Friday, February 17, 2012

Mefitic - "Signing the Servants of God" (2009)

Demo – cassetta (Drakkar Productions, Giugno 2009)
Formazione (2004): G., voce/basso;
Atror, chitarra;
KrN, chitarra;
AnguiciouS, batteria.

Provenienza: Bergamo, Lombardia.

Canzone migliore del demo:
probabilmente “Prayer to Lamashtu”, pezzo nel quale si fanno vive delle schitarrate da brividi che tanto mi ricordano persino i Vlad Tepes, e dove fra l’altro si può sentire una minacciosa (e volga rotta) voce femminile con parlato in italiano. Anzi no, preferirei più che altro "Execrable Precept of Ha - Melekh Ha - Goel", da ricordare per un finale tribale che lo collega con l'introduzione del successivo pezzo, ossia "Diseased Ruth"; e per un effetto catacombale che si fa vivo al momento giusto generando un "casino" quasi estraniante.

Punto di forza dell’opera:
per motivi elencati nel corpo della recensione, scelgo la batteria, strumento sfruttato ottimamente e capace di accentare meravigliosamente l’operato dei compagni.
Nota:
prossimamente i Mefitic rilasceranno il 7’’ “Columns of Subsidence”, sempre sotto la Drakkar.

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In quanto fan sfegatato del black/death metal più rozzo e bastardo mi fa sempre piacere (oddio, più o meno) recensire un gruppo dello stivale che sguazza in simili sonorità. E pensare che fino a qualche tempo mi lamentavo di una presunta carenza di queste formazioni sul suolo italico, a parte qualche rara eccezione, ed invece devo constatare che non solo ne abbiamo di sufficienti ma anche di valide. Poi oh, l’Italia non è che sia un paese così gigantesco come il Canada, patria dei Blasphemy e gentagna affine.

Stavolta vi presento i Mefitic che, oltre a presentare un suono per certi versi particolare che per il genere, è pure abbastanza coraggioso nella costruzione dei pezzi, o meglio nella loro durata, visto che, nonostante la rozzezza generale, essi durano sempre e comunque sui 5 minuti se non addirittura sui 6 di “Prayer to Lamashtu”. Eppure, non aspettatevi nulla di tecnico oppure di strutturalmente complesso.

Avviso però immediatamente, per chi non sia avvezzo a queste sonorità, la “rozzezza generale” si riferisce anche al tipo di produzione, molto sporca, cupa fin quasi all’oppressione e che presenta varie “storture” che per così dire in naturalizzano una musica già in sé pesante. Prima fra le quali la batteria, il cui rullante, per fare un esempio, è ovattato, soffocato; oppure come non osservare il fatto che in certi momenti la voce affoga le chitarre, anche se non in maniera così estrema come nei primi demo dei Beherit? E ciò avviene anche per “colpa” di un effetto di riverbero molto in linea con l’atmosfera da incubo che permea tutto il disco.

Essa è infatti un tipo di atmosfera che rimanda continuamente alla sfera più misteriosa dell’occulto, quindi niente cavolate superficiali sul satanismo e similari. Così, ecco che si trova un riffing che da una parte ricorda i vari Antichrist, Proclamation, Black Witchery e così via, ma dall’alltro assume toni più black metal facendo quindi uso di motivi ipnotici e tremendamente dissonanti se non addirittura dall’incedere bello monotono (indicativo a tal proposito il finale spaccaossa di “Henosis of Void”). Fra l’altro, non si spara neanche il più misero assolo, preferendo quindi soffocare l’ascoltatore attraverso un approccio collettivo, pur inserendo qua e là una chitarra solista che s’insinua minacciosa come uno spirito (si senta soprattutto “Sepulcrum Antistitis XIII”).

Il bello è che i nostri non dimenticano mai questo tipo di atmosfera pur andando spesso e volentieri a mille all’ora, come insomma la tradizione comanda. Ciò anche perché vi è un tipo di voce cupissimo e soffocante, un grugnito perenne molto vicino a quello di O.A. dei Vasaeleth, pur nella differenza enorme fra le due esperienze in fatto di linee vocali, che come si sa sono lontanissime nel duo statunitense. E poi dai quei nomi stranissimi, memori di qualche abisso insondabile e indicibile dell’Egitto più malato, offrono una dimensione che molti gruppi si sognano soltanto!

Concorrono a far strizzare di panico l’ascoltatore anche i tempi doom che, nonostante quanto scritto prima, non sono neanche così rari dato che alla fin della fiera vi è un particolare equilibrio fra i vari tempi (più o meno). Alcuni momenti doom sono sviluppati veramente bene sfociando in veri e propri climax, i quali a dire il vero non costituiscono un fattore dominante vista l’aura statica dei pezzi, sicuramente un fatto voluto anche se non totalmente efficace se messo in rapporto alla durata forse un po’ eccessiva degli episodi.


Fra tutti gli strumenti però, la batteria risulta essere lo strumento più curato, capace com’è anche di intessere oscure danze sui tom – tom a dir poco ritualistiche e tribali, per non dimenticare poi qualche momento più grooveggiante, e tremendamente contagioso.

Insomma, questo disco è straconsigliatissimo, sempre tenendo a mente la difficoltà di metabolizzazione del demo, determinata dalle curiose caratteristiche soprammenzionate. Però peccato che dopo tutti questi anni non abbiano ancora pubblicato nemmeno un album, strumento utile per testare la qualità di qualsiasi gruppo sulla lunga distanza. In compenso, i Mefitic hanno rilasciato nel 2010, sempre sotto Drakkar Productions, lo split “Misled Conjunction of Evil” condiviso con i Necrovomit, altro gruppo affine (beh, più o meno).

Voto: 74

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Henosis of Void/ 2 – Execrable Precept of Ha – Melekh Ha – Goel/ 3 – Diseased Ruth/ 4 – Prayer to Lamashtu/ 5 – Sepulcrum Antistitis XIII

MySpace:
http://www.myspace.com/mefitic

Sito ufficiale:
http://mefitic.atspace.com/