Monday, February 15, 2010

Intervista ai Lilyum



1) Ehilà ragazzuoli come la va? Prima di tutto, mi devo complimentare con voi per aver partorito un album spacca-ossa che tiene secondo me alta ed orgogliosa la bandiera del black metal!

Kosmos Reversum, chitarre, basso e drum-machine: Innanzitutto un saluto a te e ai lettori di questa webzine. Che dire, ti ringrazio per i complimenti sul nostro ultimo disco, sono felice che ti sia piaciuto!

2) Di cosa trattate esattamente nei testi e chi li scrive? Potete descriverli uno ad uno? Da cosa traete ispirazione per farli e, dal punto di vista formale, da quale gruppo siete maggiormente influenzati?

Lord J. H. Psycho, voce: da « The Knife Rises » in avanti sono io ad occuparmi della composizione delle liriche, che comunque rappresentano il pensiero non solo mio personale ma dei Lilyum come musicisti e come individui ma la composizione non è un lavoro « a compartimenti stagni », in ogni caso.Venendo ai testi di « Fear Tension Cold », posso dire che non si tratta di un vero e proprio concept, anche se i pezzi sono legati fra di loro da alcune tematiche ricorrenti che, a loro volta, riprendo e in qualche parte ampliano parte del discorso del nostro precedente lavoro, « Ultimatum » ; potremmo parlare di qualcosa a metà strada fra un seguito e un’appendice. Sostanzialmente in questi pezzi ci scagliamo contro tutto quello che ci disgusta e ci deprime della massa umana anonima, irregimentata, amorfa, ma non mancano autoanalisi di tipo introspettivo tramite le quali affrontiamo la nostra dicotomia emotiva – l’essere almeno in parte noi stessi umani e il non volerlo essere, con tutto quello che ne consegue.Le influenze dei Lilyum per quanto riguarda musiche e testi sono troppo numerose ed eterogenee per liquidarle in un elenco pedestre.Per quanto riguarda i nuovi pezzi uno ad uno, ognuno è libero di interpretarli come crede, ma posso fornire qualche dettaglio riguardo a ciò che li ha ispirati:”Dissolution Is Imminent”: questo pezzo analizza la tendenza umana a focalizzare la propria attenzione verso problemi e situazioni immaginarie, astratte o comunque fuori dal proprio controllo anzichè curarsi di quelli autentici, immediati, nei confronti dei quali una reazione è ben più urgente. L’idea mi è venuta osservando la crescente paranoia apocalittica nei confronti del 2012, mentre al contrario di quello che sta succedendo sul serio già adesso (stravolgimenti climatici e conseguenti catastrofi naturali, malattie contro le quali siamo tuttora impotenti, disordini economico-sociali di ogni tipo, ecc.) sembrano interessarsi ben pochi; il discorso poi comprende molte altre tematiche parallele;

“Of Lead and Mercury”: il riferimento orwelliano nel primo verso fornisce la chiave di lettura di un pezzo abbastanza esplicito a livello di contenuti. Il titolo è puramente metaforico (dal momento che qualcuno mi ha chiesto se si tratta di qualche misterioso riferimento alchemico-esoterico, eheh...): per sopravvivere all’interno di un ambiente potenzialmente ostile occorre essere massicci come il piombo ma allo stesso tempo fluidi come il mercurio – saper dosare determinazione e prudenza, agire e reagire cogliendo l’attimo ma praticare anche la pazienza del predatore che resta appostato ore intere, immobile e silenzioso, senza però consentire a tale attesa di trascinarci nel torpore del compromesso definitivo. Non a caso il titolo cita due elementi potenzialmente letali, perchè chi rifiuta di sottomettersi allo status quo vive sul filo del rasoio in molti sensi;

“The Black Slumber”: stesso discorso, ma qui la prospettiva si sposta verso quanti soffocano il loro individualismo e i rigurgiti delle loro coscienze per accettare il proprio ruolo di ombre omologate e insignificanti, che seguono la corrente senza porsi domande, occupando le loro menti con cazzate meno che irrilevanti per non accorgersi dello sfascio che li circonda e che si insinua dentro di loro;

“Fear Tension Cold”: sintetizza, com’è lecito aspettarsi da una title track, le contraddizioni che caratterizzano l’esistenza di chi non si lascia sedurre dall’oblio del “sonno” nero. La paura di essere isolati in un habitat rigido ed avverso, ma anche quella che si è in grado di infliggere non rientrando in nessuno schema. La tensione che caratterizza lo stato di perenne assedio, ma anche quella che precede lo scatto verso la preda inerme. Il freddo che ci circonda e stronca ogni forma di calore umano, ma anche quello che ci anestetizza e ci consente di ragionare in modo distaccato e non impulsivo prima di intraprendere una qualunque azione. Le chiavi di lettura sono molteplici, ma credo di aver reso l’idea;

“Obsessed”: la tensione continua di cui sopra non sempre si risolve con il raggiungimento di un equilibrio dinamico più o meno stabile, e nei casi più estremi, come quello raffigurato da questo pezzo, la mente cade preda di un disfacimento generalizzato e a volte inarrestabile. Non si tratta di un segno di debolezza intrinseca, almeno non sempre: chi, per qualunque ragione, è più sensibile e ricettivo nei confronti delle proprie emozioni, è più facilmente soggetto ad esserne in balia;

“Hail Failure – The End of a Sick Era”: che si stia parlando della progressiva distruzione dell’ordine naturale della Terra, della tensione sociale che sfocia in ribellione aperta o di un’escalation militare che dà il via alla guerra totale, il punto è sempre quello: nulla si risolve girandosi dall’altra parte e facendo finta di niente, perchè alla fine il conto ci verrà sempre presentato. Un’altra questione che sembrerebbe scontata, e che invece alimenta una realtà passivamente autodistruttiva di cui tutti i giorni possiamo osservare fin troppo da vicino cause ed effetti.

3) Come avviene la composizione dei vostri pezzi e quanto è durata la loro stesura? Chi li compone? Quale è stato il pezzo che vi ha dato più, come dire, “rogne”, e ci sono state per caso anche delle litigate durante questa fase?
Kosmos Reversum: solitamente le idee partono da me e Psycho mi aiuta negli arrangiamenti, ma nel caso di “Fear Tension Cold” sia a livello di composizione che di esecuzione in studio il lavoro è quasi totalmente mio. Psycho si è occupato solo delle parti vocali e degli arrangiamenti sempre inerenti queste. La stesura è durata all’incirca un mesetto, ma solo perché ho lavorato nei miei ritagli di tempo libero, se no sarei stato ancora più veloce. Litigate non ce ne sono state, ma solo confronti costruttivi dove serviva, ma siccome siamo due musicisti esperti ognuno di noi sapeva esattamente cosa fare e quindi il lavoro tra noi due è andato liscio come forse non era mai andato prima, ma questo è dovuto anche al fatto che questa è la terza release consecutiva che vede come protagonisti unici me e Lord J. H. Psycho.

Lord J. H. Psycho: l’essere entrambi polistrumentisti ed autosufficienti per quanto riguarda esecuzione e registrazione ci consente di poter lavorare con notevole flessibilità. Su “Ultimatum” mi sono occupato di composizione e arrangiamenti, ho suonato vari strumenti e ho creato intro e outro, mentre “FTC” è nato praticamente da solo dalla mente di Kosmos, per cui mi sono concentrato sull’unica componente che mancava: la voce (e i relativi testi, ovviamente). Sul prossimo lavoro probabilmente ci daremo di nuovo il cambio agli strumenti qui e là; dipende tutto dalla natura dei lavori e dalla nostra disponibilità di tempo – abbiamo vite private e lavorative/studentesche da gestire, oltre ad altri impegni di natura artistica: al momento sono impegnato in altre 6 formazioni e devo dire che Kosmos si è sempre adattato ai tempi ristretti imposti dal mio calendario senza lamentarsi né spazientirsi, cosa che apprezzo infinitamente.

4) Dove avete registrato invece i pezzi ed in quanto tempo? Da questo punto di vista, c’è stato un pezzo più difficile rispetto agli altri? Com’è stata l’esperienza in studio?

Kosmos Reversum: Le registrazioni si sono svolte nel mio piccolo ma efficace home studio, rinominato “Anti-Human Studio”, proprio a casa mia. Le mie parti di batteria programmata/suonata, le chitarre e il basso li ho registrati nell’arco di un paio di mesetti, la voce è stata finita in una sola giornata di lavoro. Non abbiamo incontrato difficoltà particolari con nessun pezzo ma mi sono preso poi 2 o 3 giorni per mixare il tutto.

Lord J. H. Psycho: rispetto ad “Ultimatum” il lavoro in studio è stato una passeggiata, non solo per via della natura meno complessa del materiale ma soprattutto grazie alla maggiore esperienza che abbiamo acquisito proprio grazie a quel lavoro. Non ricodo pezzi particolarmente ostici questa volta (viceversa sull’album precedente il lavoro su “Seclusion” e “Banished to Life” era stato un vero inferno, ma più che altro per motivi tecnici e problemi di suono), anche se “Obsessed” mi ha davvero sfiancato – buon per me che mi sono ricordato di registrarla per ultima!

5) Secondo me, la vostra musica si può definire come un black metal decisamente scarno che considero una via di mezzo tra la vecchia e la nuova scuola, malato e folle, equilibrato fra parti veloci ed un po’ più lente e sufficientemente vario e fantasioso nelle poche soluzioni proposte. L’assalto mi pare molto apocalittico, con i vari passaggi che sono spesso piuttosto lunghetti, e credo si cibi in modo particolare sia del black metal norvegese (come per esempio i Darkthrone) e gli Hellhammer, con un po’ di Motorhead (“Fear Tension Cold” specialmente secondo come). Ci ho visto giusto secondo voi? Ma più esattamente da quali gruppi siete maggiormente influenzati e quanto hanno pesato per voi?

Kosmos Reversum: Hai centrato in pieno la nostra direzione e le nostre influenze, soprattutto per quanto riguarda questo album. Volevo proporre qualcosa che abbracciasse anni ’90 e anni ’80, con un forte retrogusto Heavy Metal primordiale. Mi sono francamente stancato di molto black metal senza un’anima e che appare come la solita sbiadita fotocopia di musica e cliché abusati in Norvegia negli anni Novanta. Noi seguiamo una via solo nostra di proporre black metal, infischiandocene di pareri, etichette e apprezzamenti facili. Le mie influenze comunque vanno ben oltre il black metal, e direi che sono troppi i nomi in ambito metal e non che dovrei menzionare.

Lord J. H. Psycho: Credo che molto di quanto hai esposto dipenda dal fatto che ascoltiamo e apprezziamo molta musica dei generi più svariati, di cui assorbiamo molti umori, ma al tempo stesso non ci interessiamo minimamente di cosa cerca il mercato o cosa va di moda al momento. Scriviamo musica perchè è l’unico modo che conosciamo per esprimere quello che abbiamo dentro, e l’efficacia con cui ci riusciamo è tutto quello che conta per noi. E’ un modus operandi che condivido con tutte le band in cui sono attivo e sebbene abbia suonato e continui a suonare generi diversi, non riesco ad immaginare un approccio diverso al processo creativo. Anche su questo io e Kosmos siamo sempre stati d’accordo, ed è per questo che siamo ancora qui a sfornare un lavoro dopo l’altro.

6) La canzone che apprezzo più di tutte è “Hail Failure – The End of a Sick Era”, e ciò perché è quella che mi sembra il massimo del delirio e della follia, contando soprattutto il passaggio iniziale che viene ripetuto ogni volta per 4 battute nonostante la sua lunghezza (se non sbaglio di 21 secondi!), oppure la voce specialmente nei momenti
finali del pezzo, dove si raggiungono vette che definirei ritualistiche, e la melodia delle tastiere (o delle chitarre?) che secondo me aggiunge più disperazione e desolazione al tutto. Siete d’accordo con quanto affermo? Se no, qual è l’episodio del lotto che meglio preferite e per quale motivo? Come è nato comunque il pezzo da me considerato?


Kosmos Reversum: E’ curioso che il pezzo da te menzionato sia uno di quelli che fino ad ora abbia riscosso più successo da parte di coloro che hanno già ascoltato il disco, mentre per me non è esattamente così. E’ un ottimo brano, ma per il mio gusto ce ne sono di più riusciti, ma questo lo considero un bell’aspetto, perché vuol dire che siamo riusciti ad imprimere ad ogni canzone la giusta personalità. Devo correggerti sulle tastiere, in quanto non sono minimamente presenti in questo disco, ma si tratta dei miei arrangiamenti di chitarra, e questa è una delle differenze tra “Fear Tension Cold” e il precedente “Ultimatum”, dove invece erano state usate. Questa volta ho voluto, con il solo supporto delle chitarre, creare delle atmosfere contorte e malate giocando molto sui contrasti tra chitarre ritmiche e, appunto, soliste. Non riesco a scegliere un episodio in particolare in questo disco che io preferisca, perché per la prima volta mi sento davvero soddisfatto del risultato nel suo insieme.

Lord J. H. Psycho: “Ritualistico” è un aggettivo interessante da attribuire alla chiusura di “HF – TeoaSE”; in effetti avevamo pensato a qualcosa di particolarmente catartico e imprevedibile per catturare l’attenzione e invitare così l’ascoltatore a considerare i punti fondamentali espressi dal pezzo e dall’album nel suo insieme. Nemmeno io riesco a isolare un pezzo ed elevarlo al di sopra degli altri, e lo stesso vale per “Ultimatum”.

7) Personalmente penso che il principale punto di forza della vostra musica è proprio la freddezza apocalittica e la follia già citata, le quali vengono determinate praticamente da ogni aspetto del suono, e che secondo me tra l’altro si allacciano in pieno alla tipica tradizione del black di vecchia impronta, rendendo di una profondità assurda il tutto. Concordate? Se no, quale ritenete sia il principale punto di forza di “Fear Tension Cold” e magari perché?
Kosmos Reversum: Hai praticamente detto tutto tu, non a caso anche il concept lirico è basato in gran parte su temi che si possono ricollegare al concetto di Apocalisse e quindi credo che siamo riusciti a formare un connubio coerente tra musica e testi. Quanto alla follia beh…Diciamo che, rispondendo a livello personale, nella mia vita ho vissuto troppe esperienze che mi hanno segnato in maniera negativa e questo immagino si rifletta sulla musica che compongo. Credo che la sofferenza psichica sia la chiave di lettura per comprendere la musica dei Lilyum, ma ci discostiamo totalmente sia dal messaggio musicale sia lirico troppe volte finto e ridicolo dell’attuale filone “depressive BM”. Sia musicalmente che attitudinalmente siamo agli antipodi, sebbene anche in questo sottogenere ci siano nomi che rispettiamo molto.

Lord J. H. Psycho: Aggiungerei che il concetto di “follia” è comunque molto relativo, ed è anche su questo che giochiamo. Ma al di là di considerazioni puramente accademiche, credo che il vero punto di forza di quest’album (e del precedente) sia l’autenticità che lo contraddistingue: i pezzi nascono dalle nostre esperienze, e sono le nostre emozioni che esprimiamo quando interpretiamo le canzoni. Credo che senza questo coinvolgimento totale non avremmo prodotto lavori altrettanto efficaci.

8) Vorrei trattare ora la voce, la quale mi pare molto versatile, molto sperimentale fino a cantare addirittura in modo pulito (come in “Dissolution Is Imminent”) e quindi credo che da tal punto di vista vengano a galla influenze non esattamente metal. Ma quello che più mi sorprende è che i vocalizzi usati mi trasmettono una follia devastante, anche perché spesso e volentieri essi tirano fuori delle linee vocali isteriche, ipnotiche. Qua mi rivolgo a Lord J. H. Psycho: andando più a fondo, perché preferisci sperimentare così tanto, ed esattamente cosa vuoi trasmettere con tutte le voci che proponi? A tal proposito, quali sono inoltre le tue influenze principali?

Lord J. H. Psycho: Grazie innanzitutto per l’apprezzamento. La tua osservazione sul senso di alienazione ed impatto emotivo che le parti vocali trasmettono è in sè la risposta alla domanda: la voce per me è un altro strumento, e come tale deve essere usata per esprimere al meglio il contenuto dei pezzi. Sulle influenze non strettamente metal possiamo ricollegarci al discorso della molteplicità di influenze che assorbiamo grazie ai nostri gusti musicali poliedrici, anche se all’interno del metal non mancano esempi di vocalist che propongono clean vocals morbide e poco aggressive come quelle che uso io - potrei citare Vincent Cavanagh (Anathema) e Mikael Åkerfeldt (Opeth), fra l’altro due ottimi esempi di vocalist incredibilmente versatili a cui va la mia ammirazione; altri che potrei citare come influenze più o meno dirette da questo punto di vista sono Grutle Kjellson (Enslaved), Garm (Ulver, Arcturus, Borknagar) e Guido Meyer De Voltaire (Bethlehem). Una menzione speciale va a Dead (Mayhem), che con la sua performance su “Live In Leipzig” e “Freezing Moon”/”Carnage” ha suscitato in me un’ammirazione tale da spingermi ad intraprendere in prima persona la strada delle vocals più estreme, questo quando ancora non mi ero mai neppure sognato di avvicinarmi a un microfono.

9) Tocca ora alle tastiere, le quali contribuiscono secondo il mio parere ad aumentare il senso apocalittico di tutto il resto, grazie alla loro freddezza su note, se non sbaglio, spesso più alte di quelle delle chitarre, però lo fanno sempre seguendo ciò che fanno queste ultime, tranne in rari casi, come un pochettino in “Hail Failure – The End of a Sick Era” (o no?). Ed il fatto che non sono sporche come le asce, e quindi più statiche, secondo aumenta le sensazioni a me trasmesse. Siete d’accordo? Perché le avete fatte così semplici, senza creare nuovi motivi? Concordate con me che le tastiere sono un altro elemento moderno dal punto di vista sonoro ed emozionale della vostra musica?

Kosmos Reversum: ripeto, non abbiamo usato tastiere, tutto quello che senti è frutto del lavoro di chitarra soprattutto, e basso. Non sono inoltre d’accordo che gli arrangiamenti seguano la musicalità delle chitarre ritmiche. Sono note abbastanza studiate per amalgamarsi bene con esse, ma con orecchio attento si riescono a carpire tante sfumature e contrasti a livello di guitar work.

Lord J. H. Psycho: Anche in questo caso non seguiamo uno schema rigido, ma ci adattiamo alle esigenze dei pezzi (che è il motivo per cui le tastiere mancano sul nuovo lavoro, a differenza di “Ultimatum”). Per esempio su “Banished to Life” le tastiere si limitano a parti di sottofondo che comunque arricchiscono non poco l’impianto armonico nel suo insieme (da quetso punto di vista la lezione dei primi Emperor e Graveland è stata fondamentale per me), mentre nei suppur brevi interventi su “Finally It’s the End” e “Not of This Breed” vengono introdotti nuovi temi (e quindi nuove stratificazioni melodiche) assenti nelle parti degli altri strumenti.

10) Parliamo adesso del titolo della vostra opera. Perché proprio “Fear Tension Cold” e che significato possiede? Ci sono state altre proposte prima e casomai perché sono state scartate? Il titolo attuale comunque penso che sia molto adatto al suono che proponete, come già fatto osservare poco fa.

Kosmos Reversum. Esatto, il titolo è stato dato da me dopo che avevo quasi ultimato la composizione di tutta l’opera e credevo si adattasse bene a suoni e tematiche, quindi non ho preso in considerazione altre opzioni. Inoltre vorrei che le parole contenute nel titolo si trasformassero nelle sensazioni che l’ascoltatore dovrebbe provare durante ascolto di questo disco.

Lord J. H. Psycho: ...il che ci riporta al discorso tematico già citato riguardo ai singoli pezzi, e la title track in particolare.

11) Che significato ha invece la copertina dell’album e perché avete scelto proprio questa? Cosa stanno a rappresentare quegli uomini-bambini tristi, doloranti, e con la testa completamente sproporzionata rispetto al corpo intero? Per quale motivo lo sfondo è nero? Rappresenta forse l’oscurità che attanaglia di dolore quelle persone (o presunte tali)? Chi l’ha fatta, e ci sono state altre proposte prima dell’attuale e perché non sono state accettate?

Kosmos Reversum: L’artwork è stato realizzato da Nacht, un mio caro amico che cura le nostre copertine sin dall’EP “An Absence of Light” e credo non potesse scegliere immagine migliore. Essa vuole trasmettere la paura che provano tanti “omuncoli” nel vedere arrivare la fine del mondo schifoso da loro creato e l’incognita di poter essere giudicati da qualcuno dopo la morte per questo scempio.

12) Adesso dovrei farvi presente qualche mia critica, e la prima riguarda un poco la produzione, secondo me non molto azzeccata, più che altro perché la drum-machine è stata forse un po’ troppo affossata rispetto agli altri strumenti, ed in caso contrario probabilmente la musica e la sua atmosfera ne avrebbero giovato maggiormente, considerando la freddezza minimalista ed inquietante al limite del parossismo delle percussioni. Come controribattete?

Kosmos Reversum: Non controribatto, ognuno ha i suoi gusti. Io volevo sin dall’inizio creare un muro di suono freddo e inquietante basato sulle chitarre e volevo anche che la batteria fosse messa in secondo piano, o meglio ancora, volevo creare un effetto caotico nell’insieme e non la solita produzione dove tutto sta al posto proprio, secondo canoni prestabiliti non so da chi. Ci sono tre vie per fare le cose: come le fanno tutti, come “dovrebbero” essere fatte e come le faccio io. Ovviamente per me vale sempre l’ultima opzione quando si parla dei Lilyum, perché sono una mia creatura e io ho sempre una visione preventiva del sound che vorrei ottenere a prodotto finito. Calcolando che non ci affidiamo a produttori esterni o studi costosi, posso dire che coi pochi mezzi che ho a disposizione nel mio “studiolo”, riesco a realizzare almeno il 70% di quello che ho in mente.

Lord J. H. Psycho: Sicuramente chi si era abituato ai suoni densi e fluidi di “Ultimatum” resterà un tantino spiazzato dall’assalto caotico e tagliente di “FTC”, ma è proprio questo il punto: valorizzare al massimo la natura dei brani, anche tramite la scelta dei suoni.

13) La seconda riguarda l’intro, in quanto la vedo un po’ inconcludente, con soprattutto la parte conclusiva, dove è presente un assolo secondo me fuori luogo, per niente disperato o a-melodico, e quindi essa non mi sembra completamente coerente con quello che poi si sentirà successivamente. Credo che se continuavate a proporre il potente inizio de “L’Arancia Meccanica” forse veniva meglio, oppure potevate sì mettere quei rumori “risucchianti” con l’aggiunta di un urlo con un bell’eco poco dopo, facendola finire così. Che ne pensate di tali considerazioni?
Kosmos Reversum: a me l’intro piace proprio perché “non dà una idea” e lascia attendere un pochino l’ascoltatore per scaraventarlo poi di colpo nella dimensione Lilyum. L’intento dell’intro era quello di mettere solo un po’ di confusione prima dell’inizio della fine. Da qui anche il titolo “Chaos From Order”.

14) E l’ultima critica è rappresentata dall’outro “Salvation”. Dapprima, quei rumori che si sentono fin da subito mi sembrano come i suoni dell’universo che salutano la venuta di una nuova era, solo che avete messo quei violini che tra l’altro durano pochissimi secondi senza colpirmi completamente, un po’ come nell’intro. Siete d’accordo? Ma cosa rappresenta per voi “Salvation” e perché le avete dato un titolo così….positivo?

Kosmos Reversum: l’outro per me è dannatamente cinica, lascia un grande senso di vuoto e questo mi basta.

Lord J. H. Psycho: Il titolo è volutamente ambiguo e si ricollega al contenuto di “Hail Failure – The End of a Sick Era”. L’assenza di risposte univoche fa parte di questo mini-affresco concettuale.

15) Questa è una domanda un po’ provocatoria (ma mica tanto ormai), però perché utilizzate l’inglese, lingua forse un po’ troppo stra-abusata ed anche innaturale per gruppi non-anglofoni? Che idea avete circa i gruppi black della nostra penisola che usano sempre più frequentemente l’italiano? E’ forse caratteristico del genere cantante nella propria lingua, come gli scandinavi spesso insegnano?
Kosmos Reversum: non ho una particolare idea riguardo le bands, soprattutto black metal che usano l’italiano nella loro musica. E’ una loro scelta, ma pare che usare l’italiano nel black ormai sia più un qualcosa tipo sventolare una bandiera a qualche manifestazione sfigata piuttosto che un reale bisogno dell’artista.

Lord J. H. Psycho: Finora ho scritto qualche testo in italiano negli Orgiastic Pleasures e negli Iprite, ma non (ancora) per i Lilyum o altri gruppi. Sostanzialmente per me è il contenuto dei pezzi ad essere veramente essenziale; tutto ciò che riguarda la forma, fra cui ovviamente anche la scelta della lingua, è dettato di caso in caso da pura e semplice preferenza artistica. In Italia come all’estero ci sono band ottime e scandalose sia fra quelle che scrivono in madrelingua sia fra quelle che prediligono l’inglese, per cui non faccio classificazioni o graduatorie in base alle preferenze linguistiche.

16) Siete soddisfatti del risultato raggiunto o volete cambiare qualcosa? Come stanno andando la critica ed il pubblico?
Kosmos Reversum: Parlando per me sono molto soddisfatto e finora la critica sembra aver capito le nostre intenzioni contenute in “Fear Tension Cold”. No, non cambierei nulla in questo disco, perché come dicevo è venuto come io lo volevo.

Lord J. H. Psycho: Sono sorpreso dai consensi ottenuti finora, e la cosa mi fa ovviamente piacere. E’ un “bonus” di soddisfazione che non fa mai male, per quanto restiamo coi piedi ben piantati a terra; siamo noi stessi i nostri critici più severi e più difficili da soddisfare, e nessun apprezzamento dall’esterno, per quanto incoraggiante, abbasserà i nostri parametri di giudizio.

17) Una domanda forse banale, ma perché “Fear Tension Cold” l’avete stampato in 66 copie?

Kosmos Reversum: sia la nostra label che noi siamo troppo cresciuti e furbi da non auto-illuderci di stampare 2000 copie per accrescere il nostro ego e poi dover portare in cantina scatoloni pieni dei nostri cd invenduti. Probabilmente sono poche, ma noi non cerchiamo molti altri fans oltre un certo numero. Chi vorrà la sua copia si muoverà con la giusta tempestività per non rimanere senza.

Lord J. H. Psycho: Vorremmo comunque sottolineare che nè noi nè tantomeno la Salute Records calchiamo la mano sulla limitazione delle copie come trovata pubblicitaria, come sempre più spesso accade. A questo punto meglio 66 copie che finiscono nelle mani giuste piuttosto che 100 di cui metà finirà nelle mani di sciacalli armati di soldi da buttare che poi le sbatteranno su Ebay a prezzi scandalosi, in attesa che altri babbei altrettanto danarosi ci si buttino sopra per via del presunto status symbol legato alla “limited edition”. Per quel che mi riguarda se in futuro ci saranno abbastanza domande tutto il materiale potrà essere tranquillamente ristampato da chi se ne vorrà occupare con un minimo di professionalità e molta onestà nei confronti del gruppo e del pubblico che le dovesse richiedere.

Kosmos Reversum: in questo senso mi collego a Psycho dicendo che abbiamo ricevuto offerte da parte di qualche label per la ristampa dei nostri ultimi lavori in formato professionale e con una tiratura decisamente più alta.

18) Chi ha scelto il nome del gruppo e quale è il suo significato?

Kosmos Reversum: L’ho scelto io, e deriva dalla parola “lilium”, un fiore. Il significato è molto intimo per me, ma se qualche “truce” pensa che sia una parola dai connotati troppo poco cattivi credo che debba lavorare molto sul proprio intelletto.

19) Chi ha fatto il logo, molto classico, e cosa volete che esso trasmetta?
Kosmos Reversum: il logo l’ho fatto io, con uno di quei font stra-abusati che si trovano in rete, quindi inutile dire stronzate in merito a chissà quale significato arcaico contenuto nel carattere del logo. Mi piaceva e l’ho adottato per il nostro monicker. E’d’impatto e semplice, e quindi basta e avanza.

20) Volete raccontarmi di un vostro concerto-tipo (almeno quando li fate certo)?

Kosmos Reversum: Non sono interessato ai live, almeno per i Lilyum. Ne abbiamo fatto solo uno più di un anno fa e andò benino, ma andò ancora meglio quando decisi di non lavorare più con alcuni di quei componenti e non fare più live! In ogni caso se riuscissimo a trovare dei degni compagni ben disposti verso questo progetto, non è detto che possa riformulare la mia opinione in merito ai live show. Sebbene pondererei sempre dove, come e con chi suonare.

Lord J. H. Psycho: Credo che in ogni caso il nostro concerto-tipo sarebbe incentrato sulla musica, senza troppe trovate sceniche o buffonate varie; con questo non voglio dire che chiunque proponga uno spettacolo visivo durante i live sia per forza un pagliaccio, anzi, semplicemente che un simile approccio mal si adatta alla nostra musica.

21) Non avendo gli altri vostri dischi, che differenze rintracciate tra l’ultimo album e le altre vostre opere? Quanto è cambiato il vostro modo di apportarvi alla musica che fate?
Kosmos Reversum: credo che il marchio di fabbrica sia lo stesso che abbiamo intrapreso a partire da “An Absence of Light”, ma proseguendo ci siamo evoluti e abbiamo trovato una dimensione ben definita. Quindi potrei dirti che il precedente full “Ultimatum” era abbastanza elaborato e a tratti sperimentale, mentre con questo nuovo “Fear Tension Cold” siamo tornati all’immediatezza dei nostri ep precedenti ad “Ultimatum”, ma con una dose di cattiveria e intenti sadici maggiore. Inoltre credo che mai come adesso ci siano, nel nostro sound, molti elementi che rimandano al metal e thrash degli anni Ottanta rivisitati però nel classico stile Lilyum.

Lord J. H. Psycho: In effetti non considero “FTC” un ritorno allo stile pre-“Ultimatum” quanto una prosecuzione del nostro discorso verso territori di nuovo più grezzi dopo la parentesi più sperimentale del precedente album. “The Knife Rises”, ad esempio, era un lavoro molto più freddo e clinico rispetto a “FTC”, decisamente più aggressivo ed emotivamente complesso. Credo che finora con ogni lavoro abbiamo espresso un lato diverso della nostra personalità musicale e non, e che il futuro riserverà ancora molte sorprese.

22) C'è qualche ragione per il quale avete cambiato con gli anni radicalmente il suono e quale ritenete sia la vostra opera che rappresenta completamente il definitivo distacco dalla musica che prima suonavate?


Kosmos Reversum: Dopo “Oigres” ho deciso di proseguire da solo e facendomi carico di tutto il processo compositivo ed esecutivo. Quello che mi è venuto più naturale in questa fase è finito sulla tape “An Absence of Light”, che è andata molto bene (quasi tutte le 666 copie sono andate vendute, e di questo ringrazio la Nuktemeron Production). Di fatto proprio questo EP su tape ha segnato la svolta definitiva nel sound dei Lilyum, che si sono poi maggiormente caratterizzati grazie all’ottimo apporto di Lord J.H.Psycho.

23) on avete mai pensato di far entrare in pianta stabile un’altra persona oltre a voi due, anche perché molti musicisti hanno collaborato con il gruppo, od un esperimento del genere c’è già stato? Da cosa deriva questa voglia di fare tutto dividendo il lavoro fra due menti? Secondo voi un’esperienza musicale è più dura così oppure con un numero maggiore di persone?

Kosmos Reversum: ricollegandomi a quanto dicevo poco fa, ti dico che sono molto contento di non dovere più avere a che fare con troppe mentalità – troppo diverse dalla mia - nei Lilyum. L’esperimento line-up classica è stato tentato in più occasioni ma non ha mai funzionato come avrei voluto e quindi allo stato attuale per me questa formula a due elementi è l’ottimale per i Lilyum.

Lord J. H. Psycho: C’è anche da dire che la realtà dei Lilyum non offre molte attrattive a musicisti desiderosi di farsi conoscere o mettere in mostra le proprie doti – i nostri pezzi non sono particolarmente tecnici, stampiamo i nostri lavori in poche copie destinate esclusivamente ai veri appassionati, non smaniamo di salire sul palco, non ci curiamo di farci conoscere... Tutto questo per noi è naturale ma per molti altri sarebbe una follia, e si verrebbe a creare un groviglio di frustrazioni e malumori dagli effetti facilmente immaginabili sul nostro lavoro.

24) rima di militare nei Lilyum, qualcuno di voi ha suonato in qualche altro (oscuro) gruppo, magari registrando e/o pubblicando qualcosa? E come è andata l’esperienza?

Kosmos Reversum: Ho suonato vari strumenti in vari gruppi e anche facendo generi molto distanti tra loro. Credo che dal ’96 ad ora, sommando tutti i demo, cd, ep ecc… che ho realizzato con varie band, sono arrivato ad un numero di lavori in studio che gira attorno alla dozzina. Allo stato attuale, vuoi per il poco tempo a disposizione, vuoi per mille altri motivi, la mia priorità sono solo i Lilyum, nei quali sto investendo tutte le mie risorse. E con buoni risultati, fortunatamente.

Lord J. H. Psycho: Cronologicamente parlando, i Lilyum sono l’ultima formazione di cui sono entrato a fare parte. L’inizio del mio percorso musicale coincide con la formazione dei Phenris nell’autunno del 2000; quest’anno il gruppo festeggerà quindi i 10 anni di attività, un’occasione per la quale abbiamo diversi progetti in cantiere (primo fra tutti l’imminente pubblicazione del nuovo ep “A Whisper in the Tempest”), per cui tenete gli occhi aperti! Sono inoltre attivo nelle seguenti band: In Corpore Mortis (black metal, attualmente al lavoro su nuove composizioni, nonostante la formazione ancora da ridefinire), Iprite (death/grind; il primo demo è stato registrato l’anno scorso ma non abbiamo ancora avuto modo di pubblicarlo), Orgiastic Pleasures (black/death/war metal; stiamo lavorando al primo full length), Merciless Onslaught (thrash ignorante, come sopra) e Sturmfaust (black metal dalle influenze spazianti fra il religious e l’old school più diretto; salvo contrattempi dovremmo registrare qualcosa in primavera).

25) Da quanto tempo suonate più o meno i vostri rispettivi strumenti e quanto vi esercitate al giorno? Potete dirci la vostra strumentazione?

Kosmos Reversum: Suono vari strumenti ormai, ma ho iniziato da batterista nel ‘94 in una thrash metal band chiamata Insania, con la quale nel ’96 incisi il mio primo demo tape. Attualmente non mi esercito praticamente mai. Le volte in cui prendo in mano gli strumenti sono quasi esclusivamente rivolte alla composizione e/o incisione della mia musica. Posso permettermi questo anche perché non ho situazioni live da affrontare, se no il discorso sarebbe molto diverso.

Lord J. H. Psycho: A parte un’esperienza triennale con la tastiera suonata un dito alla volta alle medie, ho preso lezioni di chitarra classica per qualche anno a partire dal 1999; l’anno successivo, con la fondazione dei Phenris, ho preso in mano il basso per la prima volta. Da allora non ho più smesso, e ho continuato anche a strimpellare le tastiere come potete sentire su “Ultimatum” per quanto riguarda i Lilyum. Non ricordo quando di preciso ho iniziato a torturare le mie corde vocali, ma penso non prima del 2001-2002.
Nemmeno io sono una persona che si esercita con scale e arpeggi 5 ore al giorno, in primis per mancanza di tempo, ma anche perchè non sono fatto così: io suono per esprimere quello che creo, che nella maggior parte dei casi nasce nella mia testa senza che io abbia bisogno di avere uno strumento in mano.

26) Una domanda cojona: quale è stato l’evento più esilarante che avete vissuto come gruppo?

Kosmos Reversum: parlando dei Lilyum, a parte affrontare certi discorsi con vecchi componenti al limite del grottesco, ricordo una volta in cui Lord J.H. Psycho, mentre era seduto per incidere le sue parti di un pezzo di “Ultimatum”, fu colto da un crampo improvviso alla gamba! Così saltò in piedi bestemmiando e urlando come un matto dal dolore, e io che ridevo come un deficiente! E poi lui serio, dopo 10 minuti di agonia e mie risate si risiede e mi dice “scusa potresti smettere di ridere perché per me non è stato piacevole”! E ovviamente io non riuscivo più a smettere di ridere ahahah!

Lord J. H. Psycho: Bisogna riconoscere che anche in questo caso sono stato eclettico: quante persone riescono a farsi venire un crampo alla gamba mentre suonano la chitarra? Forse è proprio vero che suono coi piedi, dopotutto... Credo che stessimo registrando “A Ghost Along My River”, nel caso qualcuno fosse interessato a tutti i dettagli.

27) Cos’è secondo voi il black metal (ovviamente soprattutto a livello filosofico)?

Kosmos Reversum: Il black metal è uno dei tanti tumori generati della società moderna. Credo abbia una sua “filosofia”, se così la possiamo chiamare, ma non vorrei fosse confusa con il satanismo “fai da te” o con l’elitarismo/presunto intellettualismo messo in atto negli ultimi anni da alcuni esponenti anche italiani di cui non voglio fare nomi, per il solo motivo che dovrei dilungarmi troppo.
Il black metal per me è intolleranza e disprezzo del genere umano principalmente, non appesantiamolo da troppi infantilismi o salotti letterari da quattro soldi.

Lord J. H. Psycho: Il Black Metal è reazione a quanto ci circonda e ci disgusta. Molto spesso tale reazione viene confusa con una fuga dalla realtà o con l’adattarsi a una sorta di “codice” prestabilito del genere, che è quanto di più paradossale si possa immaginare visto che parliamo di un genere che ha appunto trovato nella sua diversificazione dal resto del panorama musicale estremo e non la sua raison d’etre, ma finirei con l’andare avanti per ore a disquisire su questioni trite e ritrite per le quali non nutro il minimo interesse.Per me il Black Metal è un genere musicale che apprezzo tantissimo e mi regala emozioni inestimabili come ascoltatore, e mi consente di esprimere buona parte del mio essere e del mio malessere come musicista. Questo è quello che conta.

28) Quali sono state, a vostro avviso, le ragioni (sociali, musicali e filosofiche) che hanno fatto nascere il black, e quale ritenete sia stata la prima vera testimonianza di impronta black metal, anche quando il genere doveva ancora esistere ufficialmente e perché? Forse “Witching Metal” dei Sodom datato 1982?
Kosmos Reversum: Credo appunto che le prime forme di black metal comparvero con band come Sodom, Bathory, Venom, Hellhammer e altri, anche se all’epoca lo si considerava solo dello sporco thrash con tematiche occulte. Anche gente come Sarcofago, Sepultura e Volcano per me hanno contribuito massicciamente allo sviluppo di questo genere. Le ragioni per cui è nato credo siano molto simili a quelle legate alla nascita di generi quali il rock o il metal in senso generale, ovvero di ribellione verso il sistema, voglia di scioccare e di attaccare la finta moralità perbenista. Le tematiche occulte e sataniche furono quindi, a quei tempi, un fattore in più per attaccare in un colpo solo società e Chiesa. Poi con l’avvento dei fatti legati al cosiddetto “Inner Circle” e il delinearsi di uno stile di black metal ben preciso, tutto assunse una dimensione più seria e tragica che marchierà l’Heavy Metal per sempre. Nel bene o nel male, quei tragici fatti contribuirono a rendere popolare un genere che altrimenti sarebbe rimasto sepolto nel più fitto underground. Adesso, a distanza di quasi 20 anni da quegli eventi, questo genere sta pian piano tornando nella sua originaria dimensione, salvo pochi casi che non sono io a giudicare se siano più o meno appartenenti alla vera scena black metal.

Lord J. H. Psycho: Ho già fornito la mia opinione al riguardo nella precedente risposta, e non ho nulla da aggiungere all’ottima analisi storica di Kosmos. Dico solo questo: il Black Metal, come musica (e quindi arte) è qualcosa che va molto oltre la somma dei singoli componenti che lo caratterizzano, un’osservazione che dovebbe essere quasi scontata ma di cui in troppi si dimenticano con i loro futili dibattiti fra revisionismo storico (“I Venom non sono (più) black metal!”) e polemiche fra “tradizionalismo” e “progressismo”, termini che, come abbiamo visto, hanno ben poca ragione di essere applicati a questo genere.

29) Per il vostro parere, quanto è vera la teoria secondo cui il black metal è un genere essenzialmente di estrema destra, anche perché non mi sembra proprio che un gruppo capostipite come i Darkthrone sia mai stato veramente nazista? L’NSBM lo considerate quale una parte del calderone black o qualcosa che non ne ha realmente niente a che fare e magari perché?

Kosmos Reversum: Nella mia visione, politica e musica non formano un buon connubio, ma negare che ci sia una tendenza di destra estrema nel black metal sarebbe falso. Credo che questo genere, per delinearsi ancora di più nelle sue caratteristiche tematiche, avesse bisogno di qualche elemento di contorno alla musica davvero forte, e quindi il passo fu breve nello scegliere simboli e attitudini belliche e ultra-nazionaliste. Il fatto che gente come Darkthrone e Burzum, all’inizio, rilasciassero dichiarazioni filo-naziste e stampassero frasi esplicite inneggianti alla razza ariana nei loro album, credo abbia marchiato a fuoco tutto quello che ne è venuto dopo. Senza dimenticare che spesso l’omicidio di Euronymous fu spesso accompagnato da considerazioni sprezzanti proprio verso l’ideologia “comunista” del capostipite dei Mayhem e dell’Helvete. Molto di ciò ha quindi, in quei primi anni ’90, contribuito a unire black metal ed estrema destra.
Poi nel black metal poco è razionale ed è difficile comprendere come possano magari dei capelloni sporchi, ubriachi, unti e ribelli inneggiare a regimi totalitari che probabilmente sarebbero pericolosi proprio per individui come loro…

Lord J. H. Psycho: Tuttavia non sono d’accordo nell’appiccicare una qualsivoglia etichetta politica ad un genre musicale. Al di là del fatto che non amo la politica in ogni sua forma, resta il fatto che il Black Metal non è nato come propaganda di questo tipo, e il fatto che nel corso della sua evoluzione abbia incamerato influenze di questo tipo non cambia questo presupposto. Dopotutto la politica è un campo ideologico preminentemente umano: perchè dunque una corrente politica dovrebbe venire riconosciuta come un tratto distintivo di un genere essenzialmente misantropico e opposto all’umanità più becera e irreggimentata? Perchè questo tipo di approccio dovrebbe venire accettato mentre altri risvolti ideologici (vedi le recenti polemiche sul Religious, condannato dai più intransigenti come una pericolosa deriva di origine cristiana all’interno del movimento) o anche solo musicali (e qui, fra Symphonic, Electronic, Avantgarde e Post-Black potremmo andare avanti per settimane) hanno sempre incontrato ostilità ben maggiori?Non ho nulla contro i gruppi che esprimono le loro idee politiche tramite la loro musica, in quanto sono liberi come tutti gli altri di parlare di quello che vogliono nei loro pezzi, e non sono pochi i gruppi di questo tipo che apprezzo musicalmente, ma sono assolutamente contrario all’idea di circoscrivere un genere musicale come il Black Metal legandolo ad una QUALSIASI realtà politica.

30) Tra i vari aspetti a mio avviso degni di menzione di tale genere figurano l’uso dei cosiddetti “nomi di battaglia” e del face-painting. Perché sono stati usati per tutto questo tempo dai gruppi black? Forse per esternare una malvagità più o meno seria (visti gli ultimi avvenimenti non credo che si possa rivaleggiare con l’Inner Circle norvegese ma tant’è…)?

Kosmos Reversum: Inizialmente tutto aveva un perché ed era motivato da intenzioni e convinzioni reali, ma allo stato attuale ci vedo più tanto trend dietro tutto ciò, con pochi individui ancora realmente convinti in queste esternazioni.

Lord J. H. Psycho: Per come la vedo io, dipende tutto dalle intenzioni dei singoli individui. Io personalmente uso i miei pseudonimi per sottolineare i lati della mia personalità che esprimo tramite la musica, e nel caso degli In Corpore Mortis usiamo il face painting perchè sentiamo nostri i valori espressi da questa tradizione artistica (che ovviamente vanno molto al di là di queste rappresentazioni teatrali/rituali – è importante quello che vi è dietro). Non sento affatto il bisogno di distaccarmi da tutto questo per paura di essere associato ai troppi ragazzini che lo fanno per pura emulazione e per sentirsi accettati in un presunto circolo, anzi: sono loro che devono cedere il passo a chi vive tutto questo come qualcosa di autentico, non il contrario.

31) Per quanto riguarda il già citato Inner Circle, pensate che esso fosse un vero movimento satanista o forse era “soltanto” un gruppetto di satanisti acidi che usavano come pretesto satana per esprimere le proprie frustrazioni adolescenziali?

Kosmos Reversum: A quanto ho avuto modo di apprendere vivendo il fenomeno sin dall’inizio attraverso riviste, fanzine e altro che leggevo già da quel periodo se non prima, pare che questo famigerato “Inner Circle” sia esistito più nella fantasia di Euronymous e pochi altri più per creare interesse attorno al negozio di dischi Helvete, piuttosto che per concreta consistenza. Insomma, se ben ho capito in quegli anni tutti lo nominavano e tutti ne facevano parte ma poi ultimamente, leggendo varie interviste a molti esponenti di quella scena, sembra che non ci sia mai stato un vero movimento denominato “Inner Circe” o peggio ancora “Black Metal Mafia”. Molti di loro, ovvero membri di Emperor, Burzum, Darkthrone o Immortal hanno pure dichiarato che il satanismo era presente in minima parte, quindi…Gli anni ora sono passati e tanti di quegli allora ragazzini sono cresciuti e hanno scontato le loro pene e per incanto l’Inner Circle pare non sia mai esistito...

32) Cosa ne pensate del fenomeno, seppur molto Underground, dell'unblack metal, ossia del black metal cristiano? Credete che sia un sacrilegio al vero black oppure, fra gli altri, un'evoluzione prevedibile di tale genere?
Lord J. H. Psycho: Non sono molto informato al riguardo, a dire il vero, anche perchè quando mi interesso a qualche gruppo o scena è sempre per la validità artistica della proposta e mai per i drammi e i battibecchi che circondano tali realtà. Mi sembra di aver capito che si tratti di un fenomeno dalla diffusione statisticamente molto scarsa, che viene per lo più ignorato salvo tornare prepotentemente alla ribalta di tanto in tanto suscitando, soprattutto sui forum online, picchi di aggressività verbale e pseudo-ideologica in bilico fra lo spassoso e l’avvilente.Sacrilegio al genere? Impossibile definirlo in modo oggettivo. Tanto per cominciare, dove tracciamo i confini ideologici del genere Black Metal – ovvero, fino a che punto espressione musicale e messaggio idelogico devono compenetrarsi a vicenda perchè il risultato finale possa essere definito, a tutti gli effetti, “Black Metal”? Già qui siamo di fronte al nodo di un dibattito che esiste da quando il genere ha acquisito una sua impronta sonora autonoma, e non accenna a placarsi. E’ chiaro che è impossibile stabilire la posizione relativa di questa particolare deriva quando la questione centrale medesima continua ad essere irrimediabilmente nebulosa. Devo dire che però l’esistenza dell’Unblack Metal mette sul piatto un presupposto interessante: sappiamo come il Black sia nato come genere “reazionario” per definizione, sia nei confronti della scena musicale dell’epoca, sia verso i valori stabiliti dallo status quo sociale. Da questo punto di vista, il proporre un messaggio del tutto antitetico a quello originario utilizzandone però gli stessi mezzi espressivi può essere interpretato come un ulteriore passo avanti di tale natura reazionaria, forse ancora più rilevante perchè intestina al genere medesimo.In ogni caso, come ho detto, non sono particolarmente interessato ad un fenomeno che per quanto riguarda la stabilità del genere mi sembra meno che innocuo – ci sono ben altre correnti attitudinali che trovo molto più offensive e potenzialmente dannose, tipo il proliferare di manie di protagonismo di una superficialità disarmante ed altre oscenità simili; per quel che mi riguarda, tali aberrazioni vanno molto più contro quello che per me rappresenta il Black Metal di quanto gli Antestor potrebbero mai fare in 30 anni di carriera musicale.

Kosmos Reversum: Non ho problemi ad ammettere che qualche band di questa corrente musicalmente è davvero in gamba, a prescindere dal tipo di sound (o di black metal) che propone, e che sia quindi più o meno attinente ai miei gusti. Cito ad esempio Lengsel, Crimson Moonlight e Slechtvalk che hanno fatto bei lavori, soprattutto ultimamente. Per la questione attitudinale non ho una idea né pro né contro, sebbene condivida molti punti espressi nella risposta del mio “collega”. In ogni caso quando la musica è buona non mi faccio problemi di ideologia né politica né religiosa, perché mi sentirei più stupido a cercare di farmi piacere per forza l’ennesima new satanic sensation che magari vale niente rispetto ad ascoltare, perchè no, un disco dei Crimson Moonlight. Tuttavia è un filone che seguo poco e che, se rapportato alla tradizionale scena black, ne esce per molte ragioni sconfitto sia per numero di bands che per la qualità della musica in generale.


33) Per quale motivo ce l’avete così a morte con l’umanità intera? E quindi cosa rappresenta a vostro avviso la misantropia, associandola spesso e volentieri, se non erro, con la pazzia? L’essere misantropi significa per voi forse eliminare le brutture che gli umani hanno reso concrete in tutti questi millenni, o l’odio si concentra soltanto sulla società moderna? E cosa ritenete sia quest’ultima?
Kosmos Reversum: Personalmente non medito troppo su termini come “misantropo” o “pazzia”. Io vedo solo attorno a me un mondo che non mi appartiene, e più vado avanti e più mi accorgo di non avere troppo bisogno di incontrare miei simili o intrattenere troppe amicizie. Semplicemente, tolti sporadici casi, sono più a mio agio da solo che non in mezzo ad altre persone. E ammetto che questa condizione non la imputo solamente ad una mia tendenza a isolarmi, che pure è presente, ma al fatto che negli anni ho capito che di persone interessanti in giro ce ne sono molto poche. Chiaro che la nostra era è destinata a peggiorare, e mi collego all’ultima parte della tua domanda, perché la gente è dominata solo da internet, dai soldi e dalla televisione.

Lord J. H. Psycho: Condivido in pieno quanto espresso da Kosmos; aggiungerei inoltre che “misantropia” è un termine che viene spesso frainteso o comunque interpretato in modo molto superficiale – soprattutto quando viene applicato al Metal l’individuo medio lo associa al noiosissimo stereotipo del ragazzino metallaro musone, asociale e sfigato, dedicato al “fracasso spacciato per musica”, all’alcool e alle sostanze illecite per riempire il vuoto della sua esistenza inutile. Misantropia è un’impostazione intellettuale, rigida nella difesa dei valori in cui si crede quanto malleabile per adattarsi alle molteplici situazioni che ci troviamo ad affrontare nella vita di tutti i giorni (“Of Lead and Mercury”, appunto): è il distacco mentale ed emotivo da tutte le caratteristiche umane (incluse le proprie) che sono fonti di disgusto e disprezzo. Chiaramente la realtà dei fatti è tutt’altro che semplice come questa schematizzazione teorica, e io spesso sono lacerato (direi anche “Obsessed”) dalla mia duplice natura, umana e non, ma qui ci stiamo già spostando verso argomenti troppo personali e complessi da trattare in un’intervista di questo tipo.

34) Qual è il vostro tipo di società umana (o non) che immaginate per un futuro migliore e credete che possa realizzarsi? O pensate che è meglio distruggere tutto per detronizzare del tutto il germe infetto dell’umanità (parole forti eheh!)?

Kosmos Reversum: Mettiamola così: esistono ancora persone che resistono a questa tendenza ridicola odierna, ma sono troppo poche. Credo quindi che solo attraverso una salutare “pulizia generale” si possa ricostruire qualcosa di migliore. L’uomo ha fallito e deve pagare.

Lord J. H. Psycho: E’ un discorso che avevamo già affrontato con “Ultimatum”: siamo bloccati in una fase di stasi (auto)-distruttiva, un punto di non ritorno che non può essere superato senza una qualche crisi risolutiva. Non c’è più spazio nè tempo per compromessi: per uscire da questa fossa che ci siamo scavati occorrerà un cambiamento radicale, sia esso la definitiva distruzione della vita umana o uno stravolgimento del nostro modus vivendi a partire dalle radici.

35) Riguardo al testo di “Hail Failure – The End of a Sick Era”, fate forse un richiamo alla credenza Maya secondo cui la fine del mondo, o la venuta di un’era (spero) migliore a quella attuale avverrà nel 2012? E quindi è per questo che salutate con rispetto il fallimento dell’era che viviamo?

Lord J. H. Psycho: Il pezzo in questione affronta per l’appunto quanto ho esposto nella precedente risposta; i riferimenti a questo ritorno delle paure escatologiche non sono in realtà fondamentali per interepretare il pezzo - in effetti “Dissolution Is Imminent” è la canzone che prende di mira chi si lascia ossessionare da queste teorie senza però curarsi della devastazione già in atto che gli avviene intorno. In effetti forse è proprio questo il senso della nostra esistenza: forse (“it’s our time at long last to be all swept away”) siamo la generazione che deve fare piazza pulita di un’umanità dal declino inarrestabile, che per la vita sulla Terra rappresenta da troppo tempo solo più un peso crescentemente insostenibile, e tutto il caos che ci circonda è qualcosa non da arrestare, ma da portare avanti il più rapidamente possibile, prima che (“not too late for life to prosper here again someday”) ogni forma vivente venga trascinata nel ciclo di distruzione irreversibile, un’eventualità che non abbiamo alcun diritto di causare.

36) Mi interessa adesso molto sapere se siete contrari anche ai vari sistemi religiosi e (seppur già credo di sì) al vaticano? Che idea avete circa Gesù? Era forse un mito, e la sua religione pensate che insegni alla rassegnazione e non alla lotta vera e propria?

Kosmos Reversum: Sostanzialmente la religione non condiziona la mia vita, ma prendo le distanze ovviamente in primis da istituzioni a scopo di lucro come il Vaticano e simili. La mia idea su Gesù è prevalentemente di valore storico, ma io sono scettico di natura e quindi non mi bevo tutto quello che tanti libri vorrebbero farmi credere. Poi ognuno è libero di professare quello che crede ma io vedo molto più minacciosa l’ascesa della religione musulmana allo stato attuale.

Lord J. H. Psycho: Mi reputo agnostico, che non è sinonimo di ateo – credo nella spiritualità come fonte di conoscenza e arricchimento personale, ma allo stesso tempo riconosco che la condizione umana pone limiti estremamente ristretti ad esperienze di questo tipo, ragion per cui non accetto alcun sistema religioso come regola di vita, in quanto credenze nate dall’interpretazione umana del concetto (umano) di “divino”, insomma un insieme di idee confuse, incomplete, fallaci in partenza e, peggio ancora, ripetutamente strumentalizzate nel corso della storia per ragioni materialistiche e opportunistiche che di spirituale hanno meno che niente.Se è vero quello che la storia ci tramanda su Gesù siamo di fronte a una figura degna di rispetto, se non altro come grande leader e oppositore dello status quo. Quello che di Gesù e della sua presunta buona novella ha fatto la chiesa cristiana nel corso dei secoli è un altro discorso che si ricollega a quanto ho esposto in precedenza.

37) Come siete riusciti ad accasarvi presso la Salute Records e come sta andando finora la collaborazione?

Kosmos Reversum: Tutto ok con la Salute Records. E’ una piccola label indipendente animata dalla passione che si cela dietro la figura del proprietario Tony, che è una persona davvero in gamba. Non avendo sogni di gloria per ora va bene così, anche se chiaramente non ci farebbe schifo poter lavorare con delle label che stimiamo.

38) Qualche gruppo della vostra etichetta da consigliare?

Kosmos Reversum: credo gli Ad Noctem Funeriis e i Frozenpath. Non male entrambi.

39) Come vi rapportate con il fenomeno sempre più diffuso del peer 2 peer e quindi con il formato MP3? Esso può essere considerato pericoloso anche per l’Underground e perché?

Lord J. H. Psycho: Per le band che partono da zero e hanno bisogno di proporre il loro materiale ad un pubblico che ignora completamente la loro esistenza, la condivisione di file musicali online è sicuramente uno strumento prezioso. I problemi iniziano quando la fetta più superficiale di tale pubblico (e quindi anche la più consistente, purtroppo) decide di abusare di tale facile reperibilità e si limita a scaricare tutto quello che vuole, senza nemmeno formulare l’ipotesi di acquistare la musica scoperta e apprezzata in questo modo in un qualche formato fisico che, oltre che ad avere un valore qualitativo e collezionistico infinitamente superiore, è l’unico che garantisce un minimo di sostegno economico agli artisti e agli addetti ai lavori (etichette in primis) che in questo campo si giocano tutto. Senza questo sostegno la scena si estinguerà, perchè nella musica tutto ha un costo, e spesso elevato. Da questo punto di vista l’abuso del download selvaggio può in effetti essere paradossalmente nocivo proprio all’underground, dove musicisti e label notoriamente vivono sul filo del rasoio dal punto di vista finanziario, potendo contare sul supporto solo dei più appassionati.

Kosmos Reversum: Dico solo, a parte i soliti triti e ritriti discorsi sui pro e contro del download selvaggio, che tanti individui, soprattutto ragazzini, non capiscono che si può scaricare, ma poi qualcosa si deve comprare. Ma in questa società dove anche solo il termine “rispetto” non è più riconosciuto non c’è da aspettarsi molto. Non si rispettano le persone, figuriamoci gli artisti e la loro creatività…Che schifo. Ogni scusa è buona per giustificare il non cacciare un soldo per un disco o un cd, manco usato.

40) Che ne pensate della vostra scena Metal estrema, ossia quella piemontese( anche dal punto di vista extra-musicale – nel senso dei locali, del pubblico e così via), che mi sembra molto attiva in campo metallico?

Lord J. H. Psycho: Qualità e quantità non sono termini equivalenti, e non tutta l’attività da te menzionata è degna di rispetto, anzi – basti pensare che a Torino di concerti ce ne sono sì molti, ma nella maggior parte dei casi si tratta di serate dedicate a cover band del cazzo che da un po’ di tempo hanno ormai sottratto quasi ogni spazio alla musica originale, soprattutto quella estrema. Questa situazione si è creata sia per via dell’atteggiamento dei locali, per i quali ormai importa solo attirare più gentaglia possibile (e si sa che da questo punto di vista il Metal dal vivo non può competere con le sopraccitate cover band di Vasco o di Ligabue, o i rave techno-chimici, ecc.), sia dal pubblico che spesso preferisce andare a sentire un mediocre surrogato delle proprie band preferite che non esplorare in prima persona cosa offre l’underground.

41) Che ne pensate invece della scena Metal estrema italiana più in generale( idem)?

Lord J. H. Psycho: Abbiamo una serie di situazioni diverse, alcune accostabili a quelle della nostra città, altre decisamente meno arretrate, ma trovo che comunque continui a mancare quello spirito unitario che spesso aiuta la scena ad imporsi sul piano internazionale. Guarda la Finlandia: sono in quattro gatti ma tutti sudano sangue in minimo tre-quattro gruppi a testa, la collaborazione è quasi un modus vivendi, il pubblico locale è costantemente partecipe a queste attività – un simile livello qualitativo sotto ogni punto di vista non può passare inosservato e difatti oggi la scena finlandese è giustamente considerata una delle migliori d’Europa, se non del mondo. Questo è quello che manca davvero all’Italia, perchè di band validissime ne abbiamo davvero a palate.

Kosmos Reversum: ho rispetto per quelle band formate da persone con una mentalità coerente col proprio modo di essere e che non dimenticano da cosa è partito tutto. Le radici del rock e del metal sono la base per comprendere chi si è oggi e perchè, altrimenti si è privi di identità.

42) Ascoltate altri tipi di musica oltre al Metal? Se sì, quale maggiormente preferite? Nuove leve da consigliare? Ritornando al Metal, quali gruppi preferite? C'è qualche sorpresa che volete segnalare, magari con quelle con cui avete diviso il palco?

Lord J. H. Psycho: Mi sono accostato alla musica grazie a Beatles, Queen e Pink Floyd, che rimangono fra i miei artisti preferiti in assoluto. Sono sempre stato un vero onnivoro musicale e per me passare da Grieg ai Cannibal Corpse o dai Coldplay ai Katharsis è la regola, non l’eccezione!

Kosmos Reversum: Quasi come sopra, ma amo molto ancora andare a caccia di cd e vinili metal anni Ottanta, soprattutto in ambito thrash, che è il genere che ho suonato per più anni e dal quale ho iniziato la mia attività come musicista. Ma non mi precludo mai qualsiasi tipo di ascolto. Per dirne una, oltre alla marea di metal che ho apprezzato negli ultimi 15 anni, altri artisti che mi hanno colpito in modo particolare al di fuori da questi territori sono: Stone Temple Pilots, The Distillers/Spinnerette, Nirvana, Total Chaos, Sick Of It All e molti altri.

43) Cosa bolle attualmente in pentola per voi? Altri progetti in cantiere forse?

Lord J. H. Psycho: Nulla di definito, finora, per quanto riguarda i Lilyum; posso dire di avere da parte un paio di pezzi per il futuro forse non troppo lontano... Attualmente mi sto occupando delle fasi finali della pubblicazione del nuovo ep dei Phenris, oltre che a portarmi avanti col lavoro in un paio di altri gruppi.

Kosmos Reversum: Per il momento mi sto godendo un po’ di meritato riposo in quanto per due anni non ci siamo fermati un attimo, sfornando ben due full-length e due ep. Quindi nulla di definitivo per il momento, ma qualche riff comincia a prendere forma, e probabilmente quando avrò voglia e mi sentirò in vena inizierò ad assemblare il tutto. Sono curioso di sentire anche i pezzi di Psycho, che per la prima volta si sta cimentando nella composizione sin dalla fase iniziale, a differenza del passato. Credo che per quanto riguarda il mio materiale, seguirò sempre di più il mio amore per il vero metal che ha segnato gli anni Ottanta, ma da quello che sto carpendo quando imbraccio la chitarra, posso dire che il riffing potrebbe farsi leggermente più contorto e strutturato. Vedremo comunque, è presto per parlare allo stato attuale. Quello che posso dire è che i Lilyum non attueranno mai stravolgimenti di sound, sebbene io e anche Psycho cerchiamo sempre di guardare avanti e mai indietro.

44) State pensando di proporre qualche spettacolo dal vivo?

Lord J. H. Psycho: Al momento l’idea non è fra le nostre priorità. Si vedrà in futuro.

45) Ragazzuoli, l’intervista è finita, e spero vivamente che vi sia piaciuta. Volete mandare un messaggio finale, magari apocalittico, ai disperatissimi ed avidi lettori di “Timpani Allo Spiedo”?

Lord J. H. Psycho: Grazie a te per lo spazio concessoci e a chiunque sia arrivato fino al fondo di questa intervista-fiume per l’attenzione! Qualsiasi cosa vi aspettiate, non aspettatevela da noi...

Kosmos Reversum: Grazie a te per lo spazio concessoci e ai nostri fan, che sono pochi ma onesti e devoti, e la cosa non può che farci piacere. Se volete ordinare i nostri dischi rivolgetevi alla Salute Records contattando il mastermind tramite il seguente indirizzo e-mail:
saluterecords@gmail.com
Visitate anche il nostro myspace se volete a questo indirizzo: www.myspace.com/lilyum
Oppure potete contattarci anche tramite e-mail: lilyumband@yahoo.it

A Buried Existence - "Ferocity" (2008)


Nota dell'ultim'ora:

faccio notare subito una cazzatella che ho scritto. Nella rece ho confuso "Reborn in the Sick" con "Perverted Church". Quando si dice essere intelligenti...

I Land of Hate, vecchi ricordi. Mi custodisco ancora gelosamente come una reliquia il 3° numero in cui loro hanno partecipato a quello che una volta era, usando le parole di Hagalaz dei sardi Streben, una “Underground E-mail ‘Zine”. Ed i Land of Hate, in merito al loro demo “Gener(H)ate”, si beccarono un sonoro e luminoso 76, ossia tra i migliori gruppi di quel numero. Ma, direte voi, che minkia c’entrano loro con gli A Buried Existence? C’entrano, eccome se c’entrano, dato che il cantante Marko è membro di entrambe le formazioni, ed in effetti sentendo “Ferocity” ho riconosciuto da subito i suoi vocalizzi lancinanti, ma quello che più mi sorprende è che anche gli A Buried Existence sono creatori a mio avviso di uno stile abbastanza personale, proprio come i Land of Hate, solo che stavolta una classificazione mi sembra tremendamente deleteria in quanto credo che nessuna sia capace di descrivere sinteticamente la musica del demo che vado adesso a recensire. Ah, e non scordiamoci di un’altra cosa: in questo nuovo gruppo calabrese ci suonano anche membri degli Zora, e ciò è già un tutto dire!
“Ferocity” è nient’altro che la primissima testimonianza (curiosamente pubblicata il 31 Agosto 2008) degli A Buried Existence, quartetto formatosi nello stesso anno del primo pargolo in quel di Catanzaro ed attualmente costituito, oltre al cantante già citato, da Gianluca Molè chitarra, Giuseppe “Tato” Tatangelo (anche negli Zora) ed Alessandro Vinci batteria, ma l’ep ha contato anche la partecipazione del chitarrista Francesco Merante (che suona negli Uranium 235, dove canta – aridanghete! – lo stesso Marko) e Peppe “Populi” Pasquali, batteria elettronica degli Zora (guardacaso…). L’opera si compone di 4 pezzi decisamente digeribili per quanto riguarda il minutaggio, ed infatti ci si aggira fra i circa 2 minuti e 40 di “Reborn in Sick” ai 3 e 40 (scusate la ripetizione) di “Perverted Church”, ed in tutto questo arco di tempo (circa 12 minuti complessivi) si trova una musica per me particolare, la quale non considero come “tecnica death metal/metalcore” come la definisce Metal-Archives, dato che qui ci si ciba, se non sbaglio, di diverse influenze, anche non esattamente facenti parte del calderone metallico estremo. Ci si snoda effettivamente a mio avviso tra richiami del death e del metalcore, ma penso che si raggiungano pure territori mathcore (“Revenge”), punk/hardcore (sempre la canzone appena citata), se non persino con i ritmi trascinanti ed ipnotici del trip-hop (“Perverted Church”) e non solo, ed una cosa che mi interessa molto è che uno stesso determinato pezzo può vivere di vari momenti musicali diversissimi fra loro ma che nonostante tutto mi paiono legare più che bene. Da queste parti si cerca insomma lo sperimentalismo, e fra l’altro per niente fine a sé stesso, dato che sento spesso e volentieri negli A Buried Existence un’atmosfera di natura apocalittica, come se la fine del mondo fosse di là da venire, un po’ come nei Lilyum seppur senza trasmettermi il trionfo delle macchine, e qua mi vengono in mente principalmente proprio i due gruppi-madre appena citati. Molto azzeccata secondo me è la scelta poco comune di concentrarsi maggiormente sui tempi medi, lasciando così da parte la ferocia di cui invece sembrava fare il verso il titolo dell’ep che altresì non avrebbe a mio parere trasmesso quell’aria stanca, quasi svogliata, di un’umanità che si regge solo grazie al denaro ed ad un lavoro “matto e disperatissimo” fatto così, soltanto perché ci si è costretti. Vi ricordo che la canzone più veloce è in pratica “Reborn in Sick”, ma di velocità angoscianti neanche a parlarne. La tecnica presentata mi pare notevole e strutturalmente parlando i vari pezzi sono piuttosto semplici e seguono spesso una sequenza di soluzioni fissa, e ciò avviene soprattutto, nel modo più classico possibile, nei momenti iniziali, offrendo comunque delle variazioni (a dir la verità, poche), che tengono desta l’attenzione dell’ascoltatore, almeno personalmente certo, puntando quindi su una diretta semplicità, un po’ come succede nei Land of Hate, seppur mi sembra che qui si segua uno schema molto vicino a quello strofa-ritornello. Se non erro, vengono proposte fra le 3 (“Reborn in Sick”) alle 5 soluzioni (“Revenge” e “New World Disaster”, e di queste gli A Buried Existence” ne riprendono solitamente 2, con un massimo di 3 per “Reborn in Sick”. Personalmente, una struttura del genere rimanda in mente la prigione dove l’umanità è costretta suo malgrado a vivere per vedersi fare delle determinate cose che non le interessano solo perché un ipocrita e freddo sistema ha scelto così per tutto questo tempo, come un dio scientificamente metodico quanto spesso poco razionale. Insomma, eliminando giuridicamente il termine “suddito” l’hanno sostituito con “cittadino”, che potrebbe essere inteso come prigioniero delle città del mondo cosiddetto “civilizzato”. Ora tocca alla produzione, che a dispetto di “Gener(H)ate” dei Land of Hate, mi sembra piuttosto pulita e moderna, con il basso in buona evidenza ma non troppo, e le chitarre non sotterrate dalla batteria come nel demo sopraccitato. Le frequenze sono state impostate sui toni medi regolarizzando così per bene il suono come faccio di solito io con il mio stereo.
Il demo parte, senza troppi orpelli e nemmeno un’introduzione strumentale, con “Revenge”, che sinceramente non saprei come definire, e che a mio parere spicca rispetto agli altri brani per un riffing molto semplice e granitico, mostrando fra l’altro secondo me influenze punk-hardcore e pure di tipo mathcore. Queste ultime, ben controllate e per niente rumoriste eppur sempre belle pesanti, mi sembrano un po’ isteriche nel loro spaventoso incedere, quasi rappresentando la follia della realtà che viviamo ogni giorno, e che precedono l’ultimo passaggio di chiara derivazione doom, con il batterista piuttosto lento, e delle voci che si sentono in lontananza, come se quel determinato momento simboleggiasse l’abisso che prima intrappola e poi inghiotte lentamente l’umanità, rendendola passiva ed apatica, e non a caso il volume viene abbassato in modo graduale. Il batterista qui propone una via di mezzo tra tempi medi possenti e più lenti, raggiungendo proprio il picco di angoscia doom nel finale, come già osservato. Ed intravvedo nel suo lavoro qualche similitudine con lo stile percussivo di Attila (ancora i Land of Hate? BASTA CHE PALLE!), il quale è basato fondamentalmente quasi ad emulare una macchina, anche se nel caso degli A Buried Existence mi ricorda altresì il carattere abitudinario, il circolo vizioso di cui ogni uomo è praticamente iniziato dalla società, il seguire pedissequamente e passivamente specifici orari, ma il sottoscritto si è reso conto che forse nel nostro batterista vige un po’ più di dinamismo che nel suo collega grazie a delle piccole e talvolta impercettibili variazioni al discorso musicale. Per quanto riguarda la voce, il timbro inconfondibile di Marko distrugge tutto ciò che gli capita a tiro con profondo piacere, annichilendo i timpani dell’ascoltatore con quella che considero una particolare commistione tra grugniti ed urla, materializzando alle volte quest’ultime in maniera maggiormente concreta e gracchiante, quasi black metal. La struttura del brano è fondata comunque, se non sbaglio, sul seguente schema: 1 – 2 (il momento punk-hardcore sopraccitato, e dove fra l’altro il basso s’inventa un semplice intervento indipendente dalle chitarre e per me molto efficace) – 1 – 3 – 1 – 3 – 4 (quello invece di matrice mathcore) – 5, e l’unico appunto che mi viene in mente di fare riguarda il pur suggestivo finale, che penso non sia stato completamente sfruttato a dovere, dato che non sento il giusto colpo di grazia e credo che un bell’assolo minaccioso poteva migliorare un po’ la situazione, e forse si poteva chiudere meglio il brano sì abbassando il volume della musica, ma per poi mettere in solitario quelle voci di cui sopra. Ma tant’è. La prossima canzone è “Reborn in Sick”, la quale parte a manetta come la precedente, senza troppe presentazioni, ma stavolta l’assalto è veloce seppur non troppo, avendo a mio avviso sia il groove che il riffing del thrash metal moderno, e quindi il tutto mi si dimostra terribilmente intensissimo. Dopo aver ripetuto per 4 volte il 1° passaggio si fa vivo il 2°, i tempi non rallentano ed il lavoro sulle chitarre prende ispirazione per la parte finale da quello fatto precedentemente, e per il resto viene usato un tapping (o almeno così a me sembra) a due note malate e schizofreniche e di una velocità pazzesca. Finalmente è in questi momenti che Marko impazza, usando ora toni un pochino più urlati e selvaggi, con linee vocali a mio parere molto violente e lontane dall’ipnosi (se così si può descrivere) di quelle di “Revenge”. Tale manfrina viene ripetuta per una seconda volta, dopodiché viene proposto un tempo medio dai contorni secondo me tremendamente apocalittici, visto e considerato che vengono utilizzati degli effetti simili che personalmente hanno molto ricordato gli Scarve del grandioso “Undercurrent”, un gruppo che spesso e volentieri mi mette una bella inquietudine addosso. Comunque proprio in quest’occasione ecco farsi presente una chitarra solista molto minimalista rispetto a quella ritmica, la quale è sottoposta, dopo 2 battute, ad una modificazione, ossia viene resa più, come dire, dinamica nella sua parte iniziale, insieme alla solista che però risulta sempre concentrata su 2 note benché suonate in maniera un pochino diversa, ed infatti nei primi momenti del riff questo non è continuo come in precedenza. Passata la sbornia ultra-apocalittica, i toni si fanno maggiormente disperati e lamentosi, con le chitarre melodiche ed a mio parere blackeggianti, mentre la batteria esegue rullate a due mani oltre che anche giochi sui tom-tom. Nella stessa occasione, la melodia delle asce viene modificata ma non troppo, e Marko aumenta secondo me la disperazione con dei sussurrii che mi sembrano rappresentare l’umanità strozzata ed in cerca di pietà. Quello che succede subito dopo potrebbe parere come la sua ribellione, dato che tutto il gruppo (tranne la voce) sembrano esplodere, proponendo un riff grezzo e minimale ed un gioco a due mani più continuo e distruttivo di prima. E’ l’ora! Si ritorna al 1° passaggio, dando in pasto un assolo che mi piace molto, sì melodico ma intenso e di notevole gusto. Tale momento viene però inghiottito dalla cinica sequenza della soluzione che ha preceduto tale solismo, un affresco di desolazione dilagante e senza speranza, che comunque viene sottoposto ad un’ultima modificazione, in cui il riffing riprende soltanto la parte finale della schitarrata precedente, per poi bloccare tutto così, in maniera altamente imprevedibile, la seconda battuta spezzata e tra l’altro con degli effetti apocalittici tremendamente suggestivi. Conclusione che a dir la verità non considero molto adatta per il pezzo, e probabilmente se tutte e 4 le battute venivano eseguite completamente il quadro di tormento e disperazione si materializzava in modo più concreto. La seguente “Perverted Church” è per quanto mi riguarda un capolavoro di assurde proporzioni, dato che ha un’atmosfera dai ritmi veramente angoscianti. Tale brano, prima di tutto, è quello più lungo di tutti, oltre che l’unico a raggiungere e pure superare di molto i 3 minuti, ed inoltre è il solo del lotto che si può dire parta con un’introduzione che non viene ripresa integralmente durante il prosieguo del discorso. L’inizio è a mio avviso sostanzialmente doom, dove si esprime una melodia di fondo tormentosa, che dopo 2 battute viene potenziata da un’altra chitarra, ovviamente su note alte. Successivamente, suonato il tutto ancora per altrettante volte, si affaccia la modificazione di quest’ultimo passaggio. Il tempo aumenta un pochino e la batteria rasenta secondo me la natura svogliata e rassegnata del trip-hop, e ciò personalmente aumenta la disperazione del brano, e fra l’altro si fa viva finalmente la voce, che rispetto agli altri episodi è piuttosto lontana e pervasa da un leggero effetto d’eco a mio parere molto evocativo, in quanto tende a contribuire maggiormente nella creazione di un’atmosfera dolorante ed asfittica, ma Marko qui fa forse un lavoro simile a quello fatto in “Revenge”, ossia non selvaggio e dai toni quasi ipnotici, “posati” insomma. Dopo 4 battute, lui si assenta per qualche secondo, il ritmo è in pratica lo stesso di prima però le chitarre suonano un riff d’impronta maledettamente death metal, che dire minaccioso mi sembra alquanto un eufemismo. Tutto poi si ferma, tranne un’ascia solitaria dannata e minimalista, che successivamente ridà subito il posto al passaggio che ha preceduto quello death, per poi riprendere anche quest’ultimo, con l’unica novità che esso nella seconda volta, in luogo delle 2 battute, viene ripetuto per 4, e per me questa è una scelta azzeccatissima, in grado di far preparare l’ascoltatore allo stacco di chitarra, che adesso suona secondo me black e fra l’altro è accompagnato da dei malati effetti apocalittici. Ed ecco affacciarsi un assalto, seppur non propriamente tale, che ha del marziale, data soprattutto la batteria, la quale erutta un uno-due statico ed inquietante dove viene utilizzato pure il ride. Le chitarre continuano la loro marcia black, mentre la voce qua diventa doppia, nel senso che sono stati sovraincisi degli scarnificanti grugniti che riescono secondo me a donare alla canzone un sentore catacombale come se il Male stesse uscendo dalle viscere della Terra, oltre che la classica voce di Marko. Il tormento si fa più acceso e pressante, e quindi si ritorna al tema del brano, con quei due passaggi principali (anche stavolta il momento death è sottoposto a 4 battute), ma il finale è concesso a quello che mi pare un metalcore bello cazzuto, con il batterista intento a distruggere i timpani con un tempo medio su doppia cassa, le chitarre sono invece intrise di deathcore, e la voce, dolorante, è pure qui doppia, dato che ai classici vocalizzi di Marko sono state sovraincise delle urla talvolta gracchianti e tormentate. Ma questo è il momento della ribellione o della fine del mondo, o più “semplicemente” la rappresentazione totale, resa in poco meno di 4 minuti, dell’ammasso delle brutture che la chiesa ha “elargito” verso tutto il globo terrestre? Sta di fatto comunque che la musica finisce di colpo, come una lama sottilissima che ha tagliato in mille pezzi un corpo inerme. I riflettori adesso finiscono su “New World Disaster”, anch’esso ricco di influenze e fantasia allo stato puro, nonostante la sua brevità e la sua struttura non proprio difficile, anzi. In tal caso, gli A Buried Existence riprendono un pochetto la linea dei primi 2 pezzi, dato che l’inizio è affidato subito ad uno dei due temi, il quale è rappresentato da un passaggio molto groovy, con il batterista che dipinge ritmi contagiosi attraverso i tom-tom, e ciò è interessato da 4 battute, e finita questa la soluzione viene un po’ modificata con le chitarre che divengono più sporche, solo che tale variazione al discorso musicale viene ripetuta soltanto per una volta, nonostante a primo acchito può sembrare costituita anch’essa da 4 botte (che minkia di linguaggio che uso comunque! Tutto questo per non ripetere “battute”!) ma ad un attento ascolto si può sentire che l’ultima parte di tale modificazione è quella finale del 2° passaggio. Ora la musica si fa a mio parere come un misto fra il groove del thrash e la cattiveria del death, e ritmicamente parlando il batterista stavolta si “regola”, eseguendo un tempo piuttosto semplice e non molto concentrato sulla cassa. Questa soluzione, se non erro, è l’unica di tutto l’ep che è sottoposta ad un numero di 8 battute, ma vista la sua non-complessità e lunghezza non mi annoia per niente. Successivamente, il brano si ripete così com’è partito, abbandonandosi poi in un death metal a doppia cassa (ma sempre di tempi medi si tratta, e fra l’altro nell’ultima battuta del riff il batterista varia il discorso ritmico con delle rullate molto groovy ed un poco a-lineari) che accompagnerà un assolo per me molto buono, tecnico e con una melodia di fondo. Ed ecco il ritorno dei due temi principali, solo che nei secondi finali dell’ultimo mi par di sentire degli effetti non ben identificati, uno fra i quali sembra al sottoscritto il battito di un orologio che va a velocità elevate che prima o poi esplode (una bomba ad orologeria insomma?). Ma tra poco capiterà l’impossibile: il 4° passaggio (in 2 battute, a meno che io non dica cazzate) con il metal (estremo e non) non penso c’entri qualcosa, e credo che ci si avvicini in territori persino pop, con Marko che usa una voce pulita ultra-melodica e perfettamente intonata. In tale momento ho come la sensazione che il nostro sia fiducioso in un mondo migliore, anche grazie alle chitarre decisamente melodiche, e se ci sento bene loro due non suonano contemporaneamente uno stesso riff arricchendo così a mio avviso il discorso musicale di una pienezza, di una gioia di vivere che in tutto l’ep non riesco a percepire. Ed infatti, poco dopo si fa vivo ciò che considero cupo fatalismo, ossia una soluzione (a 4 battute) di impronta death metal, con il batterista isterico che attenta ai timpani dell’ascoltatore con ritmi non proprio comuni da sentire. Passato qualche tempo, le chitarre si fanno meno continue e pressanti, e forse l’umanità si sta spegnendo, mentre la batteria impazza con un ritmo simile al precedente, variando il proprio dialogo negli ultimissimi secondi attraverso intense rullate, un po’ come fatto in precedenza. Dopo altre 4 battute, il brano finisce improvvisamente, in maniera simile a “Perverted Church”, come se l’umanità tutta fosse stata messa nell’inferno chiudendo per sempre i suoi cancelli rimanendo al buio…così Berluska avrebbe vinto di sicuro!
Un bel viaggio inquietante è “Ferocity”, un ep immerso negli abissi della paura nera che avvolge l’essere umano più sensibile preoccupato per il futuro del mondo intero ormai calpestato dal tossicume di ogni specie. E la cosa curiosa è che qui, sempre secondo il mio punto di vista ovviamente, gli A Buried Existence hanno cercato, mescolando vari tipi di musica, di rappresentare le più diverse emozioni, e che concretamente parlando possono essere associate a differenti personalità, come il depresso e rassegnato, il ribelle, l’ottimista ed ingenuo, il minaccioso (il quale, usando qualcosa di informale, può essere chiamato semplicemente…stronzo), il folle isterico, e così via. E proprio grazie a tali considerazioni, ma anche al fatto che il gruppo riesce così a rendere il discorso musicale sempre imprevedibile ed a mio avviso interessante, scelgo quale principale punto di forza del gruppo in quest’opera la varietà e fantasia , unitamente però ad un lavoro di batteria secondo me originale e veramente poco convenzionale per ciò che spesso essa crea, e fra l’altro mi piace molto il suo suono, molto potente e tonante, quasi a simboleggiare idealmente la caduta fragorosa di pezzi irrecuperabili della nostra cara Terra. Peccato però per la fase conclusiva dei primi due pezzi, ma le prerogative per un capolavoro credo ci siano tantissime, ergo l’aspetterò con ansia.

Voto: 75

Claustrofobia

Tracklist:

1 – Revenge/ 2 – Reborn in Sick/ 3 – Perverted Church/ 4 – New World Disaster

MySpace:

http://www.myspace.com/aburiedexistence