Wednesday, June 22, 2011

Mortuary Drape - "Necromancy" (1987)

Recensione pubblicata il 5 Maggio 2011 sulla mia pagina FaceBook.


Demo autoprodotto
Formazione (1986): Without Name, voce e basso;
Witch Rhythm, chitarra;
The Alchemist, chitarra solista;
Wildness Perversion, batteria

Provenienza: Alessandria, Piemonte

Canzone migliore del demo:
soprattutto perché è l’ultima canzone, ovvero quella a cui è attribuito il compito di concludere degnamente ogni testimonianza musicale, scelgo la magnifica, glaciale, bestiale e fin troppo avanti con i tempi “Evil Dead”. Ma anche “Into the Catacomba” non scherza affatto….

Punto di forza del demo:
sicuramente l’inumana malvagità multiforme che avvolge continuamente l’ascoltatore.

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“Questo demo tratta la negromanzia o divinazione attraverso la consultazione dei morti. Le liriche riguardano il mondo astrale con particolare riferimento a quello dei non – morti.
Tutto ciò per i Mortuary Drape rappresenta una vera fede ed una missione.
Il nostro demo è dedicato alla memoria di tutti quelli che hanno vissuto, sofferto, e che sono morti nel sacro nome della STREGONERIA.

CHE ESSI SIANO BENEDETTI.”


Ispiratori di non si sa quanti gruppi inclini a creare bastardi e infami ibridi black/death/thrash, in Italia i Mortuary Drape probabilmente sono da ritenere ben più rivoluzionari dei Necrodeath, più vecchi di due anni. In ambito nazionale infatti proponevano un massacro sonoro unico che quasi non conosceva pari neanche nel mondo, e solo gruppi come i tedeschi Sodom e gli svizzeri Hellhammer si potevano avvicinare a loro, gli uni soprattutto per la violenza, gli altri per l’immane malvagità. E ciò mentre il movimento black metal stava lentamente coprendo d’odio l’intera Norvegia grazie soprattutto ai pionieri Mayhem che di lì a qualche anno avrebbero suonato qualcosa di molto simile al quartetto del Drappo Mortuario.

Ma si può dire che i Mortuary Drape, che non si sono mai fermati in tutti questi anni grazie al lavoro inesauribile del fondatore Wildness Perversion, siano stati particolari in tutto. Nella durata stessa delle loro cassette ad esempio, se è vero che la precedente “Demo Live ‘87” era lunga ben 45 minuti mentre la successiva “Necromancer” “solo” 15 minuti in meno, praticamente il minutaggio di un album. Fortuna che vengono definiti come demo ma questi giovani alessandrini già non sembravano scherzare molto con quello che facevano.

Oppure si prenda la lunghissima introduzione proprio di “Necromancer”, una tetra litania di sole tastiere che per impostazione richiama la tradizione più nera del rock progressivo inglese, Black Widow in primis. Da questa introduzione, nella quale le note a volte saltellano in maniera schizofrenica come prese da un ascesso demoniaco, già si intuisce un’ambientazione che fa dell’oscuro, del sovrannaturale la vera chiave di lettura del reale. E l’occultismo diviene il mezzo di comunicazione con le forze più nere che regolano il cosmo tutto.

Subito dopo, ecco “Primordial”, indubbiamente il cavallo di battaglio per antonomasia del gruppo che sarebbe stato rifatto da una caterva di formazioni estreme. E’ uno dei pezzi più diretti del demo, e quindi è stato posto strategicamente per dare la giusta intensità in apertura come si faceva una volta. Ed ascoltandola si scopre quanto veramente questi ragazzi preconizzassero tutto un genere. Le chitarre sono infuocato black/thrash di una malvagità immensa ed in periodi ben definiti della canzone la solista dà adito a brevi e lancinanti interventi quasi impercettibili. La lugubre voce urla raucamente i suoi anatemi dando sfogo ad un ritornello così semplice e talvolta in coro quanto leggendario e che alla fine chiude brutalmente l’episodio. L’importante sezione ritmica si muove su binari thrash metal selvaggi ma dosati da un sapiente groove che a poco a poco contagia l’ascoltatore.

Dalla furia selvaggia di “Primordial” si va attraverso gli antri maledetti di “Into the Catacomba”, ossia l’estremo opposto. Lenta, spettrale, ha i contorni di un vero e proprio rituale. La batteria, autentico propulsore del pezzo, balla letteralmente sui tom – tom disegnando inconcepibili e bestiali danze. Le chitarre “grattano” minacciosamente, spaventano l’ascoltatore con frastornanti e contrastanti note acute che sono l’equivalente delle schizzate convulsioni provocate da un’entità innominabile che ormai t’ha preso, ed altre volte ricamano su un riffing quasi ipnotico. E la voce, ancora una volta perfetta, declama molto lentamente le parole, sembra ebbra ed in preda ad attacchi improvvisi. Da notare il carattere misterioso del titolo che mischia l’inglese con l’italiano. Per non dimenticare l’introduzione nella quale fanno capolino assordanti rintocchi di campana a morto, un classico del metal, fulmini e saette ed una chitarra acustica che cantilena un semplice ma torturato arpeggio.

La seguente “Presences” invece ha uno spirito oserei dire beffardo, soprattutto perché ha una meravigliosa parte centrale nella quale la chitarra solista, dopo minacciosi interventi in solitario spezzettati, impazza divertita accompagnata fra gli altri anche da fragorose e brevi rullate che dimostrano l’estrema fluidità del quartetto intento qui a non fermarsi praticamente mai. Ma il pezzo risalta indubbiamente pure per una lunga introduzione in crescendo aperta dal pulsare burloso di un basso che apre per un’ascia sonnolenta, concentrata a sparare almeno inizialmente delle pennellate, ed una voce che dopo un po’ diventa quasi un tutt’uno con le danze tribali sui tom – tom della batteria, ormai una costante personalissima dei Mortuary Drape.

Con “Vengeance from Beyond” si mette ancora nuova ed interessantissima carne al fuoco nonostante la giovane età dei ragazzi che già sparavano un’invidiabile fantasia. Il bello è che questa canzone è probabilmente la più particolare di tutto il lotto ed il perché è sintetizzato in questa parola: triste. Ascoltatevi l’introduzione: una chitarra acustica dai semplici giri d’arpeggio struggenti. Nel frattempo il pezzo sembra assumere i veri e propri toni di una ballata perché entra la batteria che accompagna perfettamente la compagna disperata. Finito. Ed è qui che si fa viva la contraddizione del brano: il massacro all’arma bianca mischiato alla tristezza. Tra l’altro un massacro dal riffing schizzato ed in un certo senso irregolare, dato che i colpi della batteria sul rullante si fermano spesso per accentare con i piatti quella pericolosa progressione di note. E quindi, quell’introduzione è tutto fumo, non ha seguito? MA SUVVIA, certo che ce l’ha! La sua atmosfera viene infatti ripresa proprio nella parte centrale, un lento dalla parte solista perfino elegante e a tratti addirittura arabeggiante. Poi dopo una pausa d’effetto, ricomincia il massacro.

Qua qualcuno potrebbe lamentarsi visto che incredibilmente “Obsessed by Necromancy” ha un riffing che a volte pare costruito quasi sulla falsariga della precedente canzone. Solo che ora l’atmosfera che esso ricrea è di incrollabile paranoia, esso viene ripetuto per un lungo periodo anche attraverso delle semplici variazioni tonali. E la parte centrale risulta completamente funzionale a quest’aura proprio grazie all’assolo vorticoso ed incantatore, in caduta libera verso un abisso visionario ed ipnotico.

Ma se la caduta di “Obsessed by Necromancy” è metafisica quella di “Evil Dead” è definitiva, è pura distruzione. Blast – beats angoscianti che lavorano benissimo sui piatti, un riffing diviso fra la solennità del black metal, il nervosismo del thrash metal e l’ignoranza cavernosa del death metal. Ogni volta che sento l’attacco di chitarra iniziale mi vengono in mente i Conqueror, con quell’inquietante suono da motosega. Un pezzo che preconizza in una sola botta tutte le basi del metal estremo più bastardo. E allo stesso tempo si incanala nella tradizione che voleva che l’ultimo episodio fosse quello più diretto e veloce, solo che i Mortuary Drape andarono oltre ogni più nera aspettativa andando al di là del tipico significato di questa” regola”.

Ogni cosa di questo demo è incastonata magnificamente alla perfezione, e quindi non posso non parlare bene dell’impalcatura strutturale che regge i vari pezzi. Ovviamente, essendo un demo grezzo e molto estremo già per l’epoca, ci si poggia su schemi a strofa – ritornello e simili interpretati però sempre in maniera diversa e di conseguenza il discorso è difficilmente prevedibile. Le uniche cose veramente tali si dimostrano alla fine solo l’introduzione, sempre e comunque d’atmosfera (ergo lente) eppure talvolta non esenti da vere e proprie linee vocali (come in “Presences” o “Obsessed by Necromancy”); e la parte centrale, nella quale si fa viva puntuale come un orologio svizzero la chitarra solista impegnata in un assolo che nella maggior parte dei casi si risolve in una sequenza più o meno ben definita di note che vanno di pari passo con la ritmica, quindi tecnicamente non è proprio da ritenere come un assolo puro e nudo. Altra caratteristica interessante è il lavoro di rifinitura del pezzo che viene appunto subito dopo la parte centrale e che permette un discorso che si protrae per un minuto o poco più in modo da concluderlo degnamente riprendendo in maniera fluida e sufficientemente continuativa l’intensità delle primissime soluzioni (generalmente veloci). Anzi, alle volte ne viene proposta addirittura una totalmente nuova.

Decisamente più spartana “l’inascoltabile” (per molti) produzione di “Necromancer”. Ma per far capire la sua magia certi gruppi, come i sardi Vultur, hanno rifatto canzoni quali “Primordial” imitando proprio una produzione simile. Le frequenze non solo sono semplicemente basse ma le chitarre sono così zanzarose che ascoltare l’opera con le cuffie ad un volume non adatto rappresenta un suicidio per i timpani, anche perché ci sono due chitarre. Paradossalmente (ma è un fatto completamente logico visto che le frequenze basse favoriscono le note più acute) la chitarra solista si sente a meraviglia, cosa che non succede stranamente in “Evil Dead”. “Stranamente” un paio di ciufoli perché a poco a poco si ha la netta sensazione che le frequenze si abbassino sempre di più, e chissà per quale occulto motivo. Inoltre, né la voce né la batteria, per quanto sufficientemente comprensibili, non sono proprio il massimo per uno che non è abituato a simili sporchissime sonorità. Quale non sono io. Ma allora erano critiche negative? Cazzo, certo che no! Al massimo l’assolo seppellito. Al massimo certi momenti vocali incomprensibili, ma il fatto è che una tale produzione è veramente magica dato che regala un’aura oscura e maledetta che è totalmente funzionale all’immaginario del Drappo Mortuario. E cazzo, scusate se vi ho messo in fibrillazione!

Voto: 94

Claustrofobia
Scaletta:
1 – Intro/ 2 – Primordial/ 3 – Into the Catacomba/ 4 – Presences/ 5 – Vengeance from Beyond/ 6 – Obsessed by Necromancy/ 7 – Evil Dead

Sito ufficiale:
http://www.mortuary13drape.com/

MySpace:
http://www.myspace.com/mortuarydrape

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