Tuesday, January 17, 2012

Hieros Gamos - "Bionic Era of Psychosis" (2011)

Demo autoprodotto (2011)
Formazione (2005): Marco Proietti, voce;
Roberto Moro, chitarra/basso/batteria elettronica/tastiere.
Marco Brivio, chitarra solista.

Provenienza: Ittiri/Lecco/Roma, Sardegna/Piemonte/Lazio.

Canzone migliore del demo:
sicuramente quella omonima, soprattutto perché dal punto di vista solistico è praticamente stupenda oltreché costruita molto bene strutturalmente parlando.

Punto di forza del disco:
la chitarra solista, che aggiunge tutto un altro tipo di atmosfera al progetto, riuscendo lo stesso ad essere tremendamente azzeccato.

-------------------------------------------------------------------------------------------------
Molto è cambiato negli Hieros Gamos, una delle esperienze estreme più controverse ed originali degli ultimi anni, sia all’estero che in Italia. Prima di tutto, Roberto Moro ha reclutato nel suo progetto ben 3 nuove persone, comprendendo fra queste anche Bloody Hansen, altra conoscenza di Timpani allo Spiedo (visto che è la mente che sta dietro alle litanie horror di The Providence il cui ultimo disco è stato recensito su queste stesse pagine), che ha collaborato alla stesura dei testi, che devono molto a “1984” di George Orwell. Ma è anche vero che, paradossalmente, pure con tale nuova formazione si sono riproposti ancora una volta i limiti, quasi storici, di Hieros Gamos.

Limiti che sono da rintracciare ancora una volta sia nella voce che nella batteria elettronica, e ciò perché:

1) nonostante il comparto vocale sia stato passato ad un altro, esso non incide mai come invece dovrebbe essere, visto che il grugnito grosso del mio conterraneo Marco Proietti non è soltanto monotono ma anche ripetitivo nelle linee vocali, che spesso sembrano andare in disaccordo con l’intera musica (cosa questa che però non succedeva con le urla spettrali di Roberto). Ciò significa in parole povere che il nostro manca di sufficiente espressività per dare manforte ai compagni;

2) la batteria elettronica invece ha un suono purtroppo molto plastico e finto, più che altro per quanto concerne il rullante e i tom – tom, smorzando così un po’ la buona intensità presente nel comparto chitarre e nella costruzione (la quale però difetta un po’ nelle ripartenze, e ciò è una conseguenza talvolta ingigantita rispetto alle passate produzioni, delle mancanze menzionate) stessa dei pezzi. E’ anche vero che Roberto ha programmato stavolta la batteria in modo piuttosto fantasioso e molto convincente, magari sfoggiando inaspettati passaggi groovy.

Com’è inaspettato il fatto che i 4 pezzi del disco, annunciato nell’intervista a Hieros Gamos del 2° numero di Timpani, siano quasi degli inediti veri e propri, nonostante i proclami del passato, con qualche reminiscenza proveniente dal passato, specialmente per quanto riguarda “Bionic Era of Psychosis”. In pratica sono stati giustamente attualizzati secondo il diverso momento storico e secondo ovviamente i nuovi membri in formazione (di cui riconoscibilissimo è Marco Brivio). Ma quello che più incuriosisce di più è la durata spesso incredibilmente dimezzata dei vari brani, che ora vanno addirittura dai 2 (e dico 2!) ai 5 minuti, e devo dire che tale pesante razionalizzazione è stata davvero intelligente, più che altro perché si è così permesso ai nostri di racchiudere tutta l’intensità della musica in maniera, per così dire, più semplice. Se pensiamo infatti alla difficoltà estrema di digerire specialmente l’assurdo “The Sound of Doom” questo traguardo non può che essere benvoluto.

Traguardo che viene ulteriormente facilitato dagli assoli fantasiosi di Marco Brivio che naturalmente, rispetto ai suoi Bahal nei quali scarica tutta la sua verve virtuosistica, si è limitato nella durata (e nel numero) degli stessi. Com’è anche vero che non si è limitato nella costruzione di melodie che riescono a intessere un discorso ultra – emotivo da far accapponare la pelle tanto da essersi permesso di incidere ben due chitarre soliste in “Three Days to Dawn”. L’unico rammarico (molto relativo) è che non ci sono più gli assoli arabeggianti con cui Roberto si è fatto conoscere, ma perlomeno i nuovi riescono a risolvere con più facilità i pezzi.

Per il resto, la musica è rimasta quasi la stessa, ossia viene sfoggiato un discorso nervoso da infarto con un sacco di cambi di tempo, riffing tremendamente complesso che però è divenuto ancora più spaventoso per via di dissonanze spaventose non disdegnando allo stesso tempo un po’ di melodie, influenze arabe nello stesso riffing (che fra l’altro ha aggiunto qualche vago tocco thrasheggiante) e tanta, tanta, tanta pazienza nell’ascolto.

Oddio, tanta pazienza non con l’ultimo pezzo, che poi, quasi per provocazione, sarebbe la cover, semplificata anche perché più breve rispetto all’originale, di “Gut Feeling” dei magnifici Devo, ottimo gruppo che dal geniale punk sperimentale delle origini è passato ad un più convenzionale pop rock. Solo che bella l’intenzione ma la cover è troppo fedele all’originale (blast – beats – un po’ piatti – esclusi per esempio), e quindi troppo poco Hieros Gamos. Chissà insomma come sarebbe uscito se avessero rispettato anche sé stessi. Ecco perché “tanta pazienza non con l’ultimo pezzo”.

Infine, anche la produzione risulta molto diversa da quella degli altri dischi, con un suono cioè più pieno e meno cupo, e con una batteria elettronica finalmente più comprensibile.

Voto: 69

Claustrofobia

Scaletta:
1 – Your Mind Was Elsewhere/ 2 – Two Minutes of Hate/ 3 – Bionic Era of Psychosis/ 4 – Three Days to Dawn/ 5 – Gut Feeling (Devo cover)

MySpace:
www.myspace.com/hierosgamositalia

Sito ufficiale:
www.hierosgamos.sardegna@gmail.com