Tuesday, May 22, 2012

Faust - "From Glory to Infinity" (2009)

Album (Paragon Records, 9 Settembre 2009)
Formazione (1992): Aleister – voce, chitarra;
Ghiulz Borroni – chitarra;
Steve di Giorgio, basso;
Daray, batteria.

Provenienza: Milano, Lombardia, Stati Uniti – Polonia.

Canzone migliore del disco:
“Servants of Morality”.

Punto di forza dell’opera:
la tensione drammatica che si respira in ogni secondo.


Nota:
faccio presente che recentemente sia il bassista sia il batterista sono stati sostituiti, rispettivamente da Emilio Dattolo degli Illogicist, e Riccardo Merlini.

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Ecco uno di quei gruppi che possono essere definiti di culto, non solo perché sono dei veterani della scena ma anche perché ci hanno messo praticamente un secolo per pubblicare quello che è atutti gli effetti il primo album dei Faust. Un sogno che finalmente si è avverato, e dopo soltanto un demo nel 1993 e un ep nel 2001. Però, va bene tutto, ma se un gruppo è di culto spesso si rischia di essere acritici, e lo scrivo perché “From Glory to Infinity”, pur essendo un disco notevole, presenta qualche mancanza anche parecchio grave per una formazione piena di esperienza come questa.

Parliamo della voce, per esempio. Essa è molto vicina agli stilemi del death metal vecchia scuola essendo un grugnito bello “ignorante” ma sufficientemente dinamico, che rimanda sicuramente a cantanti come Luc Lemay dei Gorguts. Rifltettendo però sui risultati, a volte questo tipo di cantato stride non poco con l’intera musica, la quale è fondamentalmente melodica (tra poco vedremo più nello specifico come), e specialmente in quei momenti in cui la voce si fa più come gorgogliante, quindi più “schifosa”.

Parliamo anche della struttura – tipo dei pezzi. Questi si reggono su un’impalcatura raffinata e imbottita di cambi di tempo. Scrivo “raffinata” anche perché il discorso è soprattutto di tipo collettivo, cioè viene dato pochissimo spazio agli stacchi in solitario e/o pause, ragion per cui la musica si fa in un certo senso soffocante. Ma, se questo da un lato può essere considerato un pregio (infatti, così il gruppo cerca la via più difficile per rendere efficace e potente il proprio operato), dall’altro alcuni cambi di atmosfera sono forse troppo macchinosi e forzati, quindi si rivela indispensabile almeno qualche stacco e/o pausa in più (però attenzione, senza esagerare).

Infine, anche se questo è un difetto di natura più secondaria pur avendo la sua importanza, il suono della batteria è un po’ plasticoso e di conseguenza martellante, anche se comunque non ai livelli dei friulani Sedition.

Ecco, adesso finiamola con questo bel massacro indiscriminato per cominciare a descrivere finalmente i pregi dei Faust.

Prima di tutto, il loro gusto notevole per la melodia, sempre presente e che rarissimamente concede spazio al riffing più cattivo (unico esempio nel vero senso della parola è “Servants of Morality”). Le melodie risentono spesso e volentieri di un’influenza forse proveniente dalla musica classica, ma quello che più sorprende è l’atmosfera da esse trasmessa, di tipo romantico/decadente ma comunque profondamente passionale (non a caso, il nome Faust non mi sembra sia stato scelto così, anzi).

Tale estrema passionalità viene enfatizzata essenzialmente da 2 interessanti caratteristiche, se non addirittura 3:

1) la continua tensione solista, che permette specialmente alle chitarre, da ritenersi quali le assolute protagoniste, di partorire numerosi assoli (almeno 2 per canzone) e di usare inoltre le due asce in maniera creativa, avvolgendo così l’ascoltatore;

2) per quest’ultima funzione, ci pensa anche il basso (e non poteva essere altrimenti visto il personaggio coinvolto!) che però, rispetto ad altri gruppi come gli Illogicist, ha un campo d’azione più limitato;

3) i vari momenti (talvolta acustici) di impronta più atmosferica presenti qui e là, i quali possono raggiungere livelli altissimi di melodia da riuscire perfino struggenti, per buona grazia dei metallazzi che vogliono soltanto sangue e distruzione.

Eppure, questi dovrebbero essere lo stesso contenti dato che i Faust, nonostante tutte ‘ste raffinatezze descritte (fra cui addirittura due brevi e avvolgenti strumentali di 2 minuti, cioè "Pig God Dog" e "A Religion - Free World's Dream"), danno parecchia importanza ai tempi più veloci, compresi i blast – beats, che sono decisamente più presenti che in altri gruppi di death progressivo.

Infine, c’è da parlare della produzione, la quale è tremendamente pulita e capace di valorizzare tutti gli strumenti, grazie a un bilanciamento dei suoni ben dosato e mai discriminatorio.

Voto: 74

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Purple Children/ 2 – Wet Veils/ 3 – Sentimental Worship/ 4 – Golden Wine Countess/ 5 – Servants of Morality/ 6 – Carnal Beatitude/ 7 - Pig God Dog/ 8 – Holy Hole/ 9 – A Religion – Free World’s Dream

MySpace:
http://www.myspace.com/faustband2

Sito ufficiale:
http://www.deathmetal.it