Friday, September 4, 2009

Final Thrash - "No Way Out"


FINAL THRASH
“NO WAY OUT”

Questa è la prima volta che mi succede in cui devo recensire addirittura due dischi dello stesso gruppo, e la cosa più interessante è che questi due dischi sono decisamente diversi, pur partendo dalla stessa idea di death/thrash metal, rendendo così più divertente la loro analisi perchè è pur sempre meglio l’evoluzione musicale che la fossilizzazione del proprio suono divenendo così più imprevedibile del solito dato che “le vie del Metal sono infinite”.
Allora, partiamo da “No Way Out”: pubblicato nel 2006 come indipendente, è il secondo album che il gruppo ha nel suo carniere, dopo aver pubblicato 3 anni prima “Time to Die”. Ed è un album che si consuma in un arco di tempo piuttosto breve, considerando che la maggior parte dei pezzi( che in tutto sono 9) durano all’incirca meno di 3 minuti. Ed in questo tempo così ristretto, i cinque comaschi fanno sfoggio di un death/thrash molto groovy, orientato cioè solitamente entro tempi medi decisamente ritmati, che almeno personalmente molte volte mi fanno scapocchiare la testa su e giù, anche se non mancano poche e calibrate accelerazioni, dosate al punto giusto ed al momento giusto, non risultando però mai particolarmente violente, eccetto in rari momenti( quindi per chi è amante della brutalità, cambi pagina) e devo dire che le influenze messe in campo sono, se non molte, abbastanza per dire che almeno un minimo di varietà ce l’hanno. Lo dimostrano le chitarre, tecnicamente molto preparate, che hanno un suono abbastanza profondo, compatto, e che sanno spaziare, per esempio, dalla tipica disperazione di certo death melodico tipicamente svedese( come in “Introspective”), ad impronte sudiste che possono ricordare un pochetto i Pantera( sempre “Introspective”), a bordate di puro, sporco death metal( sentitevi a questo proposito “Full of Hate”) ed oltre a tutti questi riffs hanno la loro parte anche degli stupendi assoli, che comunque sono presenti solo in “Phantom”( dove l’assolo presente è molto atmosferico) ed in “This Little Thing”( dove l’assolo è un vortice nervoso di note suonate all’impazzata, veramente indice di notevole tecnica). La batteria fa il suo onesto lavoro, varia e fantasiosa quanto basta per non stancare l’ascoltatore, capace di un tecnicismo che si sente abbastanza senza essere virtuosa per forza, mai particolarmente violenta, abile a passare, senza sbavature, entro tempi differenti. Ma le influenze forse più importanti si sentono nella voce, che è la parte che più preferisco, grazie alla sua abilità di passare entro diversi registri( ossia una voce aggressiva, molto groovy, classicamente thrash metal; un grugnito abbastanza buono, profondo, massiccio, che sa essere anche abbastanza basso- ma siamo lontani dai cantanti prettamente brutal; ed un urlo gracchiante abbastanza buono, che sa fare bene il suo mestiere. Devo dire inoltre che quest’alternanza tra grugniti ed urla mi ricorda molto il brutal modernista) ma anche entro diverse tonalità, identificandosi così con i riffs, come se fossero una cosa sola, e grazie anche alle metriche, sempre diverse l’una dall’altra, che risentono particolarmente di nette influenze thrash che donano al tutto ulteriore groovy e quindi tutti questi aspetti fanno della voce il principale punto di forza del gruppo, senz’appello e senza dubbi. Per quanto riguarda il basso, un basso profondo, il lavoro esprime indubbiamente notevole tecnica e notevole preparazione.
Ma passiamo adesso a quello che, secondo me, è il manifesto del gruppo, il picco assoluto del disco: esso è costituito dall’ultima canzone, “This Little Thing” che è forse il pezzo più violento del disco grazie a riffs veramente selvaggi, una canzone che supera il massimo quando compare un assolo devastante, suonato alla velocità della luce, mortalmente preciso, che ogni volta che lo sento mi sembra che mi porti in tutta un’altra dimensione conferendo all’atmosfera tutto un aspetto diverso dal resto della musica, che mi ricorda molto il viaggio ai limiti dell’umano( con un significato che comunque devo ancora comprendere) presente in “2001 Odissea nello Spazio”, e questo mi fa pensare che per quella famosa scena la colonna sonora potrebbe essere rappresentata proprio da “This Little Thing” per quanto crei nella mia mente un’atmosfera tutta particolare. Ed infatti non a caso, al momento dell’assolo il ritmo aumenta, anche se non in blast-beats. Insomma, un pezzo che, a mio avviso, bisognerebbe prendere in seria considerazione da molti di voi che leggete questo giornale.
Comunque sia, questo disco non è esente da difetti che si riflettono particolarmente nella prima parte del disco perché questa mi sembra più prevedibile( la struttura è spesso veramente quella classica.) e meno varia e fantasiosa rispetto alla seconda parte che si mantiene interessante dall’inizio alla fine, anche con particolari colpi di scena veramente da tener conto. Poi, secondo me, c’è un piccolo difetto di incompletezza che colpisce la seconda traccia( “Voices” che, a mio avviso, finisce troppo frettolosamente, dandomi la sensazione che il finale sia stato buttato lì tanto per mancanza di idee, tanto per mettere la parola “fine” al pezzo) e la sesta traccia( “Introspective” che finisce con un riff mai fatto prima che non mi sembra che sia stato esplorato così a fondo come se fosse stato importante variare per forza il pezzo con un’altra battuta che, secondo me, è inutile, controproducente). E quindi, in ultima istanza, pezzi come “Voices”, “Puppets of Death” e “Introspective” non mi sembra che lascino il segno come giustamente dovrebbero.
Facendo un riassunto del disco, ci troviamo sicuramente davanti ad una prova buona, che presenta idee interessanti, una notevole tecnica, ma che sinceramente non mi ha entusiasmato così tanto grazie a dei difetti non di poco conto, difetti che si possono decisamente superare con qualche sforzo in più data la tecnica e la preparazione che i cinque si ritrovano, e quindi spero che il loro terzo album sia decisamente molto più interessante e degno di nota.

VOTO: 68

Claustrofobia

NOTA: per dovere di cronaca, devo segnalare che in “Stars’ Revelations” c’è un plagio praticamente perfetto a “Raining Blood” ma come avete visto, questo aspetto non l’ho messo nei difetti perché esso, in fin dei conti, lega benissimo con il resto del discorso musicale del pezzo.

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