Friday, October 5, 2012

Jaguar - "Power Games" (1983)

Album (Neat Records, Marzo 2003)

Formazione (1979):  Paul Merrell – voce;
                                  Garry Peppard – chitarre;
                                  Jeff Cox – basso;
                                  Chris Lovell – batteria.

Provenienza:             Bristol (Inghilterra)

Canzone migliore del disco:

“Ain't No Fantasy".

Punto di forza dell’opera:

il piacevole contrasto fra la semplicità e la complessità.
Era da un po’ che volevo farlo, cioè riscoprire le radici del metal estremo recensendo alcuni dei lavori più duri del grandissimo periodo dell’NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal per chi è ignorante) e non solo. “Power Games”, uno degli ultimi capolavori del movimento poc’anzi menzionato, ne è uno di questi, tanto da venire etichettato all’epoca come un disco thrash metal, nonostante non contenga realmente nessuna caratteristica tipica dei Metallica, Anthrax e compagnia thrash emergente.

Infatti, “Power Games” trasuda un heavy metal scanzonato con frequenti influenze rock’n’roll e punk sparate spesso alla velocità della luce, alternando sapientemente i brani veloci con quelli più lenti. L’assalto degli Jaguar è semplice e d’impatto, in non poche occasioni ripetono lo stesso riff o la strofa + ritornello in maniera così ossessiva da ricordare persino alla lontana i gruppi punk – HC inglesi come i Disorder o i Chaos UK, tendenzialmente più minimalisti rispetto ai modelli statunitensi. Eppure, saranno pure “scanzonati” ma la loro musica si nutre di piacevoli contraddizioni così da arricchirla di soluzioni sempre fresche e imprevedibili.

Per esempio, è vero che solitamente i pezzi si muovono entro lo schema più classico possibile, espresso talvolta e come già visto in maniera minimale, ma rispetto a gruppi simili come i Tank, i Jaguar tentano di variare coraggiosamente il discorso. Questo avviene soprattutto nella seconda parte dell’album con canzoni un po’ sui generis come “Ain’t No Fantasy” e “Rawdeal”, con le quali il gruppo fa esplodere tutto il proprio potenziale sfoggiando fra l’altro un impianto strutturale (decisamente) più complicato del solito. In tali episodi vi è di tutto: digressioni stradaiole a là Motorhead, contagioso groove rockeggiante, una pioggia (beh, più o meno) di assoli, cambi di tempo, una piccola dose di epicismo, e per non parlare della lunghissima introduzione con tanto di basso superlativo di “Rawdeal” (ed è pure il pezzo più lungo del lotto visti i suoi 6 minuti e mezzo), e del fatto che “Ain’t No Fantasy” sia perlopiù una vera e propria semi – strumentale. E chissenefrega se questi esperimenti possano sembrare a tratti pretenziosi (si veda a tal proposito, la veloce e rozza puntatina con relativo stacco negli ultimi momenti di “Rawdeal”, un po’ inutile ai fini del discorso) perché comunque i Jaguar hanno almeno dimostrato di sapersi mettere bene in discussione.

Ma la fantasia è in effetti una caratteristica notevole del disco. Quindi sarebbe un delitto non citare la claudicante “Run for Your Life”, con il suo basso pulsante e ossessivo. Oppure la ballata “Master Games” che poi esplode alla grandissima anche grazie a una batteria capace di poderose variazioni.

Però, la contraddizione più bella dell’heavy del gruppo inglese, anche perché è un aspetto raro da trovare pure nel metallo moderno, proviene forse dal ruolo sostenuto dal basso. Sì, perché tale strumento viene qui usato in maniera molto partecipativa, e spesso sostituisce addirittura la chitarra nella costruzione delle melodie, meglio che negli Angel Witch. In altre occasioni, il basso riesce ad accentare meravigliosamente il lavoro dei compagni, e magari la chitarra ne riprende perfino una linea.

Per bilanciare tutto ciò ci pensa la voce, che sfrutta bene le proprie modeste capacità variando dai toni lamentosi di “Master Game” a vere e proprie urla gracchianti (memorabili quelle istrioniche della bellissima cavalcata “Prisoner”), sapendosi così adattare ai diversi contesti.

Per il resto, bisogna sottolineare come i pezzi più speed metal (che solitamente sono quelli dispari) sono ritmicamente statici se confrontati con quelli più lenti, più dinamici e arricchiti da buoni cambi di tempo, seppur talvolta questi ultimi siano forse troppo forti rispetto ai passaggi precedenti. Oddio, anche qui c’è un’ossessività un po’ data per le lunghe ma perlomeno tale mancanza viene risolta con dei climax spesso notevoli.

Insomma, “Power Games” non è un disco perfetto ma comunque seppe dire cose sufficientemente nuove nel panorama NWOBHM, visto che uscì nel momento decadente del movimento, che a poco a poco si stava sempre più estremizzando grazie anche a gruppi come Tank, Satan, Trojan e compagnia incazzata. Ma dopo questo album (ristampato nel 1998 con l’aggiunta di 3 pezzi bonus tratti dai singoli fra cui la leggendaria “Axe Crazy”) i Jaguar ne pubblicarono l’anno dopo un altro, cioè “This Time”, con cui però si allontanarono parecchio dallo stile speed per approcciarne uno che definivano “dance metal”, cioè più precisamente un AOR (Adult Oriented Rock) a là Def Leppard. Ma il bello è che il gruppo è ancora vivo e vegeto, seppur di componente originale sia rimasto il solo Garry Peppard, e non registrano più un album dal 2003, quando uscì “Run Ragged”.

Voto: 78

Claustrofobia

Scaletta:

1 – Dutch Connection/ 2 – Out of Luck/ 3 – The Fox/ 4 – Master Game/ 5 – No Lies/ 6 – Run for Your Life/ 7 – Prisoner/ 8 – Ain’t No Fantasy/ 9 – Rawdeal/ 10 – Coldheart

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