Thursday, January 12, 2012

Rotorvator - "NeroEP" (2011)

Ep (Cosmesi & CSS Teatro Stabile d’Innovazione del FVG, 1 Novembre 2011)
Formazione (2006): sconosciuta

Provenienza: Belluno, Veneto

Canzone migliore del disco:
senz’ombra di dubbio “4:51”, episodio che si conclude in una maniera assurda e completamente aperta, quasi come un incubo lovecraftiano.

Punto di forza dell’opera:
ho una preferenza particolare per la struttura dei pezzi, la quale li riesce a distinguere meravigliosamente ed in maniera tremendamente funzionale all’atmosfera stessa inquietante già dal punto di vista meramente musicale.

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Curiosità:

faccio presente che Merlo, il cantante, ha fondato, insieme ad XV, mente di una vecchia conoscenza di Timpani allo Spiedo, ossia il progetto di black sperimentale Rhuith, il gruppo di black puro The Plague Rides at Dawn, con il quale ha pubblicato, sotto War Command Distro, il demo omonimo del 2011.

I Rotorvator, gruppo visionario come pochi, non sbagliano un colpo, e con “NeroEP”, disco dal vivo registrato nel 2010 in quel di Santarcangelo in provincia di Rimini, in occasione del Festival Internazionale del Teatro in Piazza (probabilmente è per questo che il pubblico non lo si sente mai…). Il bello è che dal punto di vista musicale si trovano soltanto pezzi completamente inediti, che poi hanno la curiosa peculiarità di chiamarsi come la loro durata. Inoltre, la durata dei pezzi è stranamente un pochino più breve del solito, con la presenza di ben 2 pezzi che neanche raggiungono, se non di poco, i 4 minuti.

Ma la differenza forse più grande rispetto ai passati dischi è da identificarsi nella produzione più “umana” e decisamente meno assordante di quanto i Rotorvator ci abbiano mai abituato. Anche se, beninteso, è sempre bella sporca ma ho notato una chitarra paradossalmente meno intelligibile del solito… o forse ho scritto una semplice cazzata?

Quella a non cambiare mai è la qualità della proposta, proposta che però è molto differente da quella propinataci da “Nahum”, pur combinando sempre due generi musicali che vanno molto bene insieme, ossia il black metal e l’industrial. Tanto per fare qualche esempio, mancano del tutto quei passaggi, anche a mo’ di introduzione, completamente fuori di testa e mega – campionati, mentre di quelle che in passato ho chiamato come “pause rumoriste” non ve n’è più traccia. Insomma, i Rotorvator odiano fossilizzarsi, e giustamente sulle stesse soluzioni, sempre però nel rispetto di uno stile piuttosto originale e riconoscibile.

Tale “incapacità” di fossilizzazione si esplica specialmente nella struttura dei pezzi, i quali sono l’uno diversi dall’altro anche da questo punto di vista. Infatti, nell’ordine:

- “5:03” è il brano più isterico ed imprevedibile del lotto e che risulta tutto dominato dalle variazioni indicibili di una batteria elettronica che a volte sembra impazzita, con tanto di blast – beats;

- “3:47” è di tipo più sequenziale, e quindi appare più ordinata, pur avendo dalla sua parte una chitarra spesso tremendamente dissonante;

- “3:46” è invece è pura ipnosi, un viaggio inquietante in un abisso che a un certo punto è sempre uguale a sé stesso, contando infine la cassa della batteria che se ne va solitaria, come incantata, per concludere un pezzo infame;

- “4:51” è una degna conseguenza del pezzo precedente essendo una specie di rituale inconcepibile basato prima su una lenta ma non lineare sovrabbondanza di suoni e rumori, poi su un climax perennemente soffocato e schizzato.

L’ultimo episodio del disco effettivamente si allontana molto dalle direttive degli altri pezzi avendo una natura più atmosferica e super – anticonvenzionale (per quanto i Rotorvator lo siano già di suo) tanto da aver utilizzato perfino la voce pulita in modo molto evocativo. E con questa il raggio d’azione di Merlo si è allargato incredibilmente ancor di più!

Da menzionare inoltre l’ottimo uso della chitarra, che nonostante tutta la violenza, anche psicologica, di cui il gruppo è capace, riesce ad essere talvolta spaventosamente melodica, sparando magari delle melodie addirittura dolci (sì, dolci, avete letto bene!), pressoché inaspettate.

In parole povere, un altro colpo da maestro per questi 3 pazzi scatenati. Solo che ormai sarebbe meglio testarli sulla lunga distanza, ossia con un album vero e proprio, così da controllare se siano capaci di sparare tutta questa montagna di intensità attraverso un disco dal minutaggio più consistente. Anche per semplice curiosità, beninteso.

Voto: 87

Claustrofobia
Scaletta:
1 – 5:03/ 2 – 3:46/ 3 – 3:47/ 4 - 4:51

Sito:
http://rotorvatorblack.blogspot.com

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