazione (2010):   Antonio de Rosa – voce;
                                    Alessandro Manco - voce ("Amaterasu's");
                                   Alex Beneventi – chitarra;
                                   Francesco Rinaldi – basso;
                                   Paolo Damato – batteria.

Località:                    Foggia, Puglia.

Migliore canzone del disco:

“Mudras Gesture”.

Punto di forza dell’opera:

il riffing.
 Neka - Nekyia
Vi ricordate dei Bestial Carnage? Sì, di quel promettente gruppo che sparava un ignorante death metal svedese di cui doveva uscire, tipo nel 2010 o giù di lì, l’album di debutto intitolato “The Room of Horrors”, che aveva una copertina fantastica. Solo che poi i nostri eroi si sciolsero per la seconda e ultima volta, e così le loro strade si divisero senza dar luce al suddetto album. Ma dopo qualche anno il loro cantante, Antonio, si è unito a 2/4 dei brutallari Necrotorture per formare i Neka, altra formazione di buone speranze. Questo “Nekiya” (parola greca che rimanda a un rito attraverso il quale i morti vengono richiamati sulla terra per essere interrogati sul futuro – fonte Wikipedia) rappresenta il primissimo parto del gruppo, circa 20 minuti di follia, nei quali trova posto un brutal bello semplice e oserei dire robotico. Cosa? Sì, avete letto bene. Adesso dovete soltanto rovinarvi un po’ di più gli occhi per sapere perché diavolo ho usato una parola così bizzarra (come sono sadico!).

Prima di tutto, non pensiate che i Neka siano sperimentali o chissà cos’altro. L’assalto è infatti un puro brutal con qualche accenno death e talvolta si fanno vive certe svisate thrasheggianti (come in "Amaterasu's") che donano dinamicità al tutto. Il bello è che i nostri danno particolare importanza sia ai tempi veloci che a quelli più lenti, di conseguenza vi è un buon equilibrio fra di essi, seppur il risultato finale sia lo stesso qualcosa di estremamente soffocante, e questo è sia un pregio che un difetto.

A questo proposito, si mostra particolarmente interessante il comparto vocale. Okay, c’è la classica alternanza del brutal fra un grugnito cupo ma ancora piuttosto… umano se confrontato a un Chris Barnes dei bei tempi andati e un urlo gracchiante e freddo. Però, la faccenda diventa meno standard se si prendono in esame le linee vocali, che sono veramente qualcosa di robotico, quasi matematico. Sono rigidissime, spesso ipnotiche, anche perché molte volte si ripetono le stesse parole durante un singolo passaggio, quindi l’effetto prodotto è a dir poco alienante. Per di più, la voce è praticamente onnipresente.

Un’altra caratteristica di questo tipo proviene dalla struttura dei vari pezzi. E’ incredibile ma i Neka rifiutano quasi totalmente le pause e i classici stacchi di chitarra (ce n’è uno solo nella cover dei Necrotorture), utili per rendere ancora più efficace la musica. Ma lo sapete che a me una simile caratteristica piace, proprio perché uno schema del genere risulta molto più difficile da gestire, e per di più è bandito ogni intervento di chitarra solista. Per non parlare di certi (pochi) passaggi belli ossessivi, e della rigidissima sequenzialità di un brano come "Azeem Aman", e così tanti saluti alla sanità mentale dell’ascoltatore.

Per il resto, sono molto interessanti alcuni riffs vorticosi, di una cattiveria palpabile, come certe invenzioni della batteria, mentre la produzione, per essere quella di un disco brutal, è stranamente abbastanza cupa, anche se la batteria ha un suono troppo plasticoso e martellante, come da tradizione del genere, purtroppo.

Ma prima ho accennato alla cover dei Necrotorture, cioè “Anal Torture”. E’ bello che si sia coverizzata una loro canzone, più che altro perché si tratta di un gruppo relativamente poco conosciuto e non di un gruppo un po’ più noto, come si usa di solito. La canzone è stata coverizzata fedelmente, nonostante lo stile dei Necrotorture (che l’anno scorso hanno pubblicato finalmente il proprio album di debutto, “Gore Solution”) sia diversissimo da quello dei Neka, essendo un brutal/grind puzzolente (anche perché la produzione è più sporca rispetto ai brani originali), isterico e chirurgico. E’ pure l’unico pezzo a contare uno spezzone horror (e pure in italiano), come in origine, in fin dei conti. Fra l’altro, il loro cantante ha offerto i propri servigi per “Amaterasu’s”, dando così più spessore all’assalto grazie ai suoi maialismi assortiti, roba da palati fini.

Neka - Photo
Sommando il tutto, i Neka meritano un sacco anche perchè possiedono alcune caratteristiche non proprio comuni. La cosa assurda è che è poco comune anche il difetto principale del disco: cioè i Neka sono così compatti da essere ultra – soffocanti, ma purtroppo non ci sono sufficienti fattori che possano equilibrare questa sensazione, tipo uno stacco qui e là oppure almeno un breve assolo, forse basterebbe un po’ più di… sentimento nelle urla o… vabbè, ci siamo capiti. Le soluzioni sono tante, e spero che nel prossimo lavoro si farà qualcosa in proposito. Per ora, gustiamoci questo parto assassino che raccomando di sicuro ai masochisti, che adesso gioiranno nel sapere che, a quanto mi ha riferito Antonio, è in lavorazione una nuova ed entusiasmante tortura. Aiuto aiuto, SI SALVI CHI PUO’!

Voto: 70

Flavio “Claustrofobia” Adducci

Scaletta:

1 – Astonishment/ 2 – Mudras Gesture/ 3 – Azeem Aman/ 4 – The Diamond/ 5 – Amaterasu’s/ 6 – Anal Torture (Necrotorture cover)

FaceBook:


Sito ufficiale:


MySpace: