Sunday, April 4, 2010

Intervista ai Ghouls!


1) Prima di cominciare, vorrei farvi i più sentiti complimenti per aver partorito un album veramente devastante, e tra l’altro dopo 15 anni dalla vostra nascita.

(Risponde sempre Massimiliano, tranne dove esplicitamente indicato): Grazie per i complimenti, sono sempre molto apprezzati, anche se ci terrei a sottolineare che l'album è uscito a distanza di 15 anni dalla fondazione della band, per diversi cambi di line-up che si sono verificati nel corso della nostra storia, che ci hanno portato a pause durate diversi anni, e di conseguenza alla ricerca di membri migliori che rispecchiassero le nostre esigenze per i Ghouls.

2) Di cosa parlate esattamente nei testi e chi li scrive? Potete descriverli uno ad uno? Da quali gruppi siete stati influenzati principalmente, anche dal punto di vista strettamente formale? Perché siete così fissati a proporre argomenti sessuali a tal punto da prendere di mira i cosiddetti “snuff movies”? Spero che non siate misogini eheh… Immagino quindi che siate amanti del cinema di questo tipo, e come non ricordare a tal proposito “Cannibal Holocaust”?

I testi sono scritti da me personalmente, ed in questo album hanno tutti tematiche a sfondo erotico, dal momento che la principale sfera d'influenza è quella sessuale, maschile e femminile. Tuttavia, non riscontro della misoginia nei nostri testi, come pure potrebbero lasciare ad intendere titoli come “Menstrual Vaginal Cry”, “To Bitch or not to Bitch” e “Until it Bleeds”. Per quanto riguarda il discorso degli snuff movies, nell'omonima canzone descriviamo un atto sessuale con successivo strangolamento, a favore di un maggiore godimento nell'atto del soffocamento, che porta alle contrazioni vaginali e all'estasi carnale.

3) Come avviene la composizione dei vostri pezzi e quanto è durata la loro stesura? Chi li compone? Quale è stato il pezzo che vi ha dato più, come dire, “rogne”?

Generalmente i riff vengono scritti da Antonio e Stefano, per poi essere arrangiati da tutti e quattro; per quel che riguarda il tempo di stesura, non abbiamo una durata standard: finchè il brano non ci soddisfa pienamente, non lo consideriamo ultimato. Per “Until it Bleeds” la stesura è stata estremamente veloce avendo avuto delle scadenze, ora stiamo lavorando ai nuovi brani con idee in cantiere ed un brano pronto.

4) Dove avete registrato invece i pezzi ed in quanto tempo? Com’è stata l’esperienza in studio?

L'album è stato registrato agli “Outer Sounds Studios” di Giuseppe Orlando, batterista dei Novembre, che in passato ha registrato un promo con i Ghouls ed ha suonato dal vivo con noi più di qualche volta. Lui conosce bene i Ghouls, sapeva quello che volevamo ed è andato tutto come ci aspettavamo, il tutto in dieci giorni.

5) A mio parere, la vostra musica si può definire come un death metal spesso mischiato con il black metal, senza dimenticare talvolta influenze doomegianti, thrasheggianti (anche se ben nascoste) e molto più raramente pure di impronta brutal, di cui però avete forse certo isterismo. Insomma, presentate una varietà e fantasia notevole, però quasi sempre queste vengono offerte in forma melodica, e di vario tipo. L’assalto di solito è orientato entro i tempi veloci, ma i cambi di tempo sono tantissimi ed avvengono addirittura spesso e volentieri durante una stessa soluzione, magari cambiandoli profondamente. Riguardo il profilo strettamente strutturale, siete abbastanza cervellotici ma secondo me senza farlo pesare, dato che soprattutto tirate fuori spesso delle sequenze fisse di soluzioni che si susseguono consequenzialmente, e tra l’altro il primo passaggio di tale soluzione credo che sia solitamente il più importante, anche perché non poche volte quasi in partenza viene modificato apparentemente in maniera impercettibile. Penso che strutturalmente parlando forse siete paragonabili ai Mass Obliteration, anche se questi mi paiono maggiormente complessi. Siete d’accordo con quanto affermo, e mi sono forse dimenticato qualcosa? Come definite il vostro suono? Da chi siete stati influenzati in misura maggiore?

Il nostro stile è puro Death Metal, senza compromessi, anche se a tratti possono essere presenti tracce di influenze di vario genere. Per riprendere un tuo termine, “cervellotico”, sono abbastanza d'accordo con te, perché comunque cerchiamo sempre di proporre della musica che non sia mai banale.

6) Personalmente ho rintracciato come miglior brano del lotto “Chained to My Orgasm”, in quanto è non solo come uno degli episodi più “cattivoni” ed intensi dell’album, ma anche perché possiede degli aspetti strutturali molto imprevedibili, anche dal punto di vista ritmico, che prende soprattutto le prime due soluzioni, a mio avviso molto black. A questo proposito, concordate con tutto ciò, e se no perché? Come è nata tale canzone?

Sono d'accordo per il lato aggressivo del brano; infatti, per quanto riguarda la struttura e lo stile, ricorda un Death Metal un po' più classico, dato che, sinceramente, di Black Metal non mi pare ci sia granché.

7) Per quanto riguarda invece il vostro principale punto di forza, ho apprezzato soprattutto la complessità del vostro suono, che non rende soltanto imprevedibile tutto l’insieme, avendo però il pregio quasi paradossale di non appesantirlo ulteriormente (a tal proposito, mi vengono le melodie, un aspetto strutturale che tende a dare un ordine piuttosto preciso attraverso delle soluzioni principali, e pure grazie ad un discorso ritmico non così difficile da digerire), ma cerca anche di costruire secondo me uno schema delle canzoni a volte originale e geniale. Siete anche qui d’accordo con le mie affermazioni? Se no, quale pensate sia il punto di forza principe della vostra musica e c’è un motivo particolare dietro a tale scelta?

Su questo siamo completamente d'accordo con te, per ciò che riguarda la struttura ed il suono: noi pensiamo infatti che gli arrangiamenti siano la parte fondamentale del brano, così come il suono deve saper ricreare sempre e comunque tutto ciò che suoniamo, senza esagerare con distorsioni varie, cercando una giusta misura tra aggressività e pulizia sonora.

8) Vorrei trattare adesso più approfonditamente la voce, la quale risulta fondata tra grugniti bassi ma non troppo, a mio avviso comunque non proprio incisivi, che qualche volta divengono più violenti al punto da essere delle simil-urla che mi hanno ricordato, in versione meno “ignorante”, Impurath dei Black Witchery. A tal proposito (le seguenti sono domande per Massimiliano), da chi sei stato influenzato, o per quale motivo questi vocalizzi urlati si fanno maggiormente presenti nei momenti musicali di impronta black?

Guarda, per la voce cerco sempre di trovare un giusto equilibrio tra tonalità grevi e suoni che appartengono più allo stile dello screaming, perché comunque ritengo che bisogna saper essere dinamici e non statici anche per la voce, e non solo per il lato musicale. Per quello che dici tu riguardo al Black non trovo che musicalmente ci siano così tanti momenti di quel tipo, mentre lo stile a tratti è sicuramente molto più vicino allo screaming che, come ripeto, è sì presente, ma lo utilizzo esclusivamente per variare il cantato e renderlo non troppo uniforme.

9) Una particolare vostra caratteristica penso sia determinata dagli assoli di chitarra che proponente, sempre molto melodici, dinamici ed anche piuttosto brevi. Io li interpreto un po’ come gli scampoli della coscienza del boia sessuale che si chiede il perché di tutta questa violenza, per poi essere massacrata senza pietà, cosa che a mio avviso si amplifica con i 4 solismi proprio del brano forse più malvagio del lotto, cioè “Chained to My Orgasm”, i quali vengono completamente annullati nella seguente “Tears of Pain”, come se la coscienza fosse stata totalmente ed irrecuperabilmente debellata. Belle queste interpretazioni nevvero? Comunque, c’è una ragione particolare secondo cui diate agli assoli un’importanza non così pesante, nonostante la musica piuttosto tecnica?

Curiosa senz'altro la tua interpretazione! Comunque noi cerchiamo di incastrare e arrangiare gli assoli laddove consideriamo sia importante la loro presenza, vuoi per una base ritmica che risulti più amalgamata con un solo, vuoi per sviluppare un tema già presente per la canzone. Nei brani in cui non ci sono soli, è perché abbiamo ritenuto che determinati riffs fossero completi e perfetti così.

10) Adesso è l’ora della batteria, la quale mi ha praticamente entusiasmato, essendo incline a variazioni frequenti ed improvvise di ritmo, anche durante una stessa soluzione, nonostante il lavoro non mi sembri così complesso come può esserlo benissimo quello di Luca Zamberti dei Mass Obliteration. Mi rivolgo a Claudio: perché hai questo bisogno a dir poco impellente di cambiare continuamente il discorso ritmico, e quali sono i tuoi principali maestri in tal senso?

(Risponde Claudio): Non è un vero e proprio bisogno impellente dettato dal mio modo di suonare, ma più che altro un lavoro dedito e mirato al sostegno delle chitarre e del basso in fase di arrangiamento. Non ho mai considerato la batteria uno strumento a sé stante come sento in molti gruppi, ma piuttosto uno strumento che si deve integrare e rendere le composizioni fluide e dinamiche. Oltremodo non mi piace essere stantio, quindi cerco soluzioni diverse e passaggi non troppo frequenti per rendere i pezzi quanto più variegati, e per dare all'ascoltatore su ogni pezzo qualcosa di non costante. Be' di maestri ce ne sono molti, ma Pete Sandoval, Gene Hoglan, Inferno e Mike Smith penso rendano l'idea!

11) Perché un titolo come “Until It Bleeds” e quale significato esso possiede? Ha per caso qualche legame con la raccolta (altrimenti detta best-of) omonima degli Agathocles datata 1997?
Massimiliano: E' una trovata esclusivamente nostra, e ti dico anche come è nato il titolo: eravamo di fuori la sala prove, ed è uscito fuori perché stavamo parlando della necessità di fare insistentemente, con tenacia, e con chiari riferimenti alla sfera sessuale, appunto 'finché non sanguini'.

12) Stesse domande del punto 11 (ovviamente, a parte l’ultima) riguardo la copertina, anche se mi sembra piuttosto facile notare che il torturato è una donna (o almeno lo era). Chi ha fatto questa copertina più precisamente?

Anche per quanto riguarda il concetto della copertina è opera nostra: volevamo rappresentare qualcosa di infernale e lussurioso, qualcosa che rappresentasse il nostro gruppo e le tematiche trattate nei brani. L'illustrazione è stata invece realizzata dall'artworker Fabio Listrani, di STB.01 (www.myspace.com/stb01 ; oppure http://stb01.deviantart.com/).

13) Questa è una domanda un po’ provocatoria, però perché utilizzate l’inglese, lingua forse un po’ troppo stra-abusata ed anche innaturale per gruppi non-anglofoni? Siete forse contrari alla corrente italiana che usa la propria lingua, in misura maggiore il black metal?
Noi usiamo l'inglese semplicemente perché pensiamo sia più orecchiabile. Non siamo assolutamente contrari a nessun tipo di lingua usata per cantare, ognuno è libero di esprimersi come meglio crede.

14) Sono passati ormai due anni dalla pubblicazione di “Until It Bleeds”, e quindi siete ancora soddisfatti del risultato raggiunto oppure c’è qualcosa che non digerite più dell’album? Come hanno risposto in tutto questo arco di tempo il pubblico e la critica?
Dell'album siamo decisamente soddisfatti, e considerando che l'abbiamo registrato in dieci giorni non fa che rendere il nostro lavoro ancora più apprezzabile. La critica ha risposto piuttosto bene, dal punto di vista dei live e delle recensioni, fino ai commenti ed i messaggi sul MySpace.

15) Perché vi siete scelti il nome Ghouls? Che cosa ha di meglio secondo voi il ghoul (il vampiro arabo) rispetto al classico vampiro che noi occidentali conosciamo? Immagino che lo siete scelto anche per dei significati di impronta sessuale e “misogina”, come il fatto che il ghoul, nel folklore arabo, ami far abortire le donne incinte.

Abbiamo deciso il nome Ghouls, perché comunque rispecchia l'attitudine e il nostro genere, ed è un particolarissimo tipo di demone.

16) Come avviene un vostro concerto-tipo (la domanda si riferisce anche con quale canzone partite e finite, oppure se ci sia la presenza di un qualche effetto scenico, pure primitivo)?

A livello di scalette, solitamente partivamo con “Ghouls” e finivamo con “Endless Pleasure”, anche se ora abbiamo presentiamo delle setlists leggermente differenti, partendo con “Tears of Pain” e terminando con “Ghouls”. Scenicamente non utilizziamo nessun particolare effetto, presentiamo la nostra musica che penso basti e avanzi.

17) Prima di militare nei Ghouls, in quali altre formazioni avete suonato, e con loro si è portata a compimento pure una registrazione oppure addirittura la pubblicazione di un disco? Come andò comunque l’esperienza?

Io ho sempre e solo fatto parte dei Ghouls; Antonio ad esempio ha registrato il primo album dei Novembre, dato che suonava con loro; Claudio ha militato in diverse formazioni, gli Ade, i Lunarsea, gli I Suffer Inc. ed i Windseeker, realizzando con Lunarsea e ISI un full length, e con Ade e Windseeker un demo; Stefano ha suonato e tutt'ora fa parte degli Amok Violent.

18) Non avendo gli altri vostri dischi, quali differenze (che ovviamente possono essere di varia natura) ravvisate fra questi e la vostra ultima opera, ed in che modo siete migliorati? Perché siete virati in un suono che personalmente mi sembra più moderno rispetto alla vostra esperienza che affonda nella metà degli anni ’90?
Rispetto ai nostri passati lavori, be', ci differenziamo per quanto riguarda la maturità degli arrangiamenti, dei suoni, dei riffs, ad esempio “Ghouls” (il nostro primo demo), era molto più vicino al Death Old-School, mentre il “Promo 2003” presenta dei passaggi fin troppo intricati. Come dici tu, ci siamo spostati su dinamiche piuttosto diverse rispetto agli anni '90, perchè comunque interpretiamo il Death Metal in un modo molto più vicino agli anni 2000 che non agli anni '90.

19) Considerando che il gruppo è nato addirittura in piena crisi del death metal, ossia nel 1995, da quanto tempo suonate i vostri rispettivi strumenti, e, data la tecnica, li avete anche veramente studiati? Potete dirci la vostra strumentazione?

Antonio, Claudio e Stefano suonano gli strumenti ormai da moltissimi anni, e hanno anche studiato per dei periodi. Al momento non ti so dire precisamente i modelli, ma so che Antonio usa una 7 corde, Stefano ha un basso a 5, e Claudio un drumkit che usa praticamente in tutti i concerti.

20) C’è una ragione particolare (ideologica, mancanza di fondi, problemi di formazione…) per il quale ci avete messo così tanto tempo per registrare un album, ed inoltre perché dal punto di vista prettamente discografico siete rimasti fermi addirittura dal 2003 al 2008? Forse avete conosciuto uno scioglimento che mi è sfuggito?

L'idea ed il progetto per l'album sono nati alla fine del 2007, una volta raggiunta una line-up stabile e convinta in tutto e per tutto dei propri mezzi. Dal 2003 fino al 2007 abbiamo conosciuto un momento di pausa, in funzione di una ricerca di una formazione decisamente migliore, ma nonostante tutto questo io e Antonio abbiamo continuato a vederci, e preparare materiale nuovo. Nel 2007 sono entrati nella formazione Stefano e Claudio, e abbiamo così posto le basi per la realizzazione del nostro album.

21) Come siete riusciti a mettervi con l’italianissima Despise the Sun Records?

Andrea Cipolla (della Despise the Sun Records) è una nostra vecchia conoscenza, ed all'inizio ci aveva proposto una raccolta dei nostri demo, ma poi la decisione è caduta sull'idea, decisamente più allettante, di proporre qualcosa di nuovo ai nostri fan.

22) Qualche gruppo della vostra etichetta da consigliare (credo che ne sarebbero tanti ma tant’è…)? Che ne pensate della vostra scena Metal estrema, ossia quella romana( anche dal punto di vista extra-musicale – nel senso dei locali, del pubblico e così via), che mi sembra amare tremendamente il death ed il brutal? E di quella più specificatamente nazionale?

Hai detto bene, di gruppi nella scena romana, e non solo, ce ne sono eccome, e anche più specificamente nella Despise the Sun Records, ma per correttezza non vorrei lasciar fuori nomi di gruppi e progetti vari. Anche dal punto di vista dei locali, qualcosa di buono a Roma c'è, ma per la stessa ragione di prima non entro nei dettagli.

23) L’evento più esilarante che avete vissuto come gruppo (domanda vaghissima comunque dato che ne dovrebbero esser stati mille, se non di più…)?

Di eventi veramente divertenti ce ne sono stati tanti, sicuramente il periodo della registrazione e quello del tour ad ottobre con Blood Red Thrnoe, Hate e Dead Infection sono stati quelli migliori da questo punto di vista!

24) Una curiosità cazzona: nella vita di tutti i giorni che lavoro avete?

Io sono macellaio, Antonio è titolare di una serigrafia, Serismart, Stefano studia lingue all'università, e Claudio è traduttore.

25) Un’altra, e qua chiedo a Massimiliano e Stefano: credo che sarà una domanda scontatissima, ma siete legati da qualche parentela, visto il cognome?

Fratellissimi!!

26) Dopo tutti questi anni di militanza, in che modo è cambiata la scena metallica? C’è più rispetto per la musica e l’underground, o tutto si riduce a “scarichiamoci questo e poi bon…”?
Secondo me il fenomeno del Download se dal punto di vista commerciale potrebbe essere dannoso per i gruppi (anche se in definitiva non lo è mai così come si vuol far credere), di sicuro è un grandissimo diffusore di musica; per quanto riguarda il MySpace, credo sia una delle trovate più geniali del web di questi ultimi anni: poter diffondere la propria musica in tutto il mondo gratis, cosa volere di più?

27) A vostro parere, il classico messaggio del death metal tutto sangue e demoni, in che modo deve venire interpretato? Esprime probabilmente insofferenza verso il sistema e distruzione dei tabù, un po’ come successo durante lo sviluppo del fumetto “dark” qui in Italia, o è soltanto cazzeggio fine a sé stesso?
Può essere interpretato sia come divertimento che come fonte di messaggi più seri, ci sono talmente tante tematiche, l'importante è che non si cada mai nel ridicolo e nel banale. Noi di sicuro ci discostiamo nettamente da quest'ultima eventualità.

28) Come vi rapportate con il fenomeno sempre più diffuso del peer 2 peer e quindi con il formato MP3? Esso può essere considerato veramente pericoloso per l’Underground e perché?
Per il lato underground, a parer mio si mantiene tutt'ora un certo rispetto per i gruppi emergenti, e fenomeni come quelli citati sopra sono importantissimi veicoli di sponsorizzazione che possono solo che giovare alla scena metal 'sotterranea'.

29) Per quanto riguarda gli ascolti, sentite soltanto il Metal o siete più aperti, magari non disdegnando qualcosa di sperimentale? Ci sono comunque altri generi musicali che ascoltate con piacere? Da quanto avete iniziato ad ascoltare la nostra amata musica?

Musicalmente siamo piuttosto aperti a varie prospettive di ascolto: io e mio fratello ascoltiamo diversa musica Classica e autori italiani come Battiato e Gazzè, mentre ad esempio Antonio e Claudio ascoltano anche Industrial e Doom. Come vedi, siamo decisamente aperti a più di qualche genere che non sia solo Metal estremo.

30) Cosa bolle attualmente in pentola per voi? State componendo nuovo materiale?

Attualmente contiamo di arrangiare nuovi brani, dato che possediamo diverso materiale. Speriamo di poter dar luce al più presto al successore di “UiB”.

31) Ragazzuoli, l’intervistona è proprio finita, e credo che in questo momento sarete molto felici eheheh! Volete mandare magari un messaggio “sessualoide” ai lettori di “Timpani Allo Spiedo” per salutarli?
Innanzitutto voglio ringraziarti, Flavio, per quest'intervista 'papirica', e agli amici di “Timpani allo Spiedo” e ai nostri fan dico di vivere il più possibile perversamente. A presto!

Friday, April 2, 2010

Carnal Gore - "Promo 2009"

1. INTRODUZIONE.

La Calabria, terra da dove provengono alcuni dei migliori gruppi estremi del sottosuolo estremo italiano, e che nei prossimi giorni inonderà letteralmente le pagine di “Timpani Allo Spiedo” grazie a 3 diverse formazioni, tra cui 2 che hanno già fatto banco in passato per la rivista, sia nella sua preistorica e nostalgica versione e-mail che in quella Internettiana, seppur da qualche settimana abbiate fatto conoscenza degli sperimentalosi A Buried Existence. E stavolta tocca al turno dei Carnal Gore, giovane quartetto di belle speranze nato nel 2005 in quel di Catanzaro, solo che l’unico problema è che personalmente hanno un po’ deluso, e la cosa curiosa è che mi hanno ricordato in un certo senso i torinesi Veil di “Freedomicide”, tanto interessanti per quanto riguarda il suono proposto, quanto a mio parere spesso piuttosto deficitari nell’importantissima fase strutturale. Ma andiamo con ordine.

2. PRESENTAZIONE DEMO.

I Carnal Gore, costituiti attualmente da Rob voce, Steven chitarre, Kirk basso, e Sam batteria, con questo secondo demo dal semplice titolo di “Promo 2009” e che segue il primo pargolo dal nome omonimo, hanno offerto ai posteri 3 pezzi per un totale di quasi 14 minuti complessivi di musica. In tutto questo arco di tempo si trova un suono decisamente vario e fantasioso e tecnicamente piuttosto notevole, e che definirei principalmente death metal di impronta moderna, a cui fanno capolino influenze thrash e black (queste ultime forse in misura maggiore), oltre a presentare probabilmente sotto il profilo vocale delle caratteristiche di stampo più propriamente brutal. Insomma, un “mischione” tremendamente dinamico, e questo senso di dinamicità aumenta notevolmente se si pensa alla struttura che permea i vari brani, che comunque se non erro è spesso classica, seppur non strettamente. Infatti, da tal punto di vista i Carnal Gore mi hanno rimandato, seppur debolmente ma comunque sempre rimanendo nei territori di “Timpani Allo Spiedo”, agli A Buried Existence, ossia viene posta una buona importanza al più tipico schema strofa-ritornello, per poi vomitare di solito una serie di nuove soluzioni, solo con alcune differenze importanti e degne di nota: 1) ogni canzone ha un’introduzione strumentale, contrassegnata però sempre da brevissimi interventi vocali, la quale alle volte sa essere pure tremendamente lunga (quella da un minuto di “Into thr Shrines of Gith” è esemplare a tal proposito), e dominate spesso da una violenza notevole (“Serve or Be Served” e proprio “Into the Shrines of Gith”), in grado di far presagire un po’ quello che succederà successivamente; 2) la struttura strofa-ritornello di cui sopra, a 2 opzioni, viene solitamente interessata (sempre “Into the Shrines of Gith” e “Succubus Dreams”) da variazioni ritmiche (come per il 1° brano citato) oppure effettivamente per quanto concerne il tempo (cosa che accade al 2°); 3) inoltre, nella ripresa di tale schema le battute frequentemente non sono le stesse fatte in precedenza, come le 2 in luogo delle 3 della seconda soluzione di “Succubus Dreams”, e le 2 invece delle 4 del terzo passaggio di “Serve or Be Served”, ed in tal modo il discorso per me diventa piacevolmente imprevedibile. Faccio notare tra l’altro che la strofa si concentra sempre entro tempi medi, benché a mio avviso non esattamente grooveggianti, altresì il ritornello, tranne per l’ultima canzone menzionata, è orientato verso tempi veloci. Una cosa però che mi interessa molto è data dal fatto che, nonostante inizialmente venga rispettato il più comodo e semplice schema, i Carnal Gore, dopo averlo ripetuto, seppur non pedissequamente come osservato poc’anzi, per 2 volte amano crogiolarsi eseguendo un buon numero di nuove soluzioni, così che alla fine soltanto una canzone, cioè “Succubus Dreams”, conosca il ritorno ai 2 temi principali, mentre invece “Serve or Served” lo assapora in parte, nel senso che prima viene riproposta per la terza ed ultima volta la strofa, per poi finire il brano, neanche con il tempo di concludere una propria battuta, con il ritornello. Comunque è meglio trattare l’argomento strutturale più diffusamente fra poco, per ora mi è doveroso aggiungere che curiosamente le soluzioni che vengono riprese durante il prosieguo del discorso aumentano con il passare dei pezzi, passando così dalle 3 di “Serve or Be Served” alle 5 di “Succubus Dreams”.

Per quanto riguarda invece la produzione, non credo proprio che essa piacerà agli amanti delle sonorità antiche, dato che il suono è decisamente pulito, facendomi rimandare alle volte alle produzioni degli Psycroptic. Tale raffinata pulizia del suono fa a mio avviso da contrasto con le frequenze, le quali sono state impostate su degli alti mooolto assordanti se non si regola il volume ad un livello “sopportabile” per i timpani, ma penso comunque che questo tipo di frequenze non vada di pari passo con la musica che i Carnal Gore offrono, essendo essa a mio parere non basata propriamente sull’impatto assassino, come accade altresì spesso ad un gruppo brutal, oppure sulla freddezza apocalittica (da tal punto di vista mi vengono in mente soprattutto i Lilyum, ma già siamo su altre parti soniche). Secondo me è invece piuttosto buono il bilanciamento dei suoni, con il basso in discreta evidenza ma non troppo (non aspettatevelo come in “War Was Won” degli Irreverence insomma), spiegabile specialmente se si pensa alla natura collettiva, non fondata quindi sulle capacità tecniche dei singoli, che permea l’universo sonoro dei Carnal Gore.

3. ANALISI STRUMENTI.

E’ finalmente l’ora dell’analisi della voce. Il lavoro di Robert mi pare veramente classico di molti gruppi moderni operanti specialmente nel settore brutal, dato che il nostro si ciba dell’alternanza tra dei grugniti di marca death, che alle volte esplodono con fare, come dire, quasi “squillante” (soprattutto in “Serve or Be Served”) che mi hanno fatto ricordare in tal senso l’evoluzione del genere di cui sopra, e delle urla gracchianti, le quali secondo me raggiungono il massimo della cattiveria per esempio in certi momenti di “Into the Shrines of Gith”. Oltre a tutto ciò, viene usata, ma solo per pochissimi millisecondi in “Serve or Be Served”, una voce che non saprei come definire, probabilmente come una via di mezzo tra un grugnito e delle tonalità più pulite, seppur sempre di vocalizzi belli aggressivi si tratta. Interessanti pure gli effetti qualche volta innestati sulla voce, come l’effetto d’eco di “Into the Shrines of Gith”, abile a mio avviso a potenziare un grugnito, mentre in alcuni saettanti momenti di “Succubus Dreams” Rob viene accompagnato da un suono che aumenta velocemente d’intensità, come per simboleggiare lo sforzo nel ricordarsi un sogno, effetto “aereo” che c’è, pur meno insistente e senza la voce, anche in “Serve or Be Served”. Nella stessa “Succubus Dreams” le urla di Rob vengono ad un certo punto, come dire, “risucchiate”, come se stessero dicendo addio a questo mondo consapevoli della propria sicura vile morte che verrà. Bisogna segnalare inoltre che in quest’ultima canzone alle volte è presente un simil-coretto brevissimo e fulminante, ma da questo punto di vista non aspettatevi niente che abbia a che fare neanche lontanamente con il caro vecchio thrash metal. Riguardo invece alle linee vocali, queste mi paiono spesso abbastanza buone, benché non proprio fenomenali, prediligendo in particolar modo quelle di “Serve or Be Served”, soprattutto il semplice ritornello, anche se devo dire che quelle inerenti la prima parte della formula strutturale già trattata molte righe fa di “Into the Shrines of Gith”, non mi sono poi così garbate, le quali forse non legano esattamente con la durezza un po’ ipnotica della soluzione musicale tirata fuori.

Discorso chitarre: sotto questo profilo i Carnal Gore dimostrano secondo me una varietà e fantasia tremendamente encomiabili, anche andando al di là dei confini del Metal vero e proprio, considerando soprattutto le punte disperate e quasi rassegnate di “Succubus Dreams”, le quali farebbero sicuramente felici gli amanti delle sonorità degli Isis di “Oceanic” (o giù di lì) o degli ultimissimi sempreverdi Neurosis. Tra l’altro, il nostro Steven sa a mio parere interpretare in maniera personale un genere come il black metal, attraverso in special modo la tecnica del tapping (“Into the Shrines of Gith” e “Succubus Dreams”), di certo una cosa che non si sente molto in circolazione in ambito estremo, ed inoltre gli interventi in black metal, inizianti da “Into the Shrines of Gith” in poi, penso mostrino una grandiosità monumentale, talvolta anche un gusto melodico tempestoso (soprattutto se si usa il tapping, dove mi viene in mente addirittura certa musica classica, ben sapendo che può sembrare una considerazione idiota), seppur non disdegnando della bella sana cattiveria, come si leggerà fra qualche pagina del resto. Terribilmente malvagi sanno essere pure (e lo credo bene!) i riffs death metal (in tal caso, sono esemplificativi soprattutto “Serve or Be Served” e “Succubus Dreams”), mentre in altre occasioni si trasformano persino entro sonorità che descriverei ipnotiche (sempre “Succubus Dreams”, guarda caso) oppure anche in un modo a me terribilmente apocalittico e dal taglio malato, facendomi venire in mente per esempio certe cose fatte dai francesini Scarve (“Serve or Be Served”). Il thrash mi pare un pochino meno frequente rispetto ai suoi “figli” (ossia, il death ed il black), dato che lo riesco a sentire, eruttando fra l’altro una furia incontenibile, in “Into the Shrines of Gith”, ed in qual modo, ma reso praticamente irriconoscibile e mischiato con il death, avverto l’influenza thrasheggiante in “Serve or Be Served”. Ma come non citare inoltre le intense soluzioni granitiche e stoppate della stessa ultima canzone appena citata? Nonostante Steven se la cavi a mio avviso moltissimo tecnicamente parlando, qui e là non c’è nemmeno una mollica di solismo, e da questo punto di vista la scelta non mi sembra sia stata azzeccatissima, ma il perché lo dirò trattando più diffusamente le varie canzoni, eppure il nostro pare apprezzare la sovrapposizione dei riffs (una cosa comunque che non ho mai capito, almeno nel caso di un gruppo che dal vivo suoni con una sola chitarra ma contenti loro…che cazzo di pensieri che mi vengono in mente!). La cosiddetta sovrapposizione di chitarre a dire il vero non è poi così frequente, ma pure qui l’inventiva non credo manchi affatto, e forse il brano esemplificativo a tal proposito sia “Into the Shrines of Gith”, il quale risulta introdotto da una chitarra ritmica epica e doomeggiante, però con interventi anche stoppati, mentre la sua compagna gioca con fare maggiormente virtuoso su note alte. La conclusione è in pratica la modificazione dell’introduzione, facendola orientare su tempi blasteggianti e quindi con la chitarra solista (beh, più o meno) che se non sbaglio ha semplificato il suo lavoro rispetto a quella ritmica, resa ovviamente più continua e veloce. Sovrapposizioni, benché vincolate, ossia le due chitarre suonano se non erro le stesse note solo su tonalità diverse, ci sono anche negli altri due brani, però in misura minore, riempiendo comunque così tutto l’insieme.

Semplice e senza pretese è il lavoro del basso, e con tali termini mi riferisco al fatto che questo strumento esegue il suo compito senza proporre ricami virtuosi (come al contrario mi è capitato di sentire nei Sacradis, nei Ghouls e nei Resumed), e quindi qua si rispettano i suoi più tipici canoni di utilizzo, essendo estremamente vincolato dai riffs di chitarra, anche se in un momento di “Serve or Be Served” il nostro Kirk suona una linea indipendente dall’ascia, seguendo più che altro il ritmo della batteria, seppur il suo stesso riff provenga da un motivo precedente proposto anche dalla chitarra. Mi sembra doveroso segnalare però il fatto che, nonostante la non-estrema vitalità del basso nella musica dei Carnal Gore, a esso stesso è attribuito uno stacco quasi nel finale di “Succubus Dreams”, seppur a mio avviso non di particolare efficacia. Presto anche per questo sarà esplicato il motivo.

Ed ora tocca alla batteria, che personalmente considero quale il miglior punto di forza del gruppo in questo demo, dato che l’assalto di Sam risulta tremendamente fantasioso e certe volte da ritmi che non mi paiono così comuni da sentire (anche se è meglio non allargarsi troppo in queste considerazioni), i quali sono ammantati inoltre da un’imprevedibilità e da delle variazioni repentine e dolorose, che riescono secondo me a dinamicizzare ed a rendere più vivo tutto l’insieme, anche se comunque mi pare piuttosto difficile rivaleggiare con l’inventiva ritmica ed a-lineare di Luca Zamberti dei Mass Obliteration, e con le sempiterne variazioni brusche ed apparentemente fuoriluogo di Claudio Testini dei Ghouls (se non lo avete capito, sto facendo paragoni con formazioni partecipanti a “Timpani Allo Spiedo”). Intanto siamo su una strada che consiglio di seguire. Quindi, tra battuta e battuta, si cerca di variare un determinato ritmo, questo spesso piuttosto lineare e non esattamente difficile da digerire. C’è però un altro fatto importante e che dà una marcia in più a tutta la musica, così da potenziarne ulteriormente l’intensità, seppur purtroppo sia poco usato: lo stacco percussivo, presente unicamente in “Serve or Served”, breve, velocissimo, spontaneo ed abbastanza tecnico, una vera e propria coltellata nei fianchi! Inoltre, penso che se non ci fosse stato un batterista capace di valorizzare per esempio uno stacco di chitarra di “Succubus Dreams” con tanto di tom-tom, oppure il piatto stoppato finale che si fa sentire durante la quinta soluzione di “Serve or Be Served”, abile a mio parere anche a prevedere una piccola pausa spacca-ossa, forse i Carnal Gore non mi facevano un effetto simile, ovviamente con tutto il rispetto che ho verso gli altri membri del gruppo. Ma per chi vuole un massacro ferocissimo si dovrà presto ricredere, dato che da queste parti viene proposto un buon equilibrio tra i tempi veloci e quelli più lenti, e difficilmente vengono sputati incubi doomeggianti, come può invece succedere in un certo senso per i momenti più striscianti e minacciosi della lunga “Succubus Dreams”. Anche ascoltando attentamente il lavoro della batteria, ho notato influenze che, oltre al death metal, annoverano probabilmente il classico stile spezzettato e nervoso del thrash metal (“Into the Shrines of Gith”), pure quando l’impianto del riffing neanche lo sfiora minimamente (“Succubus Dreams”), come pure certe svisate blasteggianti in senso black, con quel modo un po’ statico del ritmo (soprattutto negli ultimi 2 pezzi, guarda caso). Frequenti ma senza esagerare sono i tempi grooveggianti, anche espressi in maniera un po’ contorta e strutturata e con tanto di ride, come anche di tom-tom (sentitevi a questo proposito specialmente “Serve or Be Served”). Inzumma, pure Sam non mi sembra tecnicamente uno sprovveduto, neanche circa l’ottima inventiva che si ritrova.

Peccato comunque che, almeno personalmente certo, sotto il profilo strutturale, come già osservato del resto durante l’introduzione, i Carnal Gore mi sono piaciuti spesso veramente poco, e con tale premessa parto subito a manetta dalla prima canzone.

4. “SERVE OR BE SERVED”.

“Serve or Be Served” incomincia con quella che considero come l’introduzione più violenta partorita dalla formazione calabrese, essendo a mio avviso di matrice death e tra l’altro è pure blasteggiante. Poi si incomincia a dare adito al 2 – 3 (quest’ultimo con la parte finale forse un po’ black) – 2 – 3, che poco successivamente creerà una fitta sequela di ben 4 diverse soluzioni (tra cui la 4 viene modificata dal punto di vista ritmico, mentre la 6 per il differente riffing, in un modo su note alte che definirei apocalittico), le quali vengono introdotte dapprima da uno stacco di chitarra (strumento che i Carnal Gore usano spesso per tali momenti), che apre le danze alla soluzione tremendamente death (ossia, la 4), e di quello di batteria, di cui si è già parlato. Ma a mio parere si può dire che la parte centrale del pezzo cominci dallo stacco collettivo dal riffing “grattugiato” che cede il posto al 5, passaggio decisamente diverso dalle cannonate feroci e senza pietà del precedente. E secondo me il primo campanello d’allarme è rintracciabile nel legame tra il 4 ed il 5, vuoi per la considerazione di cui sopra, vuoi perchè il primo non ha in pratica uno sviluppo vero e proprio come lo possiede il passaggio successivo, vuoi perché, di conseguenza, non mi pare che il momento “incriminato” faccia parte del lento ma rapido (per la concentrazione di varie soluzioni e talora modificazioni) climax, giostrato a mio avviso alla perfezione fino a quando non succede una cosa che definirei anomala: si riprende, com’è per me giusto che sia dopo avere espresso tanta intensità, il 2 sottoforma di stacco di chitarra, solo che questo viene manipolato facendolo così diventare lontano e gradualmente sempre più lento, distruggendo così per quanto mi riguarda tutta la costruzione distruttiva fatta in precedenza, in modo da non valorizzare quella che verrà, date le modificazioni al suono. Va bene essere moderni, ma forse in questo modo è troppo, seppur il gruppo penso che dopo un pochetto si salvi immettendo un effetto (che sarà poi utilizzato in seguito, almeno in “Succubus Dreams”) “aereo” che diventa velocemente più alto ed intenso. Purtroppo però che a mio parere neanche un effetto simile viene sfruttato a dovere, dato che credo potesse essere usato per completare definitivamente il climax, intervallato dallo stacco di chitarra già trattato il quale può rappresentare in certo qual modo la preparazione per l’apice emotivo del brano, ossia un bel assolo devastante. Invece no! Secondo me è stata giustissima la scelta di ritornare nella prima parte dello schema strofa-ritornello ma senza farmi in tale sede presentare quel sussulto emotivo, quell’illuminazione dei sensi, vanificando il tutto con l’entrata perentoria della voce (questa quasi onnipresente come insegnano fra l’altro gli Psycroptic), e poi con una parte finale che non mi ha dato praticamente niente, in quanto viene proposto, dopo il ritorno del 2, un 1 - 3 a mio avviso non molto efficace, dato che si poteva magari dare il botto definitivo con l’1, facendolo possibilmente improntare nell’arco di 4 battute, ad una violenza blasteggiante crescente ogni 2 e concludente con dei piatti terremotanti, finendo in tal modo tutto il discorso in maniera brusca, degno epitaffio anche di fronte ad un assolo mancato. Probabilmente così il brano usciva meglio, invece si è concluso attraverso il 3, senza nemmeno fargli finire una singola battuta, mentre i momenti finali della canzone si sono fatti concentrare su un tempo medio su doppia cassa sì efficace ma, date le considerazioni di cui sopra, forse non seguito da una soluzione simile. Ritornando però al legame almeno apparentemente forzato tra il 4 ed il 5, devo dire che negli ultimi momenti del primo Sam abbassa il tempo, facendolo in pratica diventare medio, però su doppia cassa, quindi penso che si possa un pochino giustificare.

5. “SUCCUBUS DREAMS”.

Discorso decisamente più complesso per “Succubus Dreams”, che altro non è che il pezzo più lungo di tutto il demo, essendo di circa 6 minuti. Inoltre, è anche l’episodio che, oltre a presentare un maggior numero di soluzioni (più o meno 8, ma il record in proporzione al minutaggio appartiene a “Serve Me or Served” che è sì sempre di 8 ma concentrati entro quasi 4 minuti), offre un numero quasi esorbitante di stacchi, più o meno 10, i quali alcuni sanno essere a mio parere letali, ma in modo ahimè negativo. “Succubus Dreams” inizia con un passaggio che propone in pratica 2 battute e mezzo (aspetto strutturale che mi sembra tra l’altro usato non poche volte dai Carnal Gore, di solito con una battuta in più) considerando che si aprono le danze con la parte finale della prima soluzione, la quale, dopo uno stacco di chitarra che la completa, viene modificata in versione che mi pare death melodico, modificazione che a sua volta cede il posto ad un altro stacco d’ascia, per dare finalmente il fiato alla sequenza strofa-ritornello 2 – 3 – 2 – 3. Solo che la canzone tra poco scoprirà, almeno per quanto mi riguarda com’è ovvio, una discontinuità qualitativa e di carica che non credevo arrivasse dopo la 4, soluzione che considero notevolissima, data la sua intensità quasi di matrice punk/hardcore ed alla sua modificazione prettamente ritmica (come questa fondata, ugualmente alla sua fonte originaria, da 4 battute) a volte dai tratti quasi seghettati. Però penso che tale passaggio successivamente non abbia praticamente uno sviluppo, non venga insomma approfondito per bene, facendo così ritornare il discorso al 1 – stacco di chitarra – 2 – 3 di prima, in modo secondo me da perdere in quattro e quattrotto sia l’intensità che forse il filo emotivo, cambiato in maniera probabilmente molto brusca senza tra l’altro un aspetto musicale che fungesse a parer mio da ponte tra le due soluzioni così da valorizzare la successiva, come può esserlo benissimo un bel urlo nel mezzo. Ma vabbè. La sequenza di cui sopra viene ripetuta, come in precedenza, con l’unica differenza che l’1 mod. dopo una battuta viene intervallato da un effetto “aereo” + voce che permette a tale passaggio di ripetersi completamente un’altra volta. Ma l’intensità creata prima viene secondo me veramente distrutta definitivamente anche grazie alla ripetizione un po’ pedissequa dei 3 temi principali. Fortuna però che si fa vivo alla fine uno stacco di chitarra, intensificato ottimamente dai tom-tom della batteria, che comincia a creare finalmente un panorama minaccioso e cattivo in salsa death/doom (beh, più o meno), accompagnato poi da una sua violentissima modificazione, seppur non blasteggiante, ritornando poco dopo al 5 (cioè il momento doomeggiante di cui sopra). Negli ultimi 2 minuti della canzone i Carnal Gore si “adagiano” a mio avviso fin troppo negli stacchi (in tutto ben 4) che penso spezzettino continuamente il brano, allentando sia la tensione che l’attenzione, con particolare riguardo verso l’ultimo, quello del basso, che fa gustare poco dopo un climax che però considero gravemente macchinoso e forzato, in quanto uscito fuori in maniera probabilmente brusca e senza seguire tra l’altro una logica emotiva coerente ed approfondita, dato che qua si vive di momenti troppo diversi fra loro. Infatti, dopo il 5 si riprende, ancora similmente a prima, l’1 mod. (il quale, scordavo, presenta un ritmo che definirei piuttosto speed, ed ovviamente su doppia cassa), che credo dovesse seguire altresì massimo la minaccia death/doom già trattata per poi infilare, dopo tale “riposo pericoloso”, giustamente nel discorso finale la disperata distruzione black, solo che questa penso non sia stata valorizzata a dovere né dallo stacco di basso, non troppo violento secondo me come invece può esserlo uno di batteria, né dalla esplorazione del passaggio a mio parere un po’ troppo breve e sbrigativa, considerando che personalmente non ho assorbito poi così tanto la sua atmosfera malvagia, ma anche disperata, abile così a sintetizzare secondo me ottimamente anche appunto la disperazione, seppur non troppo pesante, dello stesso 1 mod.. Inoltre, pure qui penso che un bell’assolo serviva, così da non allentare la tensione durante la ripresa di quest’ultimo passaggio, utile magari anche ad introdurre la successiva desolazione dommeggiante. Devo far notare però che nella parte finale dell’ultima apparizione della prima soluzione del brano si fa vivo un notevole imprevedibile momento “isisiano” bello disperato, aperto fra l’altro da dei tom-tom devastanti e ben calibrati.

6. IL PEZZO MIGLIORE DEL LOTTO.

Tutte queste critiche mi sono servite in pratica per arrivare a quello che considero il miglior pezzo del demo, ossia “Into the Shrines of Gith”, che tra l’altro è il membro più “modesto” di tutto il lotto, dovendo fare i conti con i suoi circa 3 minuti e mezzo di durata. Se non sbaglio è anche quello che presenta un numero minore di stacchi, dato che se ne trovano soltanto 2, sempre e solo di chitarra, ed ogni volta durante lo stesso schema strofa-ritornello. Ergo, il discorso viene offerto in maniera più fluida e continua del solito. Il brano inizia inoltre in un modo che oserei definire quasi epico, in quanto la musica, in prima battuta, risulta ovattata, e poco dopo si alza bruscamente, come un qualcosa di orgoglioso che non si vuole lasciar soccombere facilmente. Ci sono i tonfi di una chitarra ritmica che mi sembra onorare tutti i sacrifici fatti nel nome dell’Oscura Regina e le note senza sosta di un’ascia solista che pare rendere, in un panorama di disperazione, continua fedeltà a Colei, mentre la batteria non segue un vero e proprio ritmo dato che il suo lavoro si concentra maggiormente sui piatti ed i tom-tom, così da accentuare quello della chitarra ritmica, e per questo credo possa simboleggiare ulteriormente un’epica battagliera che sa di ricordi sanguinolenti ma fedeli. La lunga introduzione rappresenta forse idealmente l’attesa quasi senza speranza per il ritorno dell’Oscura Regina, ma anche talvolta le voci malvagie che popolano l’universo straziato di Gith. E’ un percorso decisamente imprevedibile, in cui la batteria riesce a raggiungere pure tempi paurosi, conditi magari da blast-beats furibondi eppur spezzettati (da notare che nella terza apparizione dell’1 mod. Sam ricalca quanto fatto nella prima occasione del passaggio appena citato, e guarda caso entrambe si presentano attraverso 2 battute) probabilmente in modo da rendere profondamente molto più violenta la 4, la quale è una soluzione che considero dal taglio assurdamente black entro angoscianti blast-beats, che fra l’altro dopo 2 battute essa diviene dal riffing maggiormente dissonante e con nessuna pietà. Poco successivamente, introdotto da uno stacco, il 4 viene modificato, dato che viene letteralmente unito con un assalto frontale di impronta thrash, per niente melodico, un po’ in contrasto alla sua controparte black. Tale passaggio si esprime se non erro tramite 3 battute, per poi chiudersi in una rabbia inarrestabile completamente thrasheggiante (compresa la batteria), ripetendosi addirittura per 8 distruttive volte, e dalla quinta in poi partecipano anche, per dar manforte al tutto, i grugniti di Rob. Avverto adesso un climax profilarsi incessante all’orizzonte, aiutato in particolar modo dalle summenzionate 8 impietose battute, che paiono rappresentare forse l’attacco rabbioso e senza scampo di Gith, con annessa disperata resistenza e morte catartica ed eroica rispettivamente con il ritorno al primo passaggio del brano e successiva modificazione blasteggiante, la quale rende a mio parere maggiormente epico il discorso soprattutto grazie ad una chitarra che con poche riuscite note riesce ad irrobustire il discorso della sua compagna, che modifica il riff originario nella maniera a me cara del death melodico. Comunque, questo passaggio si esprime in pratica attraverso 3 battute e mezzo, allentando bruscamente il tempo con tanto di tonanti piatti finali. Finale brusco e tra l’altro con una nota che mi sa più di apertura che di chiusura, come per simboleggiare idealmente un cuore che si spegne attraverso una morte veloce ma brutale perché diretta verso un oblio spaventoso e senza ritorno. A dire il vero, penso che gli ultimi momenti della canzone potevano essere riforniti meglio, magari con un assolo (aridanghete! Si ritorna sempre qui eh?), così da dare ancora di più un senso epico, in modo da trasmettere maggiormente il terribile destino che tocca al fedele servitore. Almeno, però, rispetto agli altri 2 pezzi, “Into the Shrines of Gith” se la cava secondo me benissimo.

7. CONSIDERAZIONI AGGIUNTIVE SULLA STRUTTURA DELLE CANZONI.

Mi sono reso conto comunque che, con il passare dei pezzi, la loro struttura mi pare in un certo senso molto prevedibile, pur non essendo classica in tutto e per tutto, come in fin dei conti già osservato. Infatti, si può dire che, a grandi linee, i vari brani si articolino in 4 parti: introduzione, sequenza strofa-ritornello talvolta modificata leggermente (i quali si basano di solito rispettivamente su tempi medi ed un po’ più veloci), “cazzeggio” – preparazione per il picco emotivo (e ciò indipendentemente dalla macchinosità o meno espressa – vedasi “Succubus Dreams”), climax (che avviene sempre esattamente nel finale, tranne però per “Serve or Served”). E’ praticamente uno schema che mischia se non sbaglio il vecchio con il nuovo, dato che qui è come se si seguisse il filo di una rabbia dapprima paranoica e quasi insicura, ma che dopo, pian piano, esplode in tutto il suo impeto, libero e senza limiti, e la cosa a me curiosa è che l’apice emotivo è sempre e comunque contrassegnato da una melodia, come a voler dire di essersi finalmente liberati dalla rabbia oppressiva che prima attanagliava così tanto la propria mente. Tale tipo di struttura, appunto per la sua caratteristica di crescita quasi continua, mi rimanda per certi versi a quella dei gruppi cosiddetti di post-metal (mi chiedo però dove sia questo tanto osannato “post”), dai contorni secondo me quasi ritualistici ed ipnotici, quali gli stessi Isis od i più giovani Cult of Luna. Sicuro comunque che tutto ciò sarà argomento di discussione nell’intervista annessa.

8. CONCLUSIONI.

Vabbè, inzumma, siamo alla fine, dopo aver accecato gli occhi chissà a quante persone che hanno osato arrivare coraggiosamente fin qui. Tirando quindi le somme, i Carnal Gore hanno a mio parere delle notevoli potenzialità e talvolta anche una buona personalità (come la struttura dei pezzi ad esempio, che in ambito estremo fa una bella figura), però alle volte si attorcigliano gravemente “grazie” a degli stacchi fin troppo presenti e non sempre efficaci, a dei climax sbocciati splendidamente ma non gestiti parimenti, ad un creare troppo e quindi in maniera confusionaria, spezzettata ed anche sbrigativa. Il che mi fa dire che Steven a mio avviso si deve dare da fare a proporre qualche assolo anche perché la tecnica non gli manca, e magari di utilizzare maggiormente la chitarra solista, visti i validi risultati, e che Sam dev’essere ancora più presente nel discorso, considerando la sua fresca fantasia ed intensità, pure negli stacchi; e come ultimo, attenzione a partorire canzoni lunghe perché, almeno personalmente, non ci siamo ancora, e quindi è meglio fare le cose con gradualità. Adesso il voto che tra poco leggerete forse vi stupirà, ma io di questi ragazzi mi fido, e credo sicuramente che il loro prossimo pargolo sarà decisamente migliore del presente, anche prescindendo dai miei consigli, com’è giusto che sia. AVANTI CARNAL GORE, ALLA RISCOSSA!!!

Voto: 65

Claustrofobia

Tracklist:
1 – Serve or Served/ 2 – Into the Shrines of Gith/ 3 – Succubus Dreams

MySpace:

http://www.myspace.com/carnalgore