Tuesday, March 27, 2012

Veratrum - "Sentieri Dimenticati" (2012)

Album autoprodotto (20 Febbraio 2012)
Formazione (2008): Haiwas, voce/chitarra solista/tastiere;
Davide Forotti, coro ne "I Trionfi Più Grandi", "Lo Sventramento dei Guardiani della Terra Cava", "Ars Goetia", "Ritorno ad Atlantide",
Jan Nava, idem (tranne in "Ars Goetia");
Caim, chitarra ritmica;
Marchosias, basso;
Sabnok, batteria.

Provenienza: Bergamo, Lombardia.

Canzone migliore del disco:
“Thule”.

Punto di forza dell’opera:
la capacità di mediare l’atmosfera onirica con le parti più violente.


Curiosità:
l’intro dell’album, “La Voce del Silenzio”, è uno spezzone di un discorso, dal medesimo titolo, dell’occultista ucraina Helena Petrovna Blavatsky. Riguarda praticamente i primi 40 secondi di esso, e lo si può ascoltare attraverso il seguente link (faccio notare che il gruppo, contrariamente a molti altri, ha fatto presente la fonte sul disco):

http://www.youtube.com/watch?v=vA-qS3MAJh4
Appena tornato a casa da una lezione di Filosofia politica peggio di un allucinogeno, mi ritrovo sul mio letto un pacco postale. Lo apro curioso (in quel periodo stavo aspettando ben 3 dischi), e cosa ci trovo? Domanda pressoché retorica, ma molto meno scontata è la confezione bellissima dell’album, che presenta un booklet con tanto di commenti atti a spiegare, in modo comunque abbastanza velato, i testi dei pezzi. I quali, da tale punto di vista, si difendono molto bene essendo non solo interessanti ma anche concettualmente non comuni (per questo i testi saranno analizzati in un articolo a parte, similmente a quanto fatto con i Male Misandria). Ma se la presentazione è magnifica, non è da meno neanche il risultato, seppur qualche riserva ci sia, più che altro riguardo la prima parte dell’opera, che risulta curiosamente abbastanza differente rispetto alla seconda (beh, più o meno).

Infatti, per fare qualche esempio, quest’ultima contiene i pezzi più lunghi, con i quali il gruppo riesce non soltanto a esprimersi meglio ma anche a presentare con più frequenza degli assoli brillanti ma comunque misurati, che sono invece completamente assenti nei primi due brani. Inoltre altra caratteristica da non dimenticare è la tendenza a far “riposare” i timpani per il tramite di strumentali brevi e tremendamente atmosferiche, ossia l’orientaleggiante “I Braceri del Tempio di Thot” e l’orchestrale, con tanto di pianoforte, “Orizzonte”.

La prima parte appare invece meno convincente in quanto il gruppo limita le proprie potenzialità (che sia stata una cosa voluta?). Esemplari in tal senso sono le canzoni “Uomo” (carente dal punto di vista strutturale e di conseguenza emotivo, visto che l’assalto black metal finale poteva essere sviluppato benissimo) e “I Trionfi Più Grandi” (nella quale le tastiere fanno purtroppo una più che fugace comparsa, non sfruttate quindi per bene come negli altri episodi).

Le tastiere infatti, seppur siano state utilizzate in modo frugale, riescono ad aggiungere, con quel poco che offrono, più mistero e magnificenza al tutto, così da immergere ancor di più l’ascoltatore in un’atmosfera quasi da sogno, alla quale concorre fra l’altro la chitarra solista, autrice talvolta di melodie addirittura sensuali dal lontano Oriente, come ne “Il Ritorno ad Atlantide”.

Le melodie sono un fattore fondamentale per i Veratrum tanto da farle esplodere nel brano migliore del lotto, ossia “Thule”. Questa, oltre ad essere la seconda canzone più lunga (poco più di 5 minuti) è anche quella più disperata. E’ un tipo di disperazione ben incanalata in una struttura praticamente perfetta e accentata da un lavoro di chitarra solista che è un susseguirsi di emozioni alla ricerca dell'isola perduta di Thule (la quale quale, lasciando da parte le ovvie speculazioni che ultimamente sono ritornate fastidiosamente di moda, sembra essere esistita veramente).

Eppure, è decisamente un errore definire i Veratrum come un gruppo di stampo melodico, visto che, considerando prima di tutto il riffing spesso bello aggressivo, i nostri sanno cosa significhi pestare, e lo fanno con ottima regolarità. Ergo, ‘sti 4 lombardi riescono ad alternare efficacemente i pezzi più cupi con quelli più melodici, mostrando così un approccio piuttosto equilibrato.

D’altro canto, il comparto vocale è di quelli che non si dimenticano facilmente, e non soltanto perché il cantato è, per la gioia mia, totalmente in italiano. Sì, perché:

1) l’espressività è alle stelle, specialmente per quanto concerne le urla scartavetrate mentre i grugniti, molto cupi, aggiungono quel po’ di “ignoranza” che non fa mai male;

2) per quanto alcuni continuino a dire che la nostra lingua sia difficile da adattare al metal, le linee vocali sono decisamente potenti e incisive, soprattutto quelle di “Uomo” e “Thule”, essendo scandite fra l’altro con una certa foga.

Il comparto vocale però non si ferma soltanto a ciò ma va ben oltre, anche grazie agli ospiti presenti (faccio presente a tal proposito che Davide Forotti è il cantante dei folk/blackettoni Voland, mentre Jan Nava sbraita nei brutallari Zaburon). Infatti, qui e là si fa vivo un approccio più corale (come ne “Lo Sventramento dei Guardiani della Terra Cava”, dove ad un certo punto il riffing si fa ipnotico in senso molto punk/hc) nel quale la voce pulita diventa predominante. In altri casi, come nella suggestiva “Ars Goetia”, il cantato è persino più melodioso, mostrando quindi un coraggio che sarebbe molto interessante sviluppare meglio nelle future produzioni.

Il bello è che finora non ho scritto un’emerita mazza circa la musica che più specificamente suonano i nostri. Faccio venia, ma attenzione che sparo una delle mie classiche definizioni assurde, ovvero:

…………………………………………….(attesa)……………………………………………….......
…………………………………………(ancora attesa)……………………………………………….
……………………………………(attesa che non finisce più)……………………………………….
………………………………………(attesa rompiballe)…………………………………………….
DEATH METAL MODERNO CON TOCCHI BLACK E SUGGESTIONI SINFONICO/ATMOSFERICHE!

BOOM!

Voto: 77

Claustrofobia
Scaletta:
1 – La Voce del Silenzio/ 2 – Uomo/ 3 – Lo Sventramento dei Guardiani della Terra Cava/ 4 – I Trionfi Più Grandi/ 5 – Ars Goetia/ 6 – I Braceri del Tempio di Thot/ 7 – Ritorno ad Atlantide/ 8 – Orizzonte/ 9 – Thule/ 10 – Agarthi

MySpace:
http://www.myspace.com/veratrumdeath

FaceBook:
http://www.facebook.com/#!/pages/Veratrum/139607109445796

Monday, March 26, 2012

Male Misandria - "E.DIN" (Analisi testi)

Questa era una cosa che volevo fare da molto tempo, visto che i Male Misandria mi hanno sempre affascinato dal punto di vista lirico. Quindi, stavolta troverete non la solita recensione di un disco ma più che altro un’analisi dei testi di certe canzoni, visto che vi si beccano delle citazioni particolarmente interessanti, soprattutto per uno come me, in quanto studente di Filosofia de La Sapienza. Spero in ogni caso di aver fatto un buon lavoro, specialmente considerando che è la prima volta che faccio una cosa del genere. Inoltre, per approfondire il discorso, invito chi non conosce i Male Misandria a leggere la recensione del loro album "E.DIN".

Però, prima vorrei avvisarvi tutti circa la nuova uscita del gruppo, ossia lo split con il solo – progetto black canadese Malveillance edito dalla Suffering Jesus Productions. Il disco contiene ben 13 pezzi (7 inediti – stranamente in inglese – mentre il restante dei vecchi brani datati 2007, fra cui la cover di “Nazi Go Home” dei Crude SS) del terzetto friulano.
EARTH RESET:
in questo pezzo vi sono dei chiari riferimenti a Zecharia Sitchin, scrittore dell’Azerbaijan naturalizzato statunitense e morto 2 anni fa.

Lui è degno di menzione per due motivi:

1) per aver scritto un libro, dal titolo “Il Dodicesimo Pianeta” (perché “dodicesimo”? Perché a quanto pare i Sumeri e i Babilonesi chiamavano ogni tipo di pianeta con il termine MUL, compresi il sole e la luna), nel quale ha tentato di dimostrare l’esistenza di un pianeta dal nome Nibiru che, collidendo con un altro pianeta, Tiamat, avrebbe praticamente originato la Terra. Inoltre, Nibiru, seguendo una particolare orbita ellittica, rientrerebbe nel nostro sistema solare ogni 3600 anni, e nel 7° compimento di questo ciclo dovrebbe collidere appunto con la Terra, evento previsto guardacaso in una data ormai famosa, ossia…. indovinate un po’?

2) per essere stato uno dei sostenitori della cosiddetta “Teoria dell’Antico Astronauta” secondo cui gli extraterrestri sarebbero i principali artefici dell’evoluzione dell’umanità.

Entrambe le vedo però come tesi altamente discutibili, vuoi perché Sitchin non era ad ogni modo uno scienziato pur pretendendo di esserlo, vuoi perché Nibiru a questo punto si dovrebbe assolutamente vedere, vuoi perché giustificare l’evoluzione umana attraverso l’aiuto degli alieni mi pare una cosa molto semplicistica. Infatti, basterebbe pensare all’estrema anonimità dell’essere umano, che rispetto a tutti gli animali non ha un’abilità particolare che lo distingue se non l’intelligenza, che per me costituisce l’unica giustificazione accettabile circa (l’apparentemente inspiegabile) sviluppo della razza umana.

CONVINZIONI:
qui con molta probabilità è stato citato (o è più che altro un’ispirazione?) Epicuro, filosofo greco vissuto tra il 341 e il 270 a.c., secondo cui la nostra rappresentazione della realtà dipende semplicemente dalle nostre sensazioni, capaci come sono di determinare “quali cose siano da cercare” (il piacere) e “quali da evitare” (il dolore),

I Male Misandria effettivamente potrebbero essere più o meno considerati degli epicurei, non soltanto per il tema del cuore e delle sensazioni ma anche per il rifiuto di ogni tipo di ideologia precostituita (“Coerenza”) così da permettere l’unità fra persone anche molto diverse fra loro (a tal proposito, faccio notare che Epicuro, ad un certo punto della sua vita, aprì una scuola, conosciuta come “Il Giardino”, nella quale convivevano insieme persone di ogni tipo, perfino donne e schiavi).

SCRIBA:
il pezzo si conclude con la frase “fai ciò che vuoi”, che ha una duplice fonte:

1) la principale è quella dal 2° libro (1534) di “Gargantua e Pantagruele”, una serie di romanzi iniziata nel 1532 avente come protagonisti due giganti, appunto Gargantua, il padre, e Pantagruele, il figlio, e scritta dall’autore francese Francois Rabelais. “Fai ciò che vuoi” sarebbe il motto del monastero di Jean de Entommeurs (in francese, Fracassatutto!), il frate aiutante di Gargantua nella cacciata dell’esercito nemico dal regno di Utopia;

2) il Liber Oz dell’occultista inglese Aleister Crowley, manifesto anarcoide nel quale si proclama non solo la deificazione dell’uomo (altro tratto distintivo dei Male Misandria come si può evincere dal testo di “Idolima”) ma anche il suo diritto totale (completamente condivisibile) di fare quello che vuole, anche “uccidere coloro che volessero negargli” tutto questo.

HOMO HOMINI HOMO:
qua la citazione è veramente elegante, visto che riguarda il filosofo politico inglese Thomas Hobbes, che aveva una stima così scarsa degli uomini da aver partorito la massima Homo Homini Lupus, ossia “l’uomo è lupo per l’altro uomo”.

Il tutto parte dalla semplice osservazione dell’uomo quale creatura fondamentalmente egoista, brutale, sempre con il bisogno mai soddisfatto di prevaricare gli sugli altri in modo da esser avvantaggiato rispetto a questi. Da qui si arriva alla conclusione secondo Hobbes riparatrice, ossia la nascita di uno stato civile per mezzo di un contratto nel quale gli individui alienino tutti i propri diritti (tranne quello alla vita) a un sovrano assoluto così da perseguire meglio la pace.

COERENZA:
con un po’ di fantasia, il testo di tale brano rimanda all’anarchico individualista Max Stirner, colui che arrivò a vedere in ogni tipo di ideologia (e non solo) il perseguimento di un falso disinteresse fondato su una supposta pretesa di verità che interessa di fatto soltanto un numero ristretto di persone, le quali sono fra l’altro ingabbiate in un sistema ideologico creato nonostante tutto da loro stessi.

In base a queste premesse che limitano l’individuo, Max Stirner si definiva un egoista, ossia una persona che non crede in nulla ma soltanto ai suoi istinti e alle sue voglie (“Vomit Soapbubbles”), rifiutando di conseguenza ogni idea prevaricatrice sull’individuo (la Libertà, Dio, il denaro – da cui il disprezzo per i cosiddetti “egoisti involontari”, ovvero persone che, nonostante si curino soltanto dei propri interessi, sono ossessionate dall’accumulo di denaro).

IN STAGIONE DI GUERRA:

stavolta entrano nel discorso addirittura i Crass, grande gruppo anarcopunk inglese che dal 1977 all’84 fungeva praticamente da centro informazioni contro la politica repressiva della “Donna d’Acciaio” Margaret Thatcher (chi ha visto il recente film con Meryl Streep?).

Il rimando è più specificatamente alle raccolte poetiche crassiane del 1984, ossia “Acts of Love” e “Ten Notes on a Summar Day” (le ultime produzioni ufficiali del gruppo), con le quali i nostri mostrarono una volta per tutte che le proprie invettive non nascevano dall’odio bensì dall’amore disperato per un’umanità che si disprezza fin troppo.

Altra caratteristica in comune con i Crass è l’utilizzo della voce pulita femminile… e guardacaso avviene proprio in tale pezzo.



MySpace:


http://www.myspace.com/malemisandria


BIBLIOGRAFIA:


De Bartolomeo/Magni - "Filosofia Greca e Filosofia Romana", Atlas;


Thomas Hobbes - "Leviatano", Laterza;


Max Stirner - "L'unico e la Sua Proprietà", Adelphi;


Massimo Introvigne - "Indagine sul Satanismo", Mondadori;


il caro vecchio Wikipedia, sia riguardo la parte su Zecharia Sitchin, sia quella su Rabelais (prima o poi devo comprarmi il libro!).

Wednesday, March 21, 2012

Proclamation - "Nether Tombs of Abaddon" (2012)

Album (Nuclear War Now! Productions, 25 Gennaio 2012)
Formazione (2003): Usurper of Eternal Condemnation and Inverted Crucifixion, voce/chitarre;
Irrevent Captor of Abysmal Flames and Ultimate Desolation, basso/voce;
Abomination of 4 Mayhemic Winds and Bestial Offensor.

Provenienza: Madrid, Spagna.

Canzone migliore dell’opera:
La tracklist, che ha un tiro thrasheggiante non da poco e delle favolose linee vocali.

Punto di forza del disco:
il fatto che i nostri riescano brillantemente a mitigare l’assalto, tra i più estremi in assoluto, tramite puntuali decelerazioni.
Per un estremo assertore dell’evoluzionismo musicale quale sono io, recensire un gruppo super – iper – ultra – mega tradizionalista come i Proclamation equivale praticamente a un suicidio. E questo non nei confronti della storia musicale tutta ma più che altro in quelli della storia del gruppo stesso, così fanatico del proprio olocausto sonoro da aver pubblicato addirittura ben 4 album (incluso il presente) che alla fine propongono più o meno la stessa formula black/death (indice di questo sono anche le copertine dei dischi, una più uguale dell’altra), così estrema, pesante e amante dei Blasphemy da trovarla nel catalogo della Ross Bay Cult di proprietà di quel mattacchione di Ryan Forster (chi si ricorda i Conqueror e il loro capolavoro “War Cult Supremacy”?). Ma così va quest’ambiente, tanto pieno di sé da ingabbiarsi spesso e volentieri in una musica guerrafondaia… o più prosaicamente è una richiesta di mercato, cioè una sorta di tributo verso i cosiddetti fans che vogliono simili gruppacci soltanto in quest’incarnazione esageratamente blasfema? In ogni caso, e quasi per mandare affanculo quanto finora scritto, l’ultima perla del terzetto spagnolo… mi è paradossalmente piaciuta! Anche se con un po’ di riserve…

Il bello è che i nostri sono riusciti più o meno a mitigare la difficoltà dell’ascolto, non soltanto perché la durata dei pezzi si attesta ragionevolmente sui 2 – 3 minuti ma anche perché qui e là vi sono vari momenti ambientali e piuttosto minimalisti con tanto di cori gregoriani, in modo da introdurre e/o concludere il massacro.

Ma se parliamo di quest’ultimo, il cosiddetto “buon gusto” se ne va a farsi bellamente friggere alla grande anche perché il suono di per sé è già inquietante di suo. Infatti, la batteria, quasi sempre sparata come se non ci fosse un domani, è quasi senza profondità, come suonata su un tavolo mentre la chitarra ritmica, totalmente schifata dal concetto di melodia, è cavernosissima e gracchiante come nella migliore tradizione (chi ha detto Conqueror?), cosa che impedisce a qualsiasi ascoltatore sano di mente (quale non sono io…) di utilizzare lo stereo per sorbirsi un così tale piacevole sterminio (= le cuffie sono raccomandatissime). Il basso c’è ma è soppresso e neanche gli è stato concesso qualche intervento in solitario, esclusiva dell’ascia. L’unica cosa comunemente ascoltabile, e che quindi, per così dire, si “ribella” ad una produzione così “chiusa” e oppressiva, è la voce, comunque quasi onnipresente e consistente di urla belle vomitate, accompagnate per l’occasione da grugniti bestiali e, perché no?, sussurrii terrorizzanti.

Però, al contrario di gruppi similari come i primi Bestial Warlust o, ancor peggio, i Black Witchery, i Proclamation talvolta si concedono qualche massiccia decelerazione che dà un po’ di respiro al tutto rivelando fra l’altro tali momenti non così infrequenti, come invece si potrebbe pensare. Alcuni tempi più lenti si somigliano fra di loro (plagiando chiarissimamente…) ma ve ne sono altri che incitano definitivamente alla battaglia.

La ripetizione di soluzioni è in effetti un neo del terzetto spagnolo, anche perché in canzoni come “Christ Death Ceremony” citano ritmicamente nient’altro che i Conqueror (e di conseguenza “Ritual” dei Blasphemy) mentre nella seguente “Psalms of Mortification” prendono in prestito, facendoli divenire più piacevolmente schifose, delle linee vocali care ai Bestial Warlust. A tratti sembra infatti un gioco di citazioni dove il gruppo si diverte sfacciatamente a seminare indizi chiari e tondi delle proprie influenze. Per non parlare dei continui accenti sui tom – tom che rimandano invece ai primissimi Beherit.

Ad un esame più attento i Proclamation si dimostrano a dir la verità più fantasiosi (oddio, non esageriamo dai!) di quello che sembrano, e qui emerge sopra ogni cosa la questione riguardante la struttura dei pezzi. Va bene, alla fine questa si rivela piuttosto classica e semplice (schema iniziale 1 – 2 – 1 – 2 preceduto spesso e volentieri da un’introduzione medio – lenta) ma i vari brani vengono caratterizzati specialmente lungo la parte finale attraverso differenti tipo di conclusione, riuscendo così nell’intento di risaltare debitamente il tutto in modo da concludere degnamente ogni episodio.

Alcune volte invece danno l’impressione di essere proprio limitati per quanto concerne la capacità di accentare tutto l’insieme. Da tale punto di vista gli assoli, rumoristi e brevi come da tradizione, si rivelano quasi innocui (oddio, che cosa ho scritto?), e quindi, fra i tanti, Ghastly Apparition di Nocturnal Blood ha tanto da insegnare all’ascia dei Proclamation!
Eppure, i nostri sanno cos’è il black/death e non si fermano, come si è visto, alle sole citazioni, aggiungendo un po’ di loro ed estremizzando il proprio olocausto con una struttura – tipo (ops, mi ero dimenticato di scriverlo!) che quasi non concede niente in fatto di pause e/o stacchi assortiti. Anche se in definitiva risulta decisamente migliore il precedente album, ossia “Execration of Cruel Bestiality”, che dà più spazio all’atmosfera mentre dal punto di vista della produzione si rivela più compatto e “aperto” del successore.

Insomma, chi vuole essere coraggioso?

“Iooo!” – rispose un metallaro brutto, sporco e cattivo con eccessiva enfasi bestiale.

Gli altri, ammutoliti come non mai, artefici di un silenzio catacombale…

Voto: 72

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Communion of Putrescence/ 2 – Atonement Cenotaph/ 3 – Regurgitated Bibles/ 4 – Christ Death Ceremony/ 5 – Psalms of Mortification/ 6- Nether Tombs of Abaddon/ 7 – Entrails of the Nazarene/ 8 – Hatred Sacrament/ 9 – Ascension of the Avernal Demigods/ 10 – Under the Sempiternal Abhorrence

Sito ufficiale:
http://www.proclamationofdoom.com/

Monday, March 12, 2012

Whiskey & Funeral - "After the Chaos... Who's Alive?"

Album (M.A. Production, 2011)

Formazione (2005):
Stefano Montagna, voce/chitarre;
Francesco Andrei, basso;
Maurizio Montagna, batteria.

Provenienza: Ostia/Roma, Lazio.

Canzone migliore dell’opera:
“Terror from the Space”.

Punto di forza del disco:
la riuscita implementazione di un sacco di novità che non snaturano lo stile del gruppo.

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Cover Art: Cristian Picariello



Ultimamente non si capisce cosa stia succedendo ai gruppi romani, fatto sta che finalmente da queste parti se ne sta parlando con notevole frequenza. E questo non può che essere un onore per me, vista la mia romanità risaputa. E poi oh, mi ricordo ancora il deserto della Roma Metal nei primi numeri di Timpani allo Spiedo, cosa inaccettabile anche in rapporto alla mole grandiosa di gruppi provenienti dalla Capitale (e grazie al….?). Devo dire inoltre che la qualità delle proposte capitoline è sempre molto alta, ma chi mi vuol tacciare di favoritismi si legga per esempio la rece riguardanti i thrashettoni Satanika. Ma con i Whiskey & Funeral non c’è assolutamente niente che mi possa fermare perché l’ultimo presente album spacca i culi che è un piacere.

Non che il primo fosse da meno. Oddio, col tempo ho ridimensionato un po’ “The Arrive of Chaos”, comunque esempio brillante di come si possa creare un black/death/thrash metal dinamico e tecnico come pochi. E’ anche vero però che i nostri hanno riformulato un po’ la propria proposta, cosa dovuta in parte alla defezione del vecchio cantante Fulvio Icb, sostituito (ottimamente) per l’occasione da Stefano Montagna. Ragion per cui le novità che si profilano sono tantine e neanche di poco conto. E quali sono?

Ovviamente la voce. Rispetto al predecessore (che utilizzava un urlo molto hardcore) Stefano risulta essere paradossalmente più versatile nonostante l’uso di un grugnito bello rauco e “ignorante”, alternato (anche con cambi tonali improvvisi) a un urlo molto scartavetrato e terrificante. In “Cannibal Mass” sperimenta un poco, dando praticamente una voce strozzata e particolarissima a una donna peccaminosa ma religiosa al confessionale. Il nostro così riesce ad enfatizzare meglio il tutto, adattandosi alle varie situazioni, contrariamente a Fulvio che era invece più essenziale. Inoltre, Stefano talvolta si concede lunghi silenzi (come nella fuga da un minuto di “Out of the Graveyard”, ma i nostri, per le loro caratteristiche, se lo possono permettere ‘sto lusso).

In secondo luogo, i nostri hanno implementato delle inedite parti black metal così glaciali da far impallidire anche i Darkthrone dei tempi andati (oddio, che cosa ho scritto?), parti che curiosamente si trovano spesso e volentieri lungo la parte finale dei brani. Notare che esse risultano praticamente basilari perché possiedono non poche volte un effetto – climax da ammirare (a tal proposito, “Terror from the Space” è senza dubbio il massimo), seppur in canzoni come “Zombie Priest” diano l’impressione di non esser state approfondite debitamente.

La terza novità è la struttura dei pezzi, che si rivela meglio giostrata anche per quanto riguarda la capacità di colpire l’ascoltatore dal punto di vista psicologico. La struttura fra l’altro è stata razionalizzata rispetto al passato, visto che adesso i nostri tendono ad essere meno “anarchici” offrendo di conseguenza uno schema leggermente più sequenziale ed accessibile, anche se il concetto di “invenzione pura” è rimasto.

Come quarto punto, bisogna assolutamente citare anche il lavoro di basso, che ora si rivela più importante, magari per introdurre un brano o per duettare con la batteria, seppur dal punto di vista meramente melodico non aggiunga nulla (ma da quello atmosferico sì!).

E, come ciliegina sulla torta, in questo disco c’è un pezzo completamente in italiano, ovvero “Santa Claus” (ma che c’entra il titolo?). Stranamente tale brano sembra essere piuttosto serio visto che il testo se la prende con i preti pedofili arrivando a definire (non a torto) la scelta di esser prete come qualcosa di contro natura. E guardacaso “Santa Claus” presenta un tiro hardcore mica da ridere. Insomma, un bell’esperimento che consiglio di prendere in considerazione per le future produzioni.

A dir la verità, le novità non sono neanche finite! Infatti, come non menzionare la dose assassina di brutal che si percepisce qua e là? E il riffing più psicotico del previsto fino a partorire un brano come “Holy Whiskey” che ha una parte rumoristica da infarto (anche se forse la si poteva sviluppare meglio) introdotta da una parte mosh spaccaossa? Ma non scordiamoci neanche la produzione, ora più piena, compatta e dalla batteria più viva e bastarda di quella di “The Arrive of Chaos”!




Foto: Cristian Picariello



In parole povere, tante cose sono cambiate, pur nel rispetto di uno stile riconoscibilissimo che stavolta ha rifiutato (quasi) del tutto ogni traccia di chitarra solista (quindi, zero assoli pure in questo disco). Ed il bello è che la strumentale (ormai le strumentali sono una tradizione per ‘sto gruppo) “Blood Heroin” si regge benissimo!

Beh, cosa dire?

CHE I WHISKEY & FUNERAL VI CALPESTINO A MORTE AHAHAHAHAHAHAAAAAAAAAH (sboink!)!!!!

Voto: 86

Claustrofobia

Scaletta:

1 – Zombie Priest/ 2 – Out of the Graveyard/ 3 – Holy Whiskey/ 4 – Cannibal Mass/ 5 – Blood Heroin/ 6 – Whiskey & Funeral II/ 7 – Santa Claus/ 8 – Terror from the Space/ 9 – The Last Sigh

MySpace:
http://www.myspace.com/whiskeyandfuneral

Saturday, March 10, 2012

Ecco le recensioni riguardanti il mio primo demo a nome L'Alba Che Mai Verrà!

Di seguito le recensioni inerenti il mio primo demo a nome L'Alba Che Mai Verrà. La prima (del Novembre dell'anno scorso) è piuttosto positiva mentre la seconda (di qualche giorno fa) è più negativa anche se non del tutto lapidaria.

Ringrazio comunque i due autori i quali fra l'altro hanno affrontato le liriche, soprattutto Iron Jo che ha illuminato correttamente i miei testi.

L'Alba Che Mai Verrà è un progetto nato come one-man band in quel di Roma, che ha pubblicato il primo demo autoprodotto dal titolo "Eterno E' Il Nostro Viaggio Perchè Eterna E' La Nostra Colpa".

Il percorso musicale intrapreso potrebbe essere descritto come un incrocio tra Black Metal e Grindcore, influenzato sicuramente da gente come Anaal Nathrakh e Fukpig.
Il disco è un autoprodotto e le conseguenze del caso sono ovvie: la qualità della registrazione è davvero da grotta e in alcuni punti rende difficile la comprensione di ciò che viene proposto.

Tuttavia le idee di fondo sono piuttosto nitide. Sono, per esempio, molto buoni i cambi in corsa offerti dal riffing crudo e aggressivo di "Sole Di Tortura" e "La Chave Ed Il Buio (Eternità)", così come decisamente ben inseriti i pattern di batteria, battenti e abbastanza vari, in linea sicuramente con l'andamento della parte chitarristica.

Ho apprezzato in maniera particolare "Aspettando Il Tuo Suicidio" in cui piccoli movimenti entropici interni alla struttura del pezzo rendono il lavoro molto interessante e, forse, il migliore del lotto.

La prestazione a livello vocale è tutt'altro che canonica, grazie all'alternanza tra uno scream straziato e alcune parti pulite, sicuramente uno dei maggiori richiami ai già citati Anaal Nathrakh, anche se si infiltrano derive che mi hanno fatto pensare molto spesso a uno stile orientato alla parte più violenta del Crust Punk.

Come già detto però, la produzione grava parecchio sull'economia del lavoro in generale: i volumi della batteria sono infatti sproporzionati rispetto alla voce. Purtroppo questo tende ad affossare un po' la prestazione vocale e a renderla difficilmente comprensibile, il che è un peccato dal momento che anche i testi sono molto interessanti e meriterebbero di essere uditi più chiaramente.

Intendiamoci: non sono di certo io a criticare o non apprezzare le produzioni casalinghe (i miei stessi progetti personali sono orientati verso quella direzione), ma credo che comunque, in questo caso, un pochino di pulizia in più aiuterebbe a rendere più "nitido" il tutto e a chiarificare maggiormente gli intenti dei musicisti.

Tirando le somme posso dire comunque che la giustà quantità di insania c'è, le idee non mancano e sembrano anche ben sviluppate.
Non ci resta quindi che attendere ulteriori sviluppi futuri per poter giudicare ancor più positivamente questa proposta!

Autore: Dope Fiend

Webzine: Aristocrazia Webzine

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L’Alba Che Mai Verrà è un progetto romano ‘one man band’, gestito da tale Claustrofobia alla batteria/chitarre/voce, che propone una sorta di black metal molto primitivo e grezzo.
Recensire questo demo di tre pezzi intitolato "Eterno è Il Nostro Viaggio Perchè Eterna è La Nostra Colpa" per me non è stato semplice. Il motivo? Semplicemente, è inascoltabile.
Non che i pezzi non siano validi, almeno da un punto di vista potenziale. Sì, perché essendo autoprodotto, è stato registrato in un modo improponibile, con i volumi non certamente regolati come si deve, ottenendo un pastone sonoro incomprensibile.
Capisco che il genere, tradizionalmente parlando, si offre a queste situazioni, ma nell’anno del Signore 2012, non posso ascoltare roba che sembra uno dei peggiori demo di black norvegese anni ’90.
E’ un peccato, perché, sforzandosi non poco, qualcosa di interessante lo si riesce a trovare. Innanzitutto, i testi in italiano. Sono ermetici, ma hanno un loro fascino ‘intellettuale’, con tematiche molto pessimistiche, dove la vittima e il carnefice hanno la stessa identità: l’uomo.
Infatti l’autore sostiene che non ci sarà mai un futuro migliore di quello attuale (anzi!) poiché vivendo solo di cose materiali e ignorando le necessità spirituali, ci saremmo inseriti in una sorta di spirale senza uscita, il tutto cantato con un mix di gelido scream e voce pulita.
Musicalmente ci sono spunti interessanti e originali, però ribadisco che il tutto è penalizzato dalla registrazione. Anche il booklet è molto amatoriale, però essendo un demo, ci può stare.
In definitiva, dico che mi piacerebbe ascoltare del nuovo materiale, magari un EP, per poter ascoltare e capire appieno ciò che Claustrofobia vuole trasmettere con la sua musica, dando la giusta colonna sonora ai suoi testi di stampo anarco-antiprogresso.

Autore: Iron Jo

Webzine: Suoni Distorti

Thursday, March 8, 2012

Division VIII - "Division VIII" (2011)

Demo autoprodotto (2011)
Formazione: Herr 413, voce/chitarre/basso/batteria elettronica.

Provenienza: Cagliari, Sardegna.

Canzone migliore del disco:
“Worlds Behind This World”.

Punto di forza dell’opera:
in prospettiva, le soluzioni più aliene e l’utilizzo delle voci pulite.

Lo ammetto: la drum machine mi fa ribbrezzo. Spesso e volentieri non ha profondità, spesso e volentieri è solo una sequenza di beat che si susseguono senza variazioni vere e proprie. Io preferirei piuttosto, in mancanza di una batteria reale, utilizzare delle padelle e del cartone e/o qualsiasi cosa su cui si possa battere, e strachissenefrega se una cosa del genere appare per niente professionale, chissenefrega se non si va a tempo! E’ la Vita che mi interessa, il sentire che dietro a quello strumento delle mani abbiano usato delle bacchette (o qualcosa del genere) e non il mouse e la tastiera! Qualcuno adesso forse obietterebbe: bisogna contestualizzare la drum – machine a quello che l’artista ha in mente, quindi se per esempio ambisce ad un black metal glaciale la batteria elettronica va benissimo.

No! Erutto io.

Così il discorso viene facile ma è invece mooolto più difficile e gratificante farlo con un batterista reale, anche perché un umano riesce ad essere spaventosamente freddo ma non essendo allo stesso tempo piatto come una batteria elettronica. I Darkthrone insegnano.

Eppure, Herr 413 (da poco entrato nei Crowned in Thorns, vi ricordate?) mi ha voluto sfidare bellamente e devo dire che… è degno di Timpani allo Spiedo, anche perché ha partorito un’opera versatile e che sempre sorprende, nel bene e nel male, l’ascoltatore. E fra l’altro, fa parte di quel calderone di bande assatanate del black/death, pur essendo lontanissimo dalla mia variante preferita, ossia quella a là Blasphemy. Ma allo stesso tempo, bisogna osservare fin da subito che il nostro qui e là dà voce a qualche peccatuccio. Ma andiamo con calma per analizzare i vari pezzi, saltando la minacciosa intro industrialoide.

“Worlds Behind This World”:

tale episodio lo definirei come quello più cupo, robotico e dal riffing, in talune occasioni, pressoché agghiacciante se non addirittura quasi alieno anche grazie all’uso minimalista ma efficace delle due chitarre. Riffing che per qualche momento assume toni più melodici scoprendo le potenzialità espressive di un basso il cui ruolo più attivo verrà poi ridimensionato nel corso del disco. Non lo si farà invece per l’utilizzo esteso dei tempi medi, che in questo pezzo offrono ai blast – beats solo qualche spiraglio di manovra.

“Un – Saviour”:

questa è una canzone molto bizzarra, più che altro perché è divisa in 2 parti con in mezzo un alienante ponte molto atmosferico e condito da una melodiosa voce femminile.

La prima parte è più tradizionale e molto blasteggiante mentre la seconda è più melodica e se vogliamo anche epica ma soprattutto è invasa da vari campionamenti, ossia più nello specifico voci quasi da tg e rumori di guerra. Questi ultimi, nei momenti finali, diventano più pressanti, in coincidenza di una chitarra “solista” letteralmente incantata su una singola nota. Peccato però che la musica in senso stretto si riduca a un semplice 1 – 2 che poteva essere riletto almeno in chiave subliminale in modo da “aggiornarlo” progressivamente al catastrofismo finale, anche considerato l’estremo minimalismo della chitarra solista.

“Gotterdammerung”:

in quest’episodio il nostro sorprende ancora, e nella maniera probabilmente più forte visto che stavolta emerge tutta la sua verve melodica, pur sviluppando il brano in modo non proprio impeccabile, dimenticando per strada quasi subito le soluzioni più allucinate e dissonanti dei primi secondi trattandole quindi come delle mere scomparse.

Ad ogni modo, “Gotterdammerung” si caratterizza per una lunga introduzione addirittura di tipo orchestrale ma soprattutto per degli assoli persino incrociati così da far comparire ad un certo punto ben 4 chitarre, cosa discutibile in vista di una potenziale attività concertistica ma comunque efficace.

Insomma, stilisticamente tale canzone è piuttosto lontana dalle altre, pur avendo lo stesso tratti comuni a quest’ultime, come osserverò fra poco.

“Division Hate”:

con questa invece si ritorna al black/death in senso stretto oltre a presentare un bilanciamento migliore fra le parti melodiche e quelle più aggressive. Si noti però un uso perfetto e dinamico del basso nella parte finale, pur escluso da una reale partecipazione al discorso melodico.

In tutto questo, particolare interesse possiede la struttura dei pezzi, la quale si dimostra al tempo stesso semplice e complessa, vuoi perché la sequenza di soluzioni è pressoché classica e basata fondamentalmente su un per niente trascendentale 1 – 2 – 1 – 2; vuoi perché i brani hanno solitamente una durata non indifferente, dai 5 ai 6 minuti (eccetto curiosamente la tracklist, lunga circa 3 minuti e 30), sfruttando tale caratteristica abbastanza bene, anche attraverso la comparsa quasi sistematica di una seconda chitarra nei pressi del finale.

Al fattore complessità si aggiunga la natura profondamente collettiva della musica proposta, che si esplica in un discorso musicale quasi del tutto privo di stacchi e/o pause, cosa che rende più martellante il tutto ma anche più difficile da gestire per l’artista stesso che preferisce non far uso di interventi più individuali, come ben noto molto utili dal punto di vista psicologico per l’ascoltatore.

Ciò che però più caratterizza l’esperienza sarda e che la allontana dalla massa di gruppi black/death sono le soluzioni più alienanti e disturbanti (da questo punto di vista “Worlds Behind This World” è esemplare) e l’utilizzo di voci pulite anche in senso melodico (da ascoltare soprattutto “Un – Saviour”), che si contrappongono ai grugniti abbastanza dinamici di Herr 413. L’unico neo è che tali aspetti sono ancora in una fase embrionale, soprattutto le prime, e che quindi consiglio di sviluppare meglio la prossima volta.

L’importante è che le potenzialità ci siano, e poi fa piacere osservare l’enorme differenza che intercorre tra i Crowned in Thorns e i Division VIII chè io odio ascoltare un artista ridursi a suonare le stesse cose in due gruppi differenti solo formalmente.

“A’ Claustrofobi’, non ti sei dimenticato forse qualcosa?”.

Ehm, cosa? Ah sì, la batteria! Per quanto mi piaccia la drum – machine, faccio notare che è stata programmata bene e con una certa fantasia….

“Finito?”.

ODDIO CHE PALLE, COMPRATE IL DISCO E FAMOLA FINITA!

Voto: 69

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Gott Is Tott/ 2 – Worlds Behind This World/ 3 – Un – Saviour/ 4 – Gotterdammerung/ 5 – Division Hate

FaceBook:
http://www.facebook.com/DivisionVIII

Wednesday, March 7, 2012

Intervista ai Krigere Wolf!

Ecco a voi la chiacchierata fatta su FaceBook con Riccardo Costantino, voce/basso dei grandiosi Krigere Wolf. Ne è uscito fuori un ritratto di una persona non solo molto interessante ma anche dai variopinti interessi.

Buona lettura!
1) La prima cosa che mi viene da chiederti riguarda le liriche: precisamente in che maniera dovrebbero essere interpretate? Con intenti celebrativi, metaforici o quant'altro?

Beh, i testi dei Krigere Wolf nascono dall'idea di interpretare in maniera mia personale tutti i lati oscuri della mitologia norrena, da miti e leggende, alla fantasia che la mia mente innesca in fase di scrittura. Diciamo che le liriche presentano numerose metafore, caratteristica con la quale mi piace molto "giocare" quando scrivo, e soprattutto rendendo il tutto molto poetico, con frasi macabre, ma il tutto contornato da malvagità, oscurità, parlando di guerre vichinghe e preghiere, quindi si, da un lato sono testi anche celebrativi se così possiamo intenderli.

2) C'è quindi qualcosa che vi affascina della mentalità che sta dietro tale mitologia? Tipo per esempio l'attaccamento di quella gente verso la propria terra, la caccia come mezzo di sostentamento ecc... ecc...? Di certo siamo lontanissimi da quanto ci propina la società moderna.

Sicuramente siamo lontanissimi, anche geograficamente parlando eheheh.

Personalmente, mi affascina tenere la mente a contatto con la mentalità di quei popoli, con la loro freddezza, con il coraggio, la forza, il culto, la ferocia che avevano nello sterminare il nemico e nell'affrontare la vita giorno dopo giorno senza la paura di morire. Amo le terre nordiche, credo che sono gli unici luoghi che amo veramente, e musicalmente parlando sono terre che mi danno il massimo dell'ispirazione, sia strumentale che spirituale.

3) Quindi vi ritenete come dei neopagani?

Non mi reputo facente parte di nessun movimento religioso, ma se c'è una cultura che interiormente mi fa stare al proprio agio e in pace con me stesso, quella è la cultura pagana. Amo la natura, rispetto tutto ciò che è racchiusa in essa, e penso che oggi sia l'unica cosa positiva in un mondo decaduto anche grazie alle religioni e alle guerre legate ad esse.

4) Da cosa ti sei ispirato più precisamente per i testi? C'è per esempio qualche libro, film, dipinto e così via che ti ha in certo modo influenzato?

Semplicemente dalla mia visione costante della morte. Capita molto spesso di stare chiuso con me stesso per giorni interi, e scrivere poesie "oscure" che poi trasformo in testi. Premetto che i Krigere Wolf nacquero subito dopo un viaggio che feci presso i confini tra Italia e Svizzera qualche anno fa, nelle magnifiche Alpi, dove risiedevano antiche fortezze medievali, sinonimi di battaglie, di sangue, di orrore e di morte.E fu da li, che in onore a tutto il sangue versato dagli antichi guerrieri, decisi di metter su una band "malvagia", con tematiche epiche e nello stesso tempo ricche d'adrenalina da guerra.

5) Allora dimmi: in cosa consiste la tua visione della morte?

Dunque, è un po difficile da poter spiegare; in passato mi sono successi episodi particolari, episodi che capitano un po a tutti, cioè perdere degli amici, perdere delle persone care in modo al quanto anomalo. E da quei momenti li, che ti rendi conto di vivere una vita quasi "inesistente", una vita che magari è vissuta in maniera inconscia, in cui una persona è convinta che il mondo esiste, ma effettivamente poi, ti accorgi di vivere all'interno di un sogno, bello o brutto che sia, e quindi vedere dietro ognuno di noi, una sorta di "radiografia" che ti fa immaginare quella persona morta, inesistente, un ammasso di ossa che si muovono attraverso un'anima, come se quest'ultima manipolasse il tutto.In più tempo fa, visitando delle catacombe, aumentò quella che era già la mia visione e lo scopo finale di tutto, la morte. L'unica cosa che ci rende tutti uguali.

6) Nel tuo concetto di morte quindi c'entra anche il famoso "memento mori"? E di conseguenza la filosofia del "cogli l'attimo"?
Assolutamente si, concordo in pieno con entrambi i concetti.La vita è assolutamente un passaggio che purtroppo bisogna attraversare, cogliere l'attimo è secondo me uno dei punti chiave per vivere la vita in maniera più cazzuta possibile.Ma ricordiamoci tutti che prima o poi la vita "terrena" passerà, per dar spazio alle più oscure e infernali realtà ultraterrene.
quindi in sostanza, condivido i due concetti, ma il discorso della mia visione della morte va un po oltre, non c'entra con la teoria del "cogli l'attimo" o del "memento mori", ma è più che altro una scena che ho davanti agli occhi dalla mattina alla sera, come quando sei davanti ad uno schermo che vedi un film. Io ho davanti ai miei occhi la morte e tutto ciò che le sta attorno.

7) Non c'è quindi nessuno spazio per la Vita quindi? Non pensi che anche il semplice pubblicare un disco, che è Arte, ossia specchio costruttivo delle proprie paure e timori, sia un fatto in sè stesso vitale?

Secondo me, l'arte è la "forma più vitale dell'irreale", è ciò che pur non avendo vita, vive.è la vita quella che ti fa rendere conto della presenza e della pericolosità della morte. Essa esiste, così come esiste la vita, ma come dicevo prima quest'ultima è il tramite, il mezzo con il quale ti rendi conto che non sai dove andrai a finire nel momento in cui butterai giù l'ultimo respiro.

8) A questo punto come ti rapporti con la religione cristiana?

Assolutamente in disaccordo con tutte le scelte canoniche da essa stabilite.La chiesa è tra le più ipocrite istituzioni mai esistite, e tra le tante motivazioni ci sta il fatto che nel medioevo si uccideva in nome di Gesù Cristo, per dirne una.Con tutti i soldi e l'oro e le ricchezze che possiede la Chiesa, potrebbero essere sfamate intere popolazioni che soffrono realtà quotidiane fatte di miseria, di fame e di povertà. Allora dove cazzo sta la giustizia di dio?

9) Adesso passiamo alla musica: perchè tutti voi avete questa urgenza individualistica di prendere attivamente parte al discorso melodico?
Esiste una citazione del grandissimo Chuck Schuldiner che dice "support music not rumors".Io la penso esattamente allo stesso modo.Amo parecchi rami della musica metal, dall'heavy anni 70 e 80 al thrash, al death metal, ascolto grindcore, brutal death anche "inascoltabile" sotto certi aspetti tecnico-melodici.La scelta della "melodia" nei Krigere Wolf, deriva dal fatto che un po tutti i componenti siamo ascoltatori di quei fautori del metal estremo, quale Quorthon ad esempio, la cui musica era assolutamente ricca di melodia, di phatos, di atmosfere lucubri e nello stesso tempo solenni e piene di epicità.

10) Fra l'altro l'equilibrio fra i vari membri lo si può estendere anche all'equilibrio fra i vari tempi, così che nessuno di essi di fatto prevalga...
Senz'altro. Sono del parere che quando si compone un brano, bisogna dare il giusto equilibrio a tutto, senza esagerare nella melodia così come nella parte ritmica e nella linea vocale.Tutto dev'essere assolutamente compatto, anche senza rispettare i "canoni" previsti. Secondo me, nella musica metal, se si rispettano sempre dei parametri compositivi, si rischia di copiare migliaia di gruppi già esistenti. è giusto dare la propria impronta, la propria personalità, i propri gusti e stili anche di vita se vogliamo, e nei Wolves penso che ce ne siano abbastanza.

11) Ma sbaglio o qui o là c'è qualche influsso più heavy metal?

Non sbagli affatto. L'heavy metal è la chiave principale del risultato finale di ogni brano di The Ancient Culture To Kill. L'heavy è il VERO metal, quindi perfetto per rendere al massimo l'idea dell'epicità, della battaglia, dell'odore di sangue fresco, del rumore dell'acciaio delle spade. Poi chiaramente abbiamo estremizzato un po il tutto attraverso influenze black e thrash metal.

12) Quindi apprezzate meglio il metal vecchia scuola? Per voi è giusto essere "nostalgici" o è meglio creare qualcosa di personale a partire dal "vecchio", senza quindi omaggiare fino al plagio?
Io (ma mi riferisco a tutta la band ovviamente) sono ascoltatore di metal vecchia scuola al 99,9%. Sicuramente tra le due opzioni da te citate, preferisco di gran lunga la seconda. Le finocchiate nostalgiche le lascio ad altri.Ascolto metal old style dalla mattina alla sera e sicuramente è questo che mi influenza fortemente nella composizione dei brani dei Krigere Wolf. Poi come giustamente hai detto tu, c'è del personale, il mescolare parecchi stili musicali estremi e non, è importantissimo proprio per non cadere nello sbaglio che fanno moltissimi gruppi odierni, cioè copiare senza inserire all'interno del proprio contesto qualcosa legata alla propria personalità. Old school metal fino alla morte!

13) Credi nella possibilità, forse un po' romantica, di creare qualcosa di originale all'interno di un genere come il death metal vecchia scuola, considerato, da più parti, a torto come ormai qualcosa di incancrenito? In tal senso, come ti sembra si stia comportando la scena death svedese (Repuked, Valhelgd, Miasmal, Morbus Chron)?
In Svezia ci sono grandiose realtà musicali che hanno contribuito senz'altro a coltivare in maniera genuina la mia passione per il metal.AMO il Death Metal svedese, soprattutto band quali Hypocrisy, Unleashed, At The Gates, Entombed, primi Dismember, Grave ecc.Addirittura gli Unleashed sono tra i miei gruppi preferiti in assoluto. Come puoi ben vedere, ho citato quei gruppi meno melodici, perchè sono sempre del parere che è giusto dare un'impronta melodica, ma pur lasciando il lato "bastardo" del fottuto e sano metallo.Sopra ad esempio hai scritto Valhelgd, Miasmal, Morbus Chron che io adoro, proprio perchè non si perdono in migliaia di cagate ultra melodiche che farebbero soltanto venire il voltastomaco, ma costruiscono brani d'impatto, violenti e grezzi.

Il metal non è per romantici, il metal è per gente bastarda, per "ignoranti", quindi rispondo al fatto di cui parlavi tu riguardo la possibilità romantica di creare qualcosa all'interno del filone Death. No. Credo che si potrebbe interpretare in maniera propria il genere. Non dimentichiamoci che in questo genere la cosa più importante è mantenere la violenza e l'adrenalina. Cose appunto NON nostalgiche.

14) Il termine "romantico" in questo caso dev'essere inteso filosoficamente, ossia come "tensione verso l'infinito".
Però non è proprio da vecchia scuola l'aver esordito subito a razzo con un album anche bello consistente dal punto di vista del minutaggio. Di certo avete rischiato senza fare la solita trafila dei demo e fuffa varia...


Sicuramente il rischio si corre quando si esordisce subito con un full-lenght da 37 minuti, perchè non hai la sicurezza di piacere a tutti e non hai la certezza di vendere un gran numero di dischi essendo che non ti conosce quasi nessuno.Per fortuna devo dire che questo problema non l'abbiamo riscontrato.Questo lo spiega il fatto che i brani dei Krigere Wolf sono stati composti per piacere a qualsiasi ascoltatore di musica, dall'amante dell'heavy metal, all'ascoltatore del più grezzo e feroce black metal, e quindi, la si che ti puoi permettere il lusso di "eccedere" nel minutaggio.In vita mia ho suonato e continuo a suonare con un bel po di band, ho cominciato a suonare giovanissimo e a fare demo, Ep e demo.Dopo parecchi anni ti rendi conto che fare un demo può essere utile all'esordio di una band, ma poco soddisfacente a parer mio.Volevo un prodotto in mano che potesse soddisfarmi al massimo e il risultato sta dando davvero ottimi frutti.

15) Fra l'altro ho saputo che curi anche gli artwork (per esempio, quello di "Ars Hermetica" degli Arcanun Inferi, che deve uscire fra poco e che il gruppo stesso mi spedirà). Da quanto tempo lo fai?

Si, mi sono occupato personalmente della creazione dell'artwork degli Arcanum Inferi (a cui mando il mio saluto). La passione che ho per l'arte non tocca solo il filone musicale, ma abbraccia vari rami, dalla pittura alla scultura ecc.Quindi chi meglio di me potrebbe creare un front cover per i Wolves? Soprattutto perchè essendo l'autore delle lyrics so come al meglio rendere l'idea grafica della band, dal logo all'artwork. Lo faccio con piacere quando una band me lo chiede.

16) Hai detto scultura? Ti diletti anche con le sculture?
Esattamente ehehehe. Diciamo che frequentando la scuola d'arte ed essendo sin da piccolo fortemente appassionato d'arte, mi sono un po specializzato anche in quello eheheh

17) Hai continuato questa tua passione per esempio all'Università?
Ho continuato con l'Accademia d'arte, anche se in rami completamente diversi dalla pittura o dalla scultura, ho studiato architettura, restauro e conservazione dei beni culturali.

18) Quel che è certo è che hai molte passioni... ma anche molti impegni. Mi chiedo infatti come tu riesca a conciliare i Krigere Wolf con le altre 3 esperienze che porti avanti. E complimenti per la loro estrema differenziazione!
Ti ringrazio. Beh, posso dirti solamente che quando hai una passione vera, cerchi di portarla fino in fondo in qualsiasi modo. L'unico obiettivo rimane quello di portare i Wolves il più in alto possibile, tenendo sempre i piedi per terra e suonando il più possibile.

19) Però anche gli altri compagni non scherzano affatto in quanto a militanza. A proposito, peccato che Frozen se ne sia andato. A questo punto presenta il nuovo arrivato.
Sì, Frozen ha fatto il suo ottimo lavoro in The Ancient Culture To Kill, ma come ben si sa, nelle band i componenti vanno e vengono. Il suo posto è stato preso da Salvatore Martino Testa aka Sal Hammerfury, che ha militato in importanti band come Humanity Eclipse, Winged e The Ancient War, batterista con attitudine da guerra e devastante dietro le pelli.Adesso stiamo già lavorando ai nuovi pezzi che presto registreremo, magari chissà, per uno split con qualche altro gruppo.

20) Guarda, effettivamente mi sto prodigando con un pezzo nuovo per il mio progetto black/death. Chissà...
Sentiamoci fra un paio di mesetti e magari ci scappa qualcosina eheheh