Thursday, March 8, 2012

Division VIII - "Division VIII" (2011)

Demo autoprodotto (2011)
Formazione: Herr 413, voce/chitarre/basso/batteria elettronica.

Provenienza: Cagliari, Sardegna.

Canzone migliore del disco:
“Worlds Behind This World”.

Punto di forza dell’opera:
in prospettiva, le soluzioni più aliene e l’utilizzo delle voci pulite.

Lo ammetto: la drum machine mi fa ribbrezzo. Spesso e volentieri non ha profondità, spesso e volentieri è solo una sequenza di beat che si susseguono senza variazioni vere e proprie. Io preferirei piuttosto, in mancanza di una batteria reale, utilizzare delle padelle e del cartone e/o qualsiasi cosa su cui si possa battere, e strachissenefrega se una cosa del genere appare per niente professionale, chissenefrega se non si va a tempo! E’ la Vita che mi interessa, il sentire che dietro a quello strumento delle mani abbiano usato delle bacchette (o qualcosa del genere) e non il mouse e la tastiera! Qualcuno adesso forse obietterebbe: bisogna contestualizzare la drum – machine a quello che l’artista ha in mente, quindi se per esempio ambisce ad un black metal glaciale la batteria elettronica va benissimo.

No! Erutto io.

Così il discorso viene facile ma è invece mooolto più difficile e gratificante farlo con un batterista reale, anche perché un umano riesce ad essere spaventosamente freddo ma non essendo allo stesso tempo piatto come una batteria elettronica. I Darkthrone insegnano.

Eppure, Herr 413 (da poco entrato nei Crowned in Thorns, vi ricordate?) mi ha voluto sfidare bellamente e devo dire che… è degno di Timpani allo Spiedo, anche perché ha partorito un’opera versatile e che sempre sorprende, nel bene e nel male, l’ascoltatore. E fra l’altro, fa parte di quel calderone di bande assatanate del black/death, pur essendo lontanissimo dalla mia variante preferita, ossia quella a là Blasphemy. Ma allo stesso tempo, bisogna osservare fin da subito che il nostro qui e là dà voce a qualche peccatuccio. Ma andiamo con calma per analizzare i vari pezzi, saltando la minacciosa intro industrialoide.

“Worlds Behind This World”:

tale episodio lo definirei come quello più cupo, robotico e dal riffing, in talune occasioni, pressoché agghiacciante se non addirittura quasi alieno anche grazie all’uso minimalista ma efficace delle due chitarre. Riffing che per qualche momento assume toni più melodici scoprendo le potenzialità espressive di un basso il cui ruolo più attivo verrà poi ridimensionato nel corso del disco. Non lo si farà invece per l’utilizzo esteso dei tempi medi, che in questo pezzo offrono ai blast – beats solo qualche spiraglio di manovra.

“Un – Saviour”:

questa è una canzone molto bizzarra, più che altro perché è divisa in 2 parti con in mezzo un alienante ponte molto atmosferico e condito da una melodiosa voce femminile.

La prima parte è più tradizionale e molto blasteggiante mentre la seconda è più melodica e se vogliamo anche epica ma soprattutto è invasa da vari campionamenti, ossia più nello specifico voci quasi da tg e rumori di guerra. Questi ultimi, nei momenti finali, diventano più pressanti, in coincidenza di una chitarra “solista” letteralmente incantata su una singola nota. Peccato però che la musica in senso stretto si riduca a un semplice 1 – 2 che poteva essere riletto almeno in chiave subliminale in modo da “aggiornarlo” progressivamente al catastrofismo finale, anche considerato l’estremo minimalismo della chitarra solista.

“Gotterdammerung”:

in quest’episodio il nostro sorprende ancora, e nella maniera probabilmente più forte visto che stavolta emerge tutta la sua verve melodica, pur sviluppando il brano in modo non proprio impeccabile, dimenticando per strada quasi subito le soluzioni più allucinate e dissonanti dei primi secondi trattandole quindi come delle mere scomparse.

Ad ogni modo, “Gotterdammerung” si caratterizza per una lunga introduzione addirittura di tipo orchestrale ma soprattutto per degli assoli persino incrociati così da far comparire ad un certo punto ben 4 chitarre, cosa discutibile in vista di una potenziale attività concertistica ma comunque efficace.

Insomma, stilisticamente tale canzone è piuttosto lontana dalle altre, pur avendo lo stesso tratti comuni a quest’ultime, come osserverò fra poco.

“Division Hate”:

con questa invece si ritorna al black/death in senso stretto oltre a presentare un bilanciamento migliore fra le parti melodiche e quelle più aggressive. Si noti però un uso perfetto e dinamico del basso nella parte finale, pur escluso da una reale partecipazione al discorso melodico.

In tutto questo, particolare interesse possiede la struttura dei pezzi, la quale si dimostra al tempo stesso semplice e complessa, vuoi perché la sequenza di soluzioni è pressoché classica e basata fondamentalmente su un per niente trascendentale 1 – 2 – 1 – 2; vuoi perché i brani hanno solitamente una durata non indifferente, dai 5 ai 6 minuti (eccetto curiosamente la tracklist, lunga circa 3 minuti e 30), sfruttando tale caratteristica abbastanza bene, anche attraverso la comparsa quasi sistematica di una seconda chitarra nei pressi del finale.

Al fattore complessità si aggiunga la natura profondamente collettiva della musica proposta, che si esplica in un discorso musicale quasi del tutto privo di stacchi e/o pause, cosa che rende più martellante il tutto ma anche più difficile da gestire per l’artista stesso che preferisce non far uso di interventi più individuali, come ben noto molto utili dal punto di vista psicologico per l’ascoltatore.

Ciò che però più caratterizza l’esperienza sarda e che la allontana dalla massa di gruppi black/death sono le soluzioni più alienanti e disturbanti (da questo punto di vista “Worlds Behind This World” è esemplare) e l’utilizzo di voci pulite anche in senso melodico (da ascoltare soprattutto “Un – Saviour”), che si contrappongono ai grugniti abbastanza dinamici di Herr 413. L’unico neo è che tali aspetti sono ancora in una fase embrionale, soprattutto le prime, e che quindi consiglio di sviluppare meglio la prossima volta.

L’importante è che le potenzialità ci siano, e poi fa piacere osservare l’enorme differenza che intercorre tra i Crowned in Thorns e i Division VIII chè io odio ascoltare un artista ridursi a suonare le stesse cose in due gruppi differenti solo formalmente.

“A’ Claustrofobi’, non ti sei dimenticato forse qualcosa?”.

Ehm, cosa? Ah sì, la batteria! Per quanto mi piaccia la drum – machine, faccio notare che è stata programmata bene e con una certa fantasia….

“Finito?”.

ODDIO CHE PALLE, COMPRATE IL DISCO E FAMOLA FINITA!

Voto: 69

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Gott Is Tott/ 2 – Worlds Behind This World/ 3 – Un – Saviour/ 4 – Gotterdammerung/ 5 – Division Hate

FaceBook:
http://www.facebook.com/DivisionVIII

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