Monday, May 14, 2012

Illogicist - "The Unconsciousness of Living" (2011)

Album (Willowtip Records, 1 Novembre 2011)
Formazione (1997): Luca Minieri, voce/chitarra;
Diego Ambrosi, chitarra;
Emilio Dattolo, basso;
Alessandro Tinti, batteria.

Provenienza: Aosta, Val d’Aosta.

Canzone migliore dell’opera:
“The Same Old Collision”.

Punto di forza del disco:
la capacità di differenziare ottimamente i pezzi dal punto di vista atmosferico.


Nota:
il gruppo sta cercando un batterista che sostituisca il defezionario Alessandro Tinti.

Oggi ci tocca parlare di un altro gruppo classificabile come death metal tecnico, anche se stavolta con derive più progressive, per buona grazia dei tanti lettori grezzi e “ignoranti” di questa puzzolente webzine. Ma il colpo è addirittura doppio per quei lettori che vogliono informarsi solo sull’(ultra) – Underground, dato che gli Illogicist sono uno dei gruppi più conosciuti della nostra scena estrema. Però ciò non significa che con il passare del tempo questi 4 aostani si siano rincojoniti, anzi, la qualità dell’album è indiscutibile. Come è altrettanto indiscutibile il loro amore per i Death più complicati e meno melodici.

Infatti, per dirne una, la voce, un urlo quasi soffocato, è molto simile a quello di Evil Chuck, anche perché pure qui si è totalmente incapaci di proporre altri tipi di cantato, quindi non aspettatevi niente di minimamente paragonabile all’eclettismo spinto dei Chaos Plague. Inoltre, il cantante, pur non toccando i livelli esagerati degli abruzzesi Resumed, spesso va in letargo per far sfogare i numerosi passaggi strumentali, ragion per cui non è proprio difficile prevedere in quali punti il nostro interviene.

Ma tale caratteristica non dà comunque per niente fastidio vista la grandiosa dinamicità dei pezzi, ricchi sia di cambi di tempo, che nonostante il genere danno parecchia importanza ai ritmi più veloci se non ai blast – beats; sia di un riffing bello dinamico e quasi enigmatico, similmente ai Death, dando inoltre spazio a parti soliste dosate per bene (si possono trovare infatti massimo 2 assoli per pezzo) e cattive e creative al punto giusto.

Ad aggiungere ulteriore dinamicità ci pensa anche il basso, a dir poco fondamentale per i nostri essendo capace per esempio di disegnare linee melodiche fantasiose e avvolgenti, soprattutto in canzoni come "Perceptions from a Deceiving Memory" nella quale talvolta lo strumento a tratti sostituisce le chitarre. Inoltre, ho apprezzato molto il fatto che il basso sia stato messo in primo piano, piuttosto che sotterrarlo come è invece uso in campo estremo.

Un aspetto molto interessante dell’album è che sembra sia stato diviso idealmente in 3 parti, l’una più riuscita dell’altra:

- la prima è costituita dalla sola canzone d’apertura, cioè "Ghosts of Unconsciousness", la quale dal punto di vista strutturale è sì meno sequenziale e più libera rispetto agli altri episodi ma ritmicamente è anche quella più… “tranquilla” (che strano termine…);

- con la seconda, a partire da "Hypnotized" in poi, comincia l’odissea in una formula più decisa e convinta di death metal tecnico. Quindi, il discorso si fa più isterico (a volte fin troppo) e pesante oltreché più sequenziale, seppur non abbracciando mai quell’approccio spesso rigido, disciplinato e in fondo abbastanza prevedibile caro ai Death. Bisogna dire fra l’altro che questa è con molta probabilità la parte più convincente, specialmente atmosfericamente parlando. A tal proposito, non si dimenticano facilmente i fatalismi quasi black metal di "Perceptions from a Deceiving Memory" e neanche l’andamento a tratti spaventosamente robotico di "The Mind Reaper";

- la terza parte si ha più o meno da "The Same Old Collision" alla fine, essendo costituita da soluzioni meno usuali per un gruppo del genere. Più nello specifico e per dare qualche esempio, "The Same Old Collision" ha un lungo passaggio in tapping quasi disorientante, mentre "Misery of a Profaned Soul" presenta un lavoro da parte delle due chitarre un pochino più accentuato che negli altri episodi. Ergo, dal punto di vista stilistico gli Illogicist si sono presi più rischi e libertà a fine album, quasi per dare il tocco finale a un disco già in sé distruttivo.

Eppure, nonostante tutta questa varietà, è sempre piuttosto forte la tendenza a offrire stacchi se non pause alle volte un po’ troppo invasivi e per questo meccanici. Oddio, non si arriva ai livelli estremi di gruppi come i Vortex of End, però per una formazione bella tecnica come gli Illogicist tale caratteristica stona un tantino.
Epperò questa è una lacuna che non rovina poi così tanto l’esperienza dati i grandiosi picchi di intensità trasmessi in canzoni lunghe mediamente 5 minuti, durata quindi non molto facile da gestire (almeno per un novellino). Di conseguenza, i complimenti più sentiti ci stanno tutti.

Voto: 84

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Ghosts of Unconsciousness/ 2 – Hypnotized/ 3 – Perceptions from a Deceiving Memory/ 4 – The Mind Reaper/ 5 – A Past Defeated Suffering/ 6 – The Same Old Collision/ 7 – Misery of a Profaned Soul/ 8 – A Never Ending Fall

MySpace:
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FaceBook:
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Sito ufficiale:
http://www.illogicist.com/