Monday, March 7, 2011

Ab Noctem - "Promo Ep 2010"

Ep autoprodotto (27 Ottobre 2010)

Provenienza: Alessandria, Piemonte

Formazione (A.D. 2009): Jole “Yuka” – voce e tastiere
Andrea – voce e basso
Jack – chitarra
Marco – batteria

Punto di forza dell’ep:
indubbiamente il comparto vocale, ispirato e ricco di soluzioni nonostante la partenza un po’ deludente.

Migliore canzone:
i memorabili quasi 7 minuti (di cui la maggiorparte in doom) di “Lu Rusciu te lu Mare”, da cui il gruppo potrebbe ripartire per un suono che fondi veramente il black metal con le parti folk. Finale affidato alle eterne onde del mare. E pensare che è un brano memore della formazione originaria!

Gli Ab Noctem rappresentano in maniera per nulla forzata un gruppo di portata storica per Timpani Allo Spiedo. Per due semplici motivi: con loro si segna il ritorno in queste stesse pagine della corrente folk del black metal dopo aver ospitato i sardi Streben addirittura comparsi nel primissimo numero della rivista (parlo del 10 Agosto del 2008…) ormai webzine; e allo stesso tempo si segna il ritorno di una donna in formazione dopo che l’ultimo onore venne riserbato ai livornesi Profanal nel 5° numero, cioè poco più di un anno fa.

Ma il paragone con gli Streben quasi si deve fermare lì, soprattutto perché dal punto di vista atmosferico siamo pressoché da tutt’altra parte. Se il trio sardo ormai da un pezzo sciolto immergeva infatti l’ascoltatore in una romantica dimensione onirica quasi da Summoning, e che fra l’altro spesso usava il flauto, la chitarra acustica in momenti completamente isolati dalla controparte black metal, con gli Ab Noctem si entra in tutta un’altra realtà. Una realtà eroica più da Ensiferum, più da autentica e divertente sagra paesana (la parte centrale di “The Last Dawn” è esemplificativa) nella quale riffs di impronta più epica e spesso per nulla black abbondano insieme per l’appunto al flauto (che poi si scoprirà come lo strumento inusuale maggiormente utilizzato), alla fisarmonica, ma non manca neanche il pianoforte, tutti suoni prodotti dalla diligente Yuka. Questo effettivamente è folk metal (e vichingo) nella sua pura accezione (almeno rispetto agli Streben), solo “intaccata” da qualche momento dal taglio veramente black, come nella valanga di note che ad un certo punto fa capolino in “Keepers of the Earth” e nelle struggenti melodie di “Lu Rusciu Te Lu Mare”, sicuramente la canzone più particolare di tutto il lotto contrassegnata com’è anche da un’ossessiva e semplice struttura che si ripete uguale a sé stesso quasi all’infinito fino all’esplosione del finale in cui si prende il largo con tanto di rullate militari e blast-beats, giocandosela però principalmente e meravigliosamente con la voce pulita e le sovraincisioni della cantante, aiutata alle volte da Andrea.

Il comparto vocale è uno di quelli che più mi ha sorpreso. Oddio, la partenza è stata un po’ in sordina non tanto nelle linee generali ma quanto per la stessa Yuka, inizialmente abbastanza trattenuta e non molto espressiva riparando però al “torto” con le stupende e fantasiose prove nelle canzoni successive. La combinazione maschio/femmina per come è stata sfruttata mi ha rimandato decisamente al metallo gotico nel quale è per l’appunto utilizzata spesso e volentieri. E, come solitamente accade, al primo è riservata la parte selvaggia del discorso, vomitando fuori un perenne grugnito bello potente e a volte urlato.

Mi dispiace però per la batteria. Tranquilli, non fraintendetemi, il lavoro in sé è ottimo, vario, tecnicamente capace ed abile ad enfatizzare, con ritmi spesso memorizzabili e concentrati per lo più sui tempi medi, la potenza del riffing, oltre che autrice di efficaci e vari stacchi in “Keepers of the Earth”, dove è in pratica l’assoluta protagonista del pezzo. Ma il “però” continua a veleggiare “minaccioso” nella mia testa, ed è da individuare solo e semplicemente nella produzione che, per quanto pulita, ben bilanciata e non “casinara” (ossia, frequenze impostate sui medi in modo da non alterare artificiosamente l’impatto della musica), ha imprigionato letteralmente una batteria che pare una vera e propria drum-machine. Una mancanza che si sente purtroppo in particolar modo nei momenti in cui il collettivo riprende per un po’ il fiato, e specialmente per quanto concerne i piatti. Fra l’altro strozzando prematuramente il loro “rumore” caratteristico subito dopo il colpo inferto (“Through the Ages of Wars and Gods”). Qualche dose di naturalità non farebbe per niente male anche perché per essere il primo disco è prodotto in maniera sorprendentemente professionale.

Altra per così dire mancanza, seppur dalla natura del tutto secondaria, è la struttura-tipo dei pezzi, più che altro perché talvolta il gruppo dà l’impressione di non dare quel colpo di grazia che una canzone come “The Last Dawn” necessiterebbe come il pane e l’acqua. Parlo della parte centrale in cui all’improvviso sembra di essere in uno di quei innumerevoli paesi italici stando insieme ad un’orda festante…Solo che finisce lì, c’è un 1 – 2- 1 che poteva essere concluso con un coro (come in “Through the Ages of Wars and Gods”), un breve e semplice assolo di flauto come poi Yuka ha dimostrato nel finale di “Lu Rusciu te lu Mare”. Invece si è preferito essere statici. Vabbè, non è che siamo in territori strutturali così complessi come confermano le rigorose sequenze di soluzioni presenti in ogni canzone non esenti però da qualche modifica (come quando Andrea, nella ripartenza della sequenza di “The Last Dawn”, inverte la propria linea vocale cantando nelle ultime due battute in luogo delle prime due), preferendo quindi per un approccio praticamente a strofa-ritornello lungi dall’essere digerito in maniera difficoltosa.


D’altro canto, è anche vero che non m’aspettavo un’opera di così promettente valore che mostra già una buona maturità ed una capacità di osare perfettamente incarnata nel tour de force in salentino di “Lu Rusciu te lu Mare”. Bisognerebbe forse incoraggiare quest’impronta nazionalista di scegliere come seconda lingua (oltre all’italiano s’intende) il proprio dialetto e non il quasi innaturale inglese? Ragazzi, non sarebbe affatto male…

Voto: 77

Claustrofobia

Scaletta:

1 – The Last Dawn/ 2 – Through the Ages of Wars and Gods/ 3 – Keepers of the Earth/ 4 – Lu Rusciu te lu Mare

MySpace:
http://www.myspace.com/abnoctemale

YouTube:
http://www.youtube.com/AbNoctem