Saturday, December 29, 2012

Nahabat - "Essence" (2012)

Ep autoprodotto (21 Dicembre 2012)

Formazione (2011):   Satya Lux Aeterna – voce/programming;
                                    Khvarenah – chitarra/basso/glockenspiel;
                                    Draumar – arpa, piano, sintetizzatori;
                                    Mahanuragah – flauto;
                                    Anamnesi – batteria.

Provenienza:              Quartu Sant’Elena/Oristano, Sardegna.

Canzone migliore dell’ep:

“Essence”.

Punto di forza dell’opera:

la delicatezza.      
Curiosità:

il glockenspiel, strumento mai apparso su queste pagine (e mi sembra ovvio...), è simile allo xilofono, e dal tedesco significa in pratica "suono delle campane".            

                     Ecco scendere la proverbiale lacrimuccia. Ecco venire alla mia mente bei ricordi insostituibili. “Perché tutto questo sentimentalismo da 4 soldi, Flavie’?” Perché? Ma scherziamo? Adesso ve lo dico io, e poi ne riparliamo: i Nahabat non sono altro che il nuovo gruppo di Satya Lux Aeterna, più nota per essere stata la cantante/bassista degli Streben, gruppo di black metal sognante ma selvaggio il cui primo e unico demo venne recensito dalle mie sapienti (toh, qual modestia!) mani nel primissimo numero di Timpani allo Spiedo, cioè nell’ormai lontano Agosto 2008. E sottolineo ancora una volta “primissimo”. Mi ricordo che mi vennero in pratica raccomandati dai loro conterranei Cold Empire e, pur non essendo perfetti, gli Streben promettevano buone cose. Ma poi, dopo aver pubblicato l’album di debutto l’anno successivo, si sciolsero (a proposito di scioglimento, sembra che il 1° numero di Timpani abbia portato sfiga ai suoi gruppi, perché per esempio anche i Cold Empire hanno fatto la stessa fine dopo il primo album, mentre non si sa che fine abbiano fatto gli Onirik – i loro continui problemi di formazione sono ormai leggendari – e i Rovina, tutti gruppi che sono in pausa da anni. Mah, che strano…). Ma niente paura, perché i Nahabat, se ci si pensa, sono una vera e propria continuazione degli Streben, seppur in una veste decisamente diversa e pure poco estrema.

Sì, perché prima di tutto, Satya non urla più, preferendo invece per un approccio costantemente pulito e melodioso. E’ un cantato suadente, ma ben lontano dall’essere imponente, operistico o che dir si voglia. Bisogna dire che è azzeccato, perché trasmette calma ed eleganza, però nel finale di ”Helios Anima” non pare molto contestualizzato, ma questo lo spiegherò più nello specifico fra poco.

La chitarra presenta due caratteristiche interessanti:

1)      è l’unico elemento più o meno blackeggiante del gruppo, e in certi casi ha conservato quelle melodie raffinate e tempestose degli Streben, come nella già citata “Helios Anima”;

2)      è spesso messa in secondo piano a causa delle tastiere, sia perché queste guidano spesso la melodia, sia perché la produzione tende a evidenziarle di più, e fra l’altro esse hanno un’importanza enorme sia nelle pause, sia nell’introdurre le canzoni. Ma attenzione, questo non significa che le tastiere si prodighino anche negli assoli, che invece sono completamente assenti, e quindi i nostri preferiscono un approccio sì collettivo ma avvolgente, cioè pieno di dettagli interessanti.

E pure per quanto riguarda i momenti estremi siamo veramente a corto, e l’unica eccezione degna di tale nome la si becca nel finale di “Helios Anima”. Qui, uno stacco atmosferico introduce un notevole black in tupa – tupa (per il resto, prevalgono tempi medi lineari), che però forse non viene enfatizzato a dovere dalla voce, che doveva essere almeno più potente e aggressiva, ovviamente anche senza urlare per forza di cose. Ed è per questa mancanza che preferisco la più pacata e sognante “Essence”, ma è un peccato perché in generale i 7 minuti di “Helios Anima” vengono gestiti piuttosto bene, anche dal punto di vista atmosferico, date per esempio alcune notazioni più tristi del solito.

Ma non fa niente, in fin dei conti si tratta del primissimo EP. I 2 anni che sono serviti per costruire “Essence” fanno sentire un gruppo promettente che crede molto nella sua - diciamo così – diversità, confermando così ancora una volta la freschezza di idee proveniente dalla terra sarda, fucina instancabile di proposte lodevoli. Fra l’altro, l’avevo già fatto presente parlando di “Change of Season” dei magnifici Maelstrom, ma anche in “Essence” il minutaggio dei pezzi aumenta sempre di più, a partire dai 2 minuti dell’evocativa intro “Prelude” (l’unico pezzo in cui si fa vivo un flauto mica male). Sta diventando un vizio ‘sta cosa…

Voto: 69

Flavio “Claustrofobia” Adducci

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